I TIFOSI MILANISTI DEGLI ANNI '80 SONO STATI PIU' FORTUNATI...

Peccato per i bambini: Donnarumma poteva essere il simbolo di una generazione…

Redazione DDD

Il valore dell’appartenenza e la grande occasione perduta

di Max Bambara -

Non è sfuggita a molti attenti osservatori la levata di scudi che si è alzata dopo la duplice mossa strategica di Paolo Maldini, responsabile dell’area tecnica rossonera, di far arrivare a Milano il portiere francese Mike Maignan e, nel contempo, di interrompere qualsiasi possibilità di accordo contrattuale con Gigio Donnarumma. Addirittura ci sono stati alcuni grandi ex giocatori rossoneri che hanno avuto parole molto forti, all’interno di una tonalità comunque mai sgarbata, per commentare il comportamento tenuto da Gigio durante questi ultimi mesi. Sia Massimo Ambrosini e sia Alessandro Nesta, sul punto, si sono espressi con giudizi non banali.

Non è stato semplicemente un sostegno all’azione dirigenziale di un vecchio compagno di antiche glorie, ma è stata una vera e propria presa di posizione figlia di quel valore dell’appartenenza che i vecchi pirati di tante battaglie rossonere non hanno mai messo da parte anche una volta dismessi i panni del calciatore e la divisa rossonera. Massimo Ambrosini, dagli studi televisivi di Sky, è parso molto infastidito dalla scelta di Gigio tranciandolo in maniera molto esplicita “se Donnarumma voleva restare al Milan, quello che è successo è un’aggravante perché se voglio restare non c’è nessuno che prende decisioni per me”. E ci ha tenuto a specificare che “il Milan non può essere considerato secondo a nessuno per storia e blasone”.

(Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)

Alessandro Nesta invece, che quando esprime giudizi è Cassazione, è riuscito ad essere persino più duro di Ambrosini: “Mi spiace perché Donnarumma avrebbe potuto diventare il portabandiera del Milan. Rifiutare 8 milioni a 21 anni è una grande mancanza di rispetto, Maldini ha preso la decisione giusta. Il Milan è un club speciale, importante, un club dove anche il miglior giocatore deve meritarsi la riconferma”. Queste dichiarazioni non sono casuali ed esprimono concetti molto lineari ed impattanti: di solito i giocatori e gli ex giocatori, fra di loro, sono abbastanza solidali quando vi sono di mezzo questioni meramente contrattuali e gli ex colleghi evitano accuratamente gli attacchi a colleghi più giovani, cavandosela con il classico “non conosco i fatti e non posso giudicare”.

Qui però la questione è molto diversa, perché quanto avvenuto in questi ultimi mesi è paradossale con i milanisti che hanno sentito la voce di tutti i protagonisti di questa vicenda meno che quella di Gigio che, da capitano del Milan con la fascia al braccio, non ha mai ritenuto di dover dire mezza parola, semplicemente per spiegare la sua posizione. In tanti, soprattutto fra i giornalisti, hanno affrontato la questione dal punto di vista meramente contabile, afferendo che il Milan ha fatto benissimo a non assecondare i desiderata di Mino Raiola, accontentando Gigio Donnarumma in una richiesta contrattuale assolutamente non parametrata al mercato ed altresì fuori tempo, in ragione della crisi del calcio post pandemia.

Da questo personalissimo punto di osservazione però, ci sentiamo di porre una riflessione sulle motivazioni reali per le quali l’intera tifoseria rossonera si è mossa all’unisono nell’appoggiare la scelta di Paolo Maldini e nel condannare, senza indugi, il comportamento ambiguo e poco cristallino del portiere campano. I tifosi milanisti hanno una caratteristica molto particolare: ai loro idoli, ai loro giocatori simbolo, danno tutto in termini di amore, di passione, di dedizione. La tifoseria rossonera è molto calda nel modo in cui si pone con i propri beniamini e quando sceglie un giocatore come icona di un’epoca storica sarebbe capace di difenderlo anche dinanzi a fatti evidenti. Gli occhi dell’amore d’altronde, si sa, non sono mai onesti ed il bello della passione sportiva sta proprio in questa scarsa obiettività verso un giocatore capace di andare oltre il significato del campo, in grado, grazie al talento donatogli da madre natura, di rappresentare un simbolo del club e di dare ai bambini che si avvicinano al Milan quella forza attrattiva fondamentale.

Tutti noi, da bambini o da ragazzini, abbiamo avuto alcuni giocatori, o magari semplicemente un singolo giocatore, che ci ha guidati ad entrare nel mondo rossonero, che ci ha rapito il cuore senza un vero perché, che ha rappresentato il perfetto momento identificativo fra la nostra prima infanzia e l’amore per i colori rossoneri.

Ecco Gigio Donnarumma per i bambini che stavano iniziando il loro percorso milanista era essenzialmente questo: il loro simbolo, il feticcio immaginario sotto il quale trovare sicuro riparo quando il vento di procella delle delusioni iniziava a fischiare forte e quando il rumore dei tuoni avversari diventava particolarmente sinistro. Non è un problema dei rossoneri nati negli anni 80 che hanno avuto il grande privilegio di crescere sapendo che Franco Baresi e Paolo Maldini erano il Milan, che loro dal Milan non sarebbero mai andati via perché erano parte integrante della nostra storia. Per chi non ha avuto questa fortuna, per i ragazzini rossoneri di oggi, assistere a certi eventi non è facile. A loro, i milanisti con qualche anno di amore in più devono dire che il Milan è di chi l’ha vissuto, ma è soprattutto di chi l’ha capito. Anche per Gigio vale questa regola perché sicuramente lui ha vissuto questa maglia con la massima professionalità e dando tutto sino alla fine, ma non ha compreso che la magia di questo ambiente non vale 2 milioni di euro in più su un rinnovo contrattuale. Un contratto più remunerativo può darti qualche lusso in più, un conto in banca migliore, può consentirti di toglierti qualche sfizio speciale: non può darti tuttavia stabilità emotiva, né tantomeno ricchezza, perché sei già entrato in quel segmento dell’esistenza in cui vivi una dimensione diversa, nella quale il milione in più o in meno non ti cambia la vita. Nella bilancia immaginaria ci sono invece tantissime cose che perdi e che non potrai riavere più: perché l’amore di un popolo intero, il rispetto di una generazione di milanisti che sta crescendo e che ha voglia di identificarsi in te, non sono cose che possono rientrare nei contratti: sono patrimoni dell’anima di cui capisci l’importanza soltanto quando realizzi che non ci sono più. Questo è il vero peccato di questa vicenda, che ha tolto qualcosa ai bambini rossoneri, ma che ha tolto soprattutto a Donnarumma la possibilità di essere l’icona di un popolo che aveva soltanto voglia di specchiarsi nel suo talento. Col tempo Gigio prenderà coscienza di tutto questo e ci auguriamo che quel giorno sia comodamente seduto davanti alla televisione per gustarsi il Milan che ritorna a vincere.