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DUE NECESSITA' IMPELLENTI

Più ricavi e stadio nuovo: le strade per alzare il livello dei club milanesi

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Nei bilanci della stagione 2018-19 (l'ultima senza Covid e quindi con gli stadi interamente aperti) il Milan ha incassato 34 mln dallo stadio, l'Inter 44, il Real Madrid 175 ed il Barcellona 174.

Redazione DDD

di Max Bambara -

I principali club europei, in particolare i club italiani, hanno un problema strutturale legato ai ricavi che, spesso, viene considerato marginale nelle discussioni sul calcio, mentre invece si tratta di un tema imprescindibile e dominante. Ogni volta che si discute in ordine alle modalità tramite le quali alzare i ricavi dei club, la questione scivola sempre su argomentazioni vacue, intrise di retorica spicciola e moralista. Ne è stato un esempio cristallino il dibattito nato nell’aprile scorso quando venne annunciata la nascita della Superlega: quel giorno in tanti abbiamo imparato concetti meravigliosi come il calcio che è di tutti. Il problema però rimangono i costi del calcio che hanno raggiunto vette altissime e che, almeno nel medio periodo, non possono scendere in picchiata né possono trovare un argine. Servirebbe quindi alzare la voce ricavi, anche mettendo da parte per qualche anno il concetto del calcio del popolo (abusato, ma mai attuato). Ciò in ragione del fatto che, attualmente, nel calcio disegnato dall’UEFA col goniometro del FPF, ci sono due club detenuti da uno stato sovrano (Paris Saint Germain e Manchester City) che spendono e spandono eludendo i paletti del FPF tramite sponsorizzazioni fittizie e ci sono tutti gli altri club che, invece, fanno i conti della serva sui prezzi dei giocatori e sui contratti da rinnovare. Questa situazione è l’antitesi del calcio del popolo, ma se lo affermi passi per un nemico del calcio di tutti. Appare opportuno invece comprendere le cause che hanno portato a questa situazione, ma sarebbe ancor più importante rendersi conto della necessità di modificare l’attuale architettura del calcio, sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Qualche giorno fa Tebas, presidente della Liga Nacional de Fútbol Profesional, ha spiegato che i club detenuti dagli stati sono dei nemici. Questa visione è miope, atteso che nessuna norma può vietare ad uno stato di possedere un club. Sono sempre esistiti club più ricchi e club meno ricchi. Quel che conta è non inventare o protrarre normative (come il FPF) che agevolano i club più ricchi e creano problemi ai club meno ricchi. Il mercato non è perfetto, ma è più equo di norme che ottengono risultati opposti rispetto agli obiettivi che si prefiggono.

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Per rimanere in ambito nazionale, l’argomento stadio (una delle principali fonti di ricavi per un club) non può continuare ad essere un tema filosofico su cui costruire dibattiti infiniti; deve diventare un tema pratico perché San Siro è e rimane la storia del Milan e dell’Inter, ma non garantisce ricavi preziosi ai club. Parossistico che la discussione continui ad essere incentrata sulla necessità o meno di demolire il Totem. Perché questa è soltanto una questione secondaria. La questione primaria è la costruzione del nuovo stadio, condizione fondamentale per far alzare i ricavi e per determinare un rientro nel giro della competitività dei club meneghini. I tifosi che urlano e strepitano per il mancato arrivo di Tizio o per la cessione di Caio guardano il dito senza accorgersi della luna. Oggi è più importante fare una battaglia per costruire lo stadio, al fianco del proprio club, piuttosto che contestare la gestione di una campagna acquisti. Comprendere questa necessità significa voler bene al proprio club. Ignorarla o, al più, considerarla marginale, è un grave errore valutativo che parte da un presupposto sbagliato e da una mancata presa di coscienza. Sono ormai terminati i tempi dei Berlusconi e dei Moratti che investivano e vincevano per ricavarne gloria personale e perché erano tifosi prima che presidenti. Chiunque oggi o domani sia il proprietario del Milan o dell’Inter non potrà mai sostenere nel lungo periodo costi di gestione fuori controllo, con perdite a due o a tre zeri. Senza strutture, nessun proprietario sarà disposto ad investire soldi propri senza avere un vantaggio che vada oltre il risultato sportivo (che è comunque soggetto ad una serie lunghissima di variabili). Senza uno stadio di proprietà pertanto i club milanesi possono spiccare il volo, ma sono poi costretti a fermarsi perché la forza delle loro ali non sarà al livello degli altri club che, invece, possono contare su ricavi che, nel lungo periodo, scavano una differenza grande quanto un abisso. Solo un esempio per rendere chiara la dimensione quantitativa di certe distanze.

Nella stagione 2018-2019 (l’ultima giocata interamente con gli stadi aperti e quindi anche l’ultima esaminabile da questo punto di vista) il Milan ha avuto 34 milioni di euro di ricavi da stadio; l’Inter ne ha avuti 44. Le due principali squadre spagnole hanno avuto incassi molto diversi invece: il Real Madrid ha avuto 175 milioni di euro ed il Barcellona 174. In questi semplici numeri si cela la ragione per la quale lo stadio di proprietà è fondamentale per la città di Milano. Diviene opportuno quindi iniziare a familiarizzare con questi concetti, semplici, lineari, ma poco conosciuti. La competitività va inseguita e perseguita, non può essere una mera pretesa e due tifoserie mature, serie e responsabili devono prendere coscienza di questa fondamentale necessità.

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