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Milan, c’è chi dice no: la giusta prospettiva

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Se un giocatore giovane sceglie di uscire dal progetto del Milan è più lui a perderci rispetto al club rossonero.

Redazione DDD

di Max Bambara -

L’ufficialità di Renato Sanches al PSG ha riaperto antiche polemiche, mai totalmente sopite. Per una certa parte della tifoseria rossonera uno dei limiti del Milan attuale sta nel non voler mai fare un passo leggermente più lungo della propria gamba, né in termini di riconoscimento degli emolumenti dei giocatori, né tantomeno dal punto di vista dello sforzo finanziario per aggiudicarsene il cartellino.

Ma è davvero così?

Innanzitutto bisogna partire dal presupposto che, nell’ultimo caso, probabilmente Sanches avrebbe comunque scelto di andare a giocare a Parigi, atteso che nella capitale della Francia lavorano come allenatore Galtier e come dirigente Campos, due signori ai quali il centrocampista francese è molto legato. Fuori da questa situazione, tuttavia, sarebbe opportuno comprendere come le aste per i giocatori non siano mai convenienti per i club che vi partecipano. Possono esserlo, economicamente, per i giocatori che vedono la possibilità di strappare un contratto maggiormente remunerativo, anche se la prospettiva rimane miope, visto che le scelte fatte soltanto sull’altare del dio denaro quasi sempre si rivelano poco tutelanti dal punto di vista della professione. Il Milan, in questo, è maestro. Pensate a Sensi. Sembrava quasi un giocatore del Milan nell’estate 2019, poi il blitz dell’Inter lo portò sull’altra sponda dei Navigli dove il ragazzo non è mai riuscito a trovare continuità, martoriato dagli infortuni e dalla discontinuità. Oggi Sensi prova a rilanciarsi nel Monza, una neopromossa, dopo un triennio davvero negativo dal punto di vista del rendimento.

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C’è poi il caso Todibo. Sarebbe dovuto venire al Milan nell’inverno del 2020, ma alla fine i club non trovarono l’accordo ed il giocatore non spinse più di tanto per vestire rossonero. Da quel momento la carriera di Todibo è entrata in una sorta di cono d’ombra. Dopo una serie di prestiti finiti male, il ragazzo pare aver trovato un minimo di stabilità al Nizza, ma i livelli di rendimento di tre anni fa sono molto lontani. Quasi peggio è andata a Kabak. Il Milan non lo prese a cavallo fra il 2020 ed il 2021 perché le richieste erano troppo alte per il club rossonero. Ci si fiondò il Liverpool, ma l’esperienza fu estremamente negativa col giocatore travolto da un ambiente più grande della sua dimensione. Quest’estate il ragazzo è ripartito dall’Hoffenheim, ma è ormai a tutti gli effetti un giocatore da recuperare. Sullo stesso filone il caso Simakan. Anche lui pareva in procinto di arrivare al Milan, ma poi l’affare rimase lettera morta ed il Milan ripiegò su Tomori. Le traiettorie di carriera dei due giocatori sono state opposte. Oggi Tomori è uno dei più forti centrali della Serie A, mentre il buon Simakan gioca nel Lipsia senza però rubare troppo l’occhio ai tifosi. Emblematico infine il caso di Kaio Jorge. L’estate scorsa sembrava ad un passo dal Milan ma poi la Juventus offrì di più nel famoso gioco delle commissioni. Oggi il ragazzo, complice anche un infortunio, è completamente sparito dai radar e non viene mai nemmeno inserito nella rosa della Juventus. Che cosa ci insegnano tutti questi esempi? Che oggi se un giocatore giovane ha delle qualità e non viene a giocare nel Milan è lui che ci perde in primis, non il club che invece è in grado di offrire un progetto serio ed estremamente credibile dal punto di vista tecnico, all’interno del quale le qualità di un giovane possono emergere perché c’è un contesto di calcio sano, nel quale l’errore viene preso come momento di crescita e non come marchio indelebile d’inadeguatezza. Attenzione pertanto a ragionare coi vecchi stereotipi del calcio di 20 anni fa, secondo cui non prendere un giocatore era poi un’onta per la quale provare vergogna. Il calcio di oggi va giudicato con analisi diverse e con una capacità di ponderare le situazioni molto più dettagliata.

 

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