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Lui, Tarcisio: la Roccia di Italiagermaniaquattroatre

Lui, Tarcisio: la Roccia di Italiagermaniaquattroatre

Una memoria da non disperdere mai

Redazione DDD

analisi Facebook di Roberto Beccantini -

Già il nome: Tarcisio. E poi Burgnich. Pane fatto in casa, non brioches da asporto. E’ stato uno dei simboli del calcio italiano, del calcio all’italiana, di quel Novecento che ogni tanto evochiamo per sentirci meno soli: noi ragazzi del secolo scorso.

Aveva 82 anni. Combi, Rosetta, Caligaris; Negri, Furlanis, Pavinato; Sarti, Burgnich, Facchetti. Non erano formazioni, erano strofe, quasi preghiere. Tarcisio era di Ruda, il Friuli più schietto, per tutti la «Roccia». Fu Armando Picchi a chiamarlo così dopo che, nel corso di Inter-Spal, un’aletta veloce come Novelli gli era rimbalzato addosso, investito da un camion: «Ti capisco, sei andato a sbattere contro una roccia» (dall’archivio di Gianni Mura, a proposito di grandi). Udinese, un po’ di Juventus, Palermo, tanta Inter, la grande Inter del mago Helenio, tutta coppe, slogan e caffè; e Napoli, nella proto-zona di Luis Vinicio, da simil-libero. Da allenatore non fu altrettanto fortunato, ma a Bologna lanciò un «certo» Roberto Mancini, di anni (allora) 17.

Tarcisio. Segnava poco, parlava ancora meno. Europeo nel ‘68 e messicano nel ‘70, con tanto di gol ai tedeschi nella celeberrima madre di tutte le madri, Italiagermaniaquattroatre, numero due di maglia quando i numeri erano fissi, e lui fisso sull’ala sinistra, da Gigi Riva a Ezio Pascutti. I ricordi più nitidi che mi collegano a Burgnich sono due colpi di testa. Uno verticale, uno orizzontale. Quelle verticale è televisivo e di dominio pubblico: Pelé all’Azteca. Quello orizzontale sporge dalla pancia dello stadio Comunale. Pascutti in Bologna-Inter 3-2, il 4 dicembre 1966. Ero proprio lì, nella curva dietro la porta. Cross di Marino Perani, dalla destra, come se fosse la pistola dello starter. Vanno entrambi sulla palla, Tarcisio si tuffa, sembra in vantaggio, Ezio si butta, sembra in ritardo e invece no. Lo rimonta, lo anticipa. Come il nuotatore che tocca per primo. Da Burgnich a Picchi: domani saranno 50 anni dalla morte. Allenatore in campo dell’Inter, Armando era diventato l’allenatore della Juventus. Ne riparleremo.

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