NAPOLI-ATALANTA 2-0

Napoli, undici belve

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Un arrembaggio dopo l'altro...

Redazione DDD

analisi Facebook di Roberto Beccantini -

Come se undici belve avessero spinto il domatore fuori della gabbia e preso possesso del circo. Così il Napoli contro l’Atalanta. La Dea, che ai tempi del Papu e di Ilicic giocava più o meno così. Con un’aggressione ai limiti della circonvenzione di capaci. E a un ritmo indiavolato, quello delle giustizia sportiva quando vuole.

Te la do io la calcolatrice

Il destino si è consumato dopo un’ora di arrembaggi. Palla strappata a Ederson e servita a Osimhen, in profondità. Da Victor a Kvara, con mezza difesa in libera uscita. Occhio, allora. Come a Reggio Emilia, contro il Sassuolo, il georgiano ha preso gli schemi e li ha appesi non vi dico dove. Un dribbling, poi un altro, poi un altro ancora (forse). Non più in verticale, come al Mapei: in orizzontale, questa volta. E poi bum, di destro. Ciao Mare, ciao Musso, ciao todos.

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Spalletti e Gasp sono allenatori che insegnano e non si offendono se il singolo li scavalca. E’ il segreto del calcio: del calcio, almeno, che nasce brullo nella strada e tale non sempre resta, perché i cultori dell’oppio – e dell’ovvio – si vendono allo Schema e lo innalzano a dogma assoluto. L’eccesso opposto di coloro che, viceversa, vanno al casinò e puntano tutto sul singolo.

La velocità di crociera non è mai scesa, e alla distanza qualcosina hanno combinato persino Muriel e c. Solo qualcosina, però. Il polpaccio di Kim è stato l’unico ululato di sirena, subito cancellato dalla sgrullata di Rrahmani, lui sì migliorato dalle novelle del Certaldese. Con la Lazio di Sarri, fatale era stato un episodio. Il 2-0 all’Atalanta ha ribadito la supremazia della trama, la dittatura dell’orchestra. Scudetto in pugno, quarti di Champions in tasca (mercoledì, l’Eintracht da 2-0): e uno stadio che canta sempre. Può bastare, per stavolta.

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