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Milioni e mercato: la situazione del calcio italiano

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L’alternativa al calcio sostenibile sono soltanto i debiti; l’epoca del mecenatismo è finita da tempo

Redazione DDD

di Max Bambara -

C’è un segreto di Pulcinella che andrebbe svelato: in Italia il calcio dei mecenati è finito da molto tempo (almeno da 10-15 anni) e continuare a sostenere in ogni dove che le proprietà dei club sono sparagnine non è un argomento che favorisce la conoscenza, perché alimenta speranze ingiustificate negli appassionati di calcio ma soprattutto non consente loro di fare i conti con la realtà dei fatti. Nessun grande gruppo straniero acquisisce un club per gettarvi dentro soldi a fondo perduto al fine di carpire le simpatie dei tifosi. Ha funzionato così più o meno fino alla fine degli anni zero del nuovo millennio, ma poi la dimensione dei costi del calcio ha costretto le grandi famiglie italiane proprietarie di una squadra di calcio, dapprima a ridurre gli investimenti ed infine a cedere gli amati club. La famiglia Sensi, a Roma, è stata costretta a vendere il club nel 2011 dopo qualche anno di gestione della società in coabitazione con una banca (Unicredit). Massimo Moratti ha ceduto l’Inter nel 2013; Silvio Berlusconi ha ceduto il Milan nel 2017 dopo aver iniziato le trattative almeno 3 anni prima. Soltanto in un lustro il calcio italiano ha perduto tre delle famiglie che più avevano contribuito alla crescita della Serie A grazie alle ingenti risorse economiche investite nei loro club. Tutto ciò non solo non ha stimolato alcuna riflessione ponderata ma, addirittura, ha generato analisi sbagliate e prive di riscontri nella realtà.

Il verbo “investire”, inappropriato nel nostro calcio perennemente in perdita, è stato ampiamente abusato

Questo ha creato negli appassionati di calcio, in totale buonafede, un’aspettativa ingiustificata. La realtà è molto meno edulcorata ed ha ramificazioni molto più complesse del messaggio che, impropriamente, è stato veicolato. Per amministrare un club calcistico in un paese come l’Italia in cui il gap infrastrutturale (stadi di proprietà), commerciale (i diritti tv del calcio italiano valgono 4 volte meno dei diritti tv della Premier League) e di sistema rappresenta una spada di Damocle pendente in questo momento ci sono soltanto due strade. La prima è la sostenibilità, la seconda è quella dei bond (ossia i debiti) caricati sul bilancio del club. Lo dimostrano i fatti più recenti: la Juventus, nonostante la proprietà Exor alle spalle, è accusata di aver falsificato i bilanci per evitare perdite corpose, mentre l’Inter, detenuta dalla famiglia Zhang, negli ultimi anni ha aumentato a dismisura la propria esposizione debitoria tanto che solo pochi giorni fa Fitch ha confermato il rating “B+” per il bond da 415 milioni dell’Inter, emesso nel febbraio 2022.

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Tecnicamente sui mercati finanziari viene definito “junk bond” ovverosia titolo spazzatura. In questa fase storica pertanto l’alternativa alla sostenibilità si chiama ricorso al debito, quando non ad operazioni di bilancio atte ad alterare la loro veridicità. Continuare a far veicolare il messaggio che l’alternativa ad una gestione del club sostenibile e lineare sia quella di un nuovo proprietario che viene qui a spendere vagonate di soldi per la gioia dei tifosi, significa diffondere falsità palesi e non fare il bene del sistema calcio italiano. Chi acquista un club deve avere un ritorno economico nel lungo periodo e per farlo deve possedere una visione progettuale che vada oltre la singola stagione. La bufala dei 300 milioni che sarebbero stati investiti da Investcorp nel Milan è facilmente contestabile alla luce dei parametri del FPF che il Milan è tenuto a rispettare nei prossimi anni. Ma, se anche non ci fosse il FPF, bisognerebbe prendere atto che nessun gruppo industriale investe soldi per vincere un trofeo o più trofei con una squadra perché il gioco non varrà mai la candela. L’epoca dei presidenti tifosi è finita da molto tempo. Bisogna uscire dall’ottica della spesa per entrare nell’ottica dell’investimento reale. Pensare che oggi, nel calcio italiano, possano esistere gruppi stranieri che acquistano un club per mettere soldi a fondo perduto nel mercato, significa credere ancora nei doni di Babbo Natale. Non è nemmeno un’utopia, ma una semplice fiaba per bambini.

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