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Le tante cose non dette sui conti del Milan: bilancio già ricapitalizzato, no monitoraggio Uefa

MILAN, ITALY - MAY 19:  A general view of the Casa Milan during the inauguration of AC Milan's new purpose-built headquarters, Casa Milan. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

La proprietà continua a incrementare la base patrimoniale del Milan

Redazione DDD

Quando si dibatte in merito ad un argomento complesso ed articolato come il bilancio di un club calcistico, un’analisi oggettiva non può prescindere da un esame dettagliato delle di tutte le voci che lo compongono e dal contesto in cui viene alla luce. Il raffronto va fatto inevitabilmente col vecchio bilancio (situazione pregressa) e le prospettive future vanno valutate in base alle conoscenze note. Da una serie interminabile di ore, è partita la corsa all’articolo o al titolo pesante sul Milan, “colpevole” di aver chiuso il bilancio a meno 146 milioni di euro, cifra record per quel che concerne i passivi di bilancio nella sua storia sportiva. L’informazione commette un errore di concetto molto grave, in quanto non si pone la domanda chiave: l’azionista Elliott conosceva questi numeri fin da principio? Certamente sì, anche perché qui non stiamo parlando di un semplice proprietario del club, bensì di un hedge fund che gestisce soldi privati di soggetti che cercano di ottenere rendimenti particolarmente alti su investimenti di capitale.

Nessuna beneficienza pertanto, nemmeno di un singolo euro: presumibile pensare semmai che, fin da subito (ossia da quando il fondo di Paul Singer decise di prestare i soldi a Mister Li nell’aprile del 2017), l’hedge fund americano avesse fiutato l’affare e, con esso, stabilito una linea finanziaria già ab origine. Tutto molto lineare: prendere un club storico del calcio europeo per poco più di 300 milioni di euro, investire in un primo periodo sulle ricapitalizzazioni (presumibilmente nel primo triennio) e sull’incremento della base patrimoniale del club (ossia costruire lo stadio di proprietà), per poi, in un arco temporale medio, cederlo in caso di offerta irrinunciabile, oppure quotarlo in Borsa. Dai primi di luglio del 2018, ossia da quando il fondo Elliott ha escusso il pegno per violazione di uno dei covenant da parte di Mister Li (mancata ricapitalizzazione), la strada prima tracciata e poi seguita dal fondo della famiglia Singer è stata sempre e soltanto questa.

Dalle analisi parziali che si sono succedute in queste ore, questo aspetto è totalmente assente. Giornali e televisioni insomma, danno quasi per scontato che il passivo di bilancio 2018-19 sia stato una sorpresa per il fondo Elliott e traccia, quasi alla carlona, una serie di soluzioni immediate per provare a riportare i conti entro determinati confini. Ci sono invece alcune osservazioni che sarebbe opportuno porre in essere perché di natura fattuale e dai corollari logico-deduttivi quasi tautologici; osservazioni assolutamente doverose nell’ottica di un diritto all’informazione pieno ed esaustivo da parte di ogni appassionato di calcio. In primis, il bilancio che chiude al 30 giugno 2019 è il primo vero bilancio di gestione Elliott, dato che l’ultimo bilancio chiusosi al 30 giugno 2018 era il risultato della gestione di Marco Fassone per conto dell’uomo d’affari cinese Yonghong Li.

Inoltre, va evidenziato come il peggioramento dei conti rispetto al precedente bilancio cinese sia di soli 20 milioni di euro. Cifra certamente non bassa, ma nemmeno da considerare gravosa soprattutto se, come è stato fatto filtrare dal club, “si è deciso di dare corso ad una serie di investimenti strutturali e si è voluto pulire il bilancio appesantendo questo al fine di assicurarsi un futuro più roseo”. Appare quindi abbastanza scontato il fatto che questo bilancio sia stato considerato dall’azionista del Milan come una sorta di “scaricatore”, in quanto non rientrerà nel monitoraggio dei conti dell’Uefa ai fini del FPF. Tanto per fare un mero esempio a titolo esaustivo, pur non avendo i dati ufficiali di ogni singola voce, è abbastanza facile supporre come la svalutazione nascente dalla rescissione contrattuale di Ivan Strinic sia stata inserita strategicamente su questo bilancio.

Nessuno poi ha sottolineato che, qualora il Milan arrivi a definire un SA con i vertici di Nyon nella primavera del 2020, potrebbe sfruttare il precedente del PSG nel 2014 che ottenne un monitoraggio dei conti con partenza dal bilancio successivo. La ragione è di mero diritto: l’UEFA e il club possono concordare un piano di monitoraggio in cui va sotto osservazione il primo bilancio su cui il club può incidere significativamente con azioni specifiche, non su un bilancio che sta per chiudersi a stretto giro di posta (in teoria se raggiungi un accordo a maggio, su un bilancio che chiude al 30 giugno, non hai grandi margini d’azione). Nel caso del Milan pertanto, anche il prossimo bilancio (che chiude al 30 giugno 2020) potrebbe non far parte del monitoraggio UEFA. Su tale aspetto però si possono usare soltanto verbi al condizionale, seppure le ragioni squisitamente di diritto e soprattutto l’esistenza del precedente del PSG, giocano a favore del club di via Aldo Rossi.

C’è poi un ulteriore aspetto non sufficientemente sottolineato: il fondo Elliott ha ricapitalizzato il Milan che, ad oggi, non solo non ha debiti con le banche (unico club in Italia), ma ha anche un patrimonio netto positivo per oltre 80 milioni di euro. Per usare una metafora di carattere familiare pertanto, la famiglia Milan ha ancora un problema di gestione ordinaria, ma ha alle spalle un capofamiglia munifico e patrimonialmente solido che vuole garantire una logica diminuzione dei costi, un innalzamento delle risorse ed una coeva miglior allocazione delle stesse. Andando poi all’esame delle voci specifiche di bilancio, non può non evidenziarsi come la voce dei costi che maggiormente incide sullo squilibrio di gestione del Milan è rappresentata dal costo del personale tesserato.

Anche qui, nessuna voce dal coro si è alzata per sottolineare come già nell’ultima sessione di mercato, il Milan abbia seguito la strada di un corposo abbassamento del monte-ingaggi che, nel prossimo bilancio, dovrebbe avere costi inferiori per circa 25 milioni di euro, visto che la società ha puntato su giocatori giovani dal basso costo degli emolumenti. Appare indubbio che siano necessari tempo e sacrifici per arrivare all’autofinanziamento del club, ma guardare esclusivamente l’aspetto dei 20 milioni di passivo in più, è il modo migliore per non analizzare la situazione in un’ottica di ampio respiro e lancia un grido allarmistico ingiustificato per un club detenuto da un fondo con 34 miliardi di euro di patrimonio.

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