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L'Editoriale

Juve, con Spalletti come con Tudor. Toro, che peccato!

Vincenzo Bellino
Vincenzo Bellino Redattore 
Una parata decisiva a testa di Di Gregorio e Paleari su Adams e McKennie e poco altro: il Derby della Mole lo vince la noia
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Nuovo allenatore, stessa musica. Le prime tre gare di Luciano Spalletti alla guida della Juve confermano che la Signora non è ancora guarita dalla pareggite (7 segni X su 15 partite stagionali) e che alla squadra bianconera manca qualità e fantasia: gli elementi necessari per bucare il muro granata, che nel derby della Mole si difende con ordine e tenta di sorprendere in contropiede.

Ci va vicino, se non fosse per una prodigiosa parata di Di Gregorio su Adams. Paleari, invece, salva sempre nella ripresa su McKennie. Ne vien fuori una stracittadina scialba, con poche emozioni che termina a reti inviolate. A trionfare è la noia, dei tifosi presenti allo Stadium e di quelli seduti sul divano di casa.

Juve, era Tudor il principale responsabile?

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Un primo tempo discreto e una ripresa altalenante. Il risultato? Una prestazione insufficiente, che potremmo definire mediocre, soprattutto considerando che al momento nessuna squadra riesce a staccarsi nelle zone alte della classifica, e la Juventus non ne approfitta, rischiando di perdere ulteriore terreno rispetto al gruppo di testa. Di conseguenza, fatica a rientrare in un’ipotetica lotta per lo scudetto.

Cosa manca a questa squadra? Le stesse cose che mancavano con Tudor: qualità. In partite chiuse come il derby, spesso una giocata del simbolo può risolvere qualsiasi problema. Manca anche programmazione a livello societario e dirigenziale, e di conseguenza le scelte tecniche risultano insoddisfacenti.

Il mercato, del resto, non si adattava alle richieste di Tudor, figuriamoci a quelle di Spalletti, che a gennaio dovrà probabilmente puntellare la rosa. Una rosa in cui le seconde linee faticano a emergere: David dimostra di non meritare la titolarità a vantaggio di Vlahovic, mentre Openda viaggia sulla stessa lunghezza d’onda del canadese. Il serbo, invece, anche nei momenti meno brillanti, può inventare una giocata o piazzare una zampata: per questo motivo lui e Yildiz dovrebbero restare più a lungo possibile.

In particolare, se Zhegrova mette cross di qualità in area, c’è bisogno di giocatori capaci di finalizzare, altrimenti la difesa avversaria avrà sempre vita facile.

Quanto alle sostituzioni, dietro di esse deve esserci un ragionamento tattico, non possono essere decisioni dettate dalla disperazione, nella speranza che possa accadere qualcosa di fortunato.

Non sarà semplice, ma Spalletti ne avrà di lavoro da svolgere per riportare la squadra ai livelli auspicati.

Baroni, questo Toro ti somiglia

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Il Torino sta vivendo un momento di svolta. Dopo un avvio di stagione complicato, Marco Baroni sta finalmente plasmando la squadra a sua immagine: più organizzata, coraggiosa e riconoscibile sul campo. Il pareggio nel derby con la Juve dimostra che il gruppo ha trovato continuità, centrando il sesto risultato utile consecutivo.

Nel primo tempo la squadra ha mostrato ancora qualche esitazione (ed è qui che deve lavorare se vuole fare un salto di qualità rispetto alle stagioni precedenti), ma nella ripresa ha preso in mano il gioco, creando occasioni e imponendo ritmo. È un Toro che ora gioca con convinzione, senza limitarsi a difendersi.

La differenza si vede: transizioni più rapide, difesa più solida, coraggio negli uno contro uno. Baroni sta imprimendo la sua filosofia, trasformando una squadra in difficoltà in un gruppo capace di dettare legge, anche contro avversari più quotati.

Il messaggio è chiaro: il Torino non vuole più accontentarsi, ma costruire un’identità e lottare ogni partita. Il percorso è ancora lungo, ma i segnali sono incoraggianti: questa squadra sta finalmente prendendo forma.