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Milan, due certezze e un’importante esigenza: Kessie, Romagnoli ed un acquisto che non si può più sbagliare

MILAN, ITALY - JULY 07:  Franck Kessie of AC Milan in action during the Serie A match between AC Milan and Juventus at Stadio Giuseppe Meazza on July 7, 2020 in Milan, Italy.  (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Il Milan dell’ultimo mese mette certamente il buonumore ai milanisti. Prestazioni di livello, gioco gradevole, convinzione nei propri mezzi e tanta superba gioventù che si unisce ad una quantità di talento mai vista negli ultimi anni.

Redazione DDD

Proprio in questo preciso momento, è fondamentale concentrare l’attenzione su due punti di forza di indiscutibili di questa squadra e sul vero tema del prossimo mercato estivo che non può essere più procrastinato né sbagliato. Innanzitutto un elogio particolare, condito da una doverosa analisi tecnica, va a Frank Kessiè. Sembrava essersi trasformato nel protagonista teatrale di “Aspettando Godot”. Trattasi di metafora perfetta per indicare colui che sta per arrivare ma, alla fine, non arriva mai. Eppure il bravo Franck, sin dal suo arrivo a Milanello, ha sempre dato la netta sensazione di avere tutte le qualità adatte per sfondare ed imporsi nel mondo Milan. La base tecnica era più che discreta, la sua soglia aerobica era una delle più alte fra i giocatori di Serie A, la dimensione fisica che riusciva ad imprimere alla mediana rossonera era sorprendente. Tuttavia qualcosa non tornava. Gli alti e i bassi erano divenuti un marchio di fabbrica delle sue prestazioni, in cui veniva lodato l’impegno (mai mancato in nessuna partita) e venivano elogiati i tantissimi chilometri percorsi, ma nelle quali purtroppo c’erano troppi black-out che, in un reparto nevralgico come quello di centrocampo, non possono diventare una costante.

Franck Kessie contro la Juventus a San Siro

La fortuna di Kessiè è stata l’intuizione di Stefano Pioli che ha capito prima degli altri che il problema del ragazzone venuto da Bergamo era il ruolo che, per una sorta di generosità innata, gli faceva percorrere troppi chilometri durante la partita, sino a togliergli energie preziose e lucidità nei momenti chiave delle partite. Kessiè è così stato impostato come mediano puro di un centrocampo a due (nel 4-2-3-1 ormai stabilmente implementato dal tecnico milanista), un ruolo in cui le incursioni offensive sono limitate (per farle deve alternarsi col compagno di reparto Bennacer) ed in cui il senso tattico e la forza fisica divengono qualità peculiari e di enorme importanza. Sgravato dall’onere di dover essere il principale incursore della squadra, Kessiè è riuscito a trovare dimensione nel ruolo di mediano puro. La sua presenza è indispensabile per il contributo di fisicità e sostanza che dà alla squadra, ma i black-out mentali del passato hanno lasciato il posto ad una solidità che prima mancava.

Questa intuizione tecnica sul ruolo del giocatore è forse il merito principale di Stefano Pioli in questa stagione. L’allenatore rossonero è riuscito, con questa mossa, a dare equilibrio ad una squadra disequilibrata perché piena di giocatori offensivi e a dare una nuova ed importante prospettiva di carriera al giocatore ivoriano. A Kessiè però bisogna immediatamente aggiungere un altro giocatore chiave del Milan attuale: il capitano Alessio Romagnoli. Il numero 13 milanista ha finalmente svoltato perché sta diventando un leader difensivo. Le carenze sulla marcatura stretta che si porta dalle giovanili sono state in parte sanate ed in parte nascoste dalla presenza costante di Simon Kjaer al suo fianco. Romagnoli infatti è un centrale elegante, di impostazione, di presenza, di leadership. Se volessimo usare una dizione antica da applicare al calcio attuale potremmo dire che il capitano rossonero è un buon libero che necessita di avere accanto uno stopper di valore. D’altronde nessun cavaliere ha mai potuto fare a meno di uno scudiero affidabile. Kjaer per Romagnoli rappresenta il perfetto scudiero; non ingombrante dal punto di vista della visibilità mediatica, ma assolutamente presente a sé stesso nella sua dimensione di campo e nei dettagli di gioco. Un’intuizione incredibile del Direttore sportivo rossonero Ricky Massara che già lo aveva conosciuto a Palermo e che ha creduto nel danese nonostante il periodo non positivo. Con lui vicino, è fiorito l’Alessio leader del quale questa squadra ha bisogno. Venticinque anni d’altronde sono l’età giusta per prendersi addosso le responsabilità di una fascia da capitano che gli è stata cucita sul braccio nel momento meno glorioso della storia rossonera. Oggi Romagnoli ha una vocalità ed una presenza che fino a 6 mesi fa non aveva. I clic mentali, nel calcio, sono sempre improvvisi e possono regalare novità invocate da tempo, ma quasi sempre inaspettate sul momento.

Kessiè e Romagnoli, oggi, sono due realtà concrete e solide di questo Milan. Sono la prima base, quella che è fiorita nel 2017 (l’estate della grande illusione) e che ha attraversato le forche caudine di una situazione societaria borderline e di un conseguente passaggio di proprietà molto celere. A questa base manca solo un centravanti di prospettiva per dare una dimensione da Champions League al Milan. Ed è proprio il centravanti il ruolo su cui il Milan, in questi anni, più ha investito senza ottenere risultati. Si va dai 25 milioni di Kalinic ai 36 milioni di Andrè Silva; dai 9 milioni per il prestito di Higuain sino ai 35 milioni per Piatek dell’inverno 2019. Oltre 100 milioni spesi in cartellini in un anno e mezzo per un ruolo senza padrone, tanto che qualche mese fa è dovuto arrivare Ibrahimovic per provare a ridare senso ad una stagione. Ecco se c’è un acquisto indifferibile e che il Milan non può davvero sbagliare nella prossima estate è quello del futuro numero nove. Se si eccettuano le questioni umorali di Higuain (che poco avevano a che fare con il campo e col valore tecnico del giocatore), l’esperienza del passato deve insegnare qualcosa al club rossonero. I Kalinic, gli Andrè Silva e i Piatek sono finiti nel frullatore impazzito perché avevano una caratteristica comune, limiti caratteriali uniti ad una scarsa abitudine alla Serie A italiana che, da sempre, ha un rigore tattico assoluto. Kalinic aveva giocato solo due anni in Italia, Piatek solo 6 mesi, Andrè Silva mai prima del 2017. Serve un giocatore già rodato, testato, che conosca bene i meccanismi e le tensioni della Serie A e che non abbia paura di fare la guerra nei momenti in cui è necessario intraprenderla, perché le punte si valutano anche dai gol, ma non solo dai gol.

Serve andare quindi sul certo più che sull’incerto. L’auspicio è che il prossimo numero nove del Milan conosca già molto bene la Serie A, sia una punta vera in area e sia assolutamente credibile fuori dall’area. Perché questo è l’unico acquisto che il Milan non si può più permettere di toppare se vuole tornare ad essere realmente competitivo per le zone dell’alta classifica.

 

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