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DUMFRIES, FLORENZI, THEO...

Inter e Milan, terzini decisivi

Inter e Milan, terzini decisivi - immagine 1

Chapeau per Andreazzoli, iella per il Napoli...

Redazione DDD

analisi Facebook di Roberto Beccantini -

La scorsa stagione, al giro di boa, la situazione era: Milan 43, Inter 41, Juventus 39, Roma 37, Atalanta 36, Lazio e Napoli 34. Oggi è: Inter 46, Milan 42; Napoli 39; Atalanta 38; Juventus 34; Roma e Fiorentina 32, Lazio 31. Non è stato facile, per i campioni, domare il Toro. Un bel Toro. Ha perso per aver cercato di vincere: in contropiede. Settimo successo di fila, Inzaghi, miglior attacco e seconda difesa: numeri, non parole. Per Dumfries, terzo gol. Quando Hakimi scelse Parigi, parlammo di grave perdita. Il ruolo di terzino destro è in continua evoluzione. Nel Novecento era Burgnich, era Anquilletti: uomo su uomo. Con Gentile metà stopper metà crossatore. Il fluidificante era a sinistra: Facchetti, Cabrini, Maldini. I terzini moderni tendono spesso al centro, penso a Cançelo nel City di Guardiola; nella Juventus di Allegri, Cuadrado funge da regista occulto, addirittura. Per tacere dei «quinti» (?) dell’Atalanta, Hateboer e Gosens. Soprattutto il secondo, 11 reti nell’ultimo campionato.

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Gagliarda, la reazione del Milan. Per un’ora, fino alla traversa di Bajrami, Empoli spumeggiante e degno del pari. Poi, a proposito di terzini, punizione di Florenzi e bisturi di Theo. Un 4-2 orientato dalla doppietta di Kessie, trequartista d’emergenza. Preziose le bombole di Saelemaekers, cruciali gli errori di Vicario e le qualità del Diavolo. Andreazzoli ha scelto il gioco come bussola. Chapeau.

E il Napoli? Veniva dal successo di San Siro. Le assenze, certo. E un po’ di iella. Ma l’avversario non era il Real di Di Stefano. Terza sconfitta consecutiva al Maradona. E con lo Spezia, dopo Gattuso (1-2) ecco Spalletti (0-1). Ha risolto un’autorete di Juan Jesus. E’ mancata la fantasia di Zielinski, zoppo. Ha regalato un tempo, il Napoli. E poi tanta foga. Il catenaccio di Thiago Motta mi ha ricordato una frase di Picasso: «A dodici anni dipingevo come Raffaello, però ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino».

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