LE PREDICHE DEI SAPIENTINI

Moralismo da due lire

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Donnarumma e Italia-Ucraina: Il diritto dei tifosi di esprimere civilmente i propri sentimenti
Redazione Derby Derby Derby

di Max Bambara -

Gli applausi e i fischi esprimono sentimenti diversi. Si può condividere o meno, ma non si può giudicare. Perché i sentimenti dei tifosi sono il fondamento della loro passione e se si mette un recinto al modo di esplicare la passione sportiva, allora il rischio è quello di veder crollare il castello. Gli applausi e i fischi sono due lati della stessa medaglia. Sono l’unico modo che gli appassionati di calcio e i tifosi hanno per fare sentire la propria voce. Chi pensa che un tifoso debba soltanto sostenere ha una visione distorta del ruolo del tifoso.

Il tifoso sanguina per i propri colori: aspetto da tenere sempre in considerazione

I fischi allo stadio sono l’espressione di uno stato d’animo e di un determinato orientamento sul calcio. Tutto è discutibile, ma attenzione a mettere in dubbio la legittimità di una contestazione civile che non scade nella volgarità o, peggio, in altre manifestazioni deplorevoli come il razzismo. I fischi allo stadio sono come i voti alle elezioni. Non possono essere giudicati ma vanno analizzati e, magari, compresi. Quante volte abbiamo sentito politici dire “ma come si fa a votare per quello o per quell’altro?”. Quasi sempre erano politici perdenti che non accettavano le opinioni del corpo elettorale. Ed invece, uno dei principi cardini della democrazia risiede proprio nel fatto che le decisioni del corpo elettorale vanno sempre sacralmente rispettate.

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(Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Questa regola deve valere anche nel calcio, a meno che le manifestazioni di protesta allo stadio finiscano per scadere in qualcosa di lontano dai contorni del buonsenso e della civiltà. Sul punto è stato perfetto il C.T. della Nazionale Luciano Spalletti alla fine della gara. “Se fischiano è perché non ci siamo meritati gli applausi. Uno nella personalità che ha non va a reagire mai: a volte si può reagire con gli atteggiamenti, altre volte con le parole. Altre volte ancora si sta zitti e si va a lavorare meglio. Abbiamo il dovere di comportarci come professionisti, non come bambini viziati”. C’è il senso dello sport nelle parole di Spalletti. Molti soloni che sono saliti in cattedra pensando di poter puntare il ditino inquisitorio contro quei tifosi che hanno fischiato Donnarumma allo stadio, dovrebbero almeno riflettere su quanto espresso dal C.T. Il tifoso, nella loro personale visione, deve soltanto pagare il biglietto, recarsi allo stadio e sostenere la squadra e i suoi giocatori. Abbiamo persino sentito dire che esistono fischi di Serie A e fischi di Serie B. Puoi fischiare solo – a detta dei benpensanti – se il giocatore in questione non sta indossando la maglia che sostieni. Concetto incomprensibile per il popolo rossonero che, per amore, ha fischiato anche Van Basten e Seedorf.

Ci chiediamo: perché molti addetti ai lavori non si pongono un quesito inverso? E cioè che cosa spinge tanti tifosi (quasi tutti rossoneri certamente) a fischiare ancora Donnarumma a distanza di oltre due anni dal suo discusso addio al Milan? Questa domanda è lecita, così come sarebbe lecito cercare di comprendere gli stati d’animo, senza giudicarli su cattedre moralistiche immaginarie ed inopportune. Per rispondere bisogna andare alla radice del tifo: il tifo è passione. Passione pura. Appartenenza viscerale. I giocatori sono liberissimi di vivere nella loro bolla dorata in cui compiono le scelte che reputano più legittime per il loro futuro ed in cui non si pongono il dubbio di dover essere chiari nei confronti dei tifosi. Questo è indiscutibile. Tuttavia andrebbe compreso un concetto semplicissimo: se i tifosi si sentono traditi da un ragazzo cresciuto dal Milan e che deve tutto al Milan, il loro fischio esprime un’opinione sul calcio attuale, in cui non è giusto che un giocatore formato da un club vada via da questo club senza che allo stesso venga riconosciuto nemmeno un indennizzo. Qualche sapientino dirà: non c’è una norma che preveda tutto questo. Vero, così come non esiste regola che impedisca i fischi allo stadio. Deridere questa sensibilità dei tifosi, classificarla come “indegna”, significa rinchiudersi nella stessa bolla dorata in cui albergano molti protagonisti del calcio.

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