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No, prego, batti Lei: e l’Inter intanto perde altri punti, punti preziosi….

MILAN, ITALY - JULY 05:  Rodrigo Palacio (R) of Bologna FC and Matias Vecino (L) of FC Internazionale jump for the ball during the Serie A match between FC Internazionale and Bologna FC at Stadio Giuseppe Meazza on July 5, 2020 in Milan, Italy.  (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Inter battuta, il tecnico, il modulo: tempo di riflessioni

Redazione DDD

di Gabriele Borzillo -

Trentacinque minuti di nulla, calcisticamente parlando: da qui bisogna ripartire, dal minuto 62 di una partita che l’Inter stava, perché stava, controllando abbastanza agevolmente, pur avendo regalato a Orsolini una palla pazzesca per il pareggio nonostante il primo tempo dominato per lunghi tratti. Ma, si sa, la difesa a tre è il marchio di fabbrica Antonio Conte, quando lo ingaggi non puoi fingere di non saperlo. Il problema, casomai, sta nell’ossessione che il tecnico salentino ha per questo modulo da quando è sbarcato a Milano: perché a Torino, forse sbaglio ma andando a riprendere vecchie formazioni e vecchie cronache anche no, spesso e volentieri la linea difensiva era a quattro, con in mezzo Pirlo, Vidal e Pogba. Cioè, Conte sapeva mutare pelle a seconda di chi incontrava e la sua squadra sapeva mutare pelle anche durante la partita. Perfino a Londra, parliamo di Chelsea, il 352 iniziale è stato sostituito da una sorta di 343 o 433 con cui Antonio ha vinto Premier e coppa d’Inghilterra. Ora la domanda è: per quale motivo all’Inter persiste il diktat assoluto di difendere esclusivamente a tre, rarissimamente i nerazzurri sono passati a quattro, costringendo Skriniar e Godin, avessi detto me e un mio amico, in un ruolo che hanno evidenti difficoltà a interpretare e, oltretutto, regalando all’avversario di turno quelle tre o quattro occasioni da rete da non negare ad alcuno. Bologna, i trentacinque minuti finali col Bologna, sono la punta dell’iceberg: l’Inter, che detto per inciso sta facendo – a mio parere – un campionato migliore di quanto mi aspettassi con otto punti in più rispetto alla stagione passata e un rinnovamento importante sia di uomini che di regole, sta balbettando dall’inizio del girone di ritorno, forse anche da un pochino prima. Continuare testardamente a ricadere negli stessi orrori da tempo non ha una spiegazione: perlomeno io non la trovo e, oltretutto, non capisco la mancanza totale di un piano B, di un qualcosa che possa dare un senso a questo finale di campionato. Tutti gli allenatori, soprattutto i grandi allenatori e Conte io lo annovero senza ombra di dubbio in quest’ultima categoria, hanno nelle loro corde una versatilità e una capacità di amalgamarsi col gruppo del quale sono i generali fuori dal comune. Le fortune di una Società sono da ricercarsi, in primis, nella sintonia tra tecnico e gruppo: difficilmente troverete una squadra che ha vinto nonostante le divergenze col proprio comandante.

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Molti, per concludere, dicono che tanto il modulo chissenefrega. Io mi dissocio in pieno da questo concetto: viviamo un calcio specializzato, fin da ragazzini i giocatori sono portati a interpretare un ruolo specifico, solo i più grandi conoscono il significato di versatilità perché lo hanno nel DNA, nelle corde. E, in un simil pallone, non puoi pensare di trasformare uomini di trent’anni in ciò che tu vuoi o vorresti. Mi spiego meglio: non puoi pensare che Godin, uno dei centrali più forti al mondo, diventi di colpo l’attore principale di un modulo che non ha mai interpretato e che non conosce. Lo stesso dicasi per Skriniar, anche se in questo caso il ragazzo è giovane e puoi modellarlo, forse. Capitolo Eriksen a parte: come si fa a trasformare un ventottenne con caratteristiche conosciute in tutta la via lattea nel mediano, o mezzala, per interpretare il 352. Questi sono piccoli, mica troppo, errori che da Antonio Conte non mi aspetto. Poi va bene tutto, la sfiga, il palo, un maremoto, l’onda anomala, ma il concetto è semplice ed essenziale: per cortesia, Antonio – scusi sa se la chiamo per nome – faccia qualcosa di diverso, così sta e stiamo buttando via del tempo.

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