IL VULNUS DEI PRINCIPI CONTABILI

Plusvalenze: perché solo la Juve…

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Redazione DDD

di Max Bambara -

La Juventus è stata sanzionata dalla Giustizia Sportiva con una penalizzazione in classifica di 15 punti, mentre gli altri club coinvolti non hanno ricevuto alcuna penalità. In seguito a questi provvedimenti, in molti si sono chiesti perché debba pagare soltanto la Juventus e non anche gli altri club che hanno fatto gli scambi con la squadra bianconera. Proviamo a rispondere a questa domanda in maniera esaustiva, senza cadere in baruffe legate al tifo. Innanzitutto è bene precisare come la Juventus, nella redazione del bilancio, debba seguire i principi contabili internazionali (IFRS), essendo una società quotata in Borsa.

Lo IAS38 fissa dei criteri molto precisi per gli scambi di asset immateriali

Più precisamente, in relazione alle attività immateriali (fra i quali rientrano ovviamente i cartellini dei giocatori), il paragrafo 45 dello IAS38 dice espressamente che “Il costo di tale attività immateriale è valutato al fair value (valore equo) a meno che a) l'operazione di scambio manchi di sostanza commerciale, o b) né il fair value (valore equo) dell'attività ricevuta né quello dell'attività ceduta sia misurabile attendibilmente. Se l'attività acquistata non è valutata al fair value (valore equo), il suo costo è commisurato al valore contabile dell'attività ceduta".

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Questo è il caso che inerisce la Juventus perché il valore del cartellino dei calciatori non è misurabile in maniera attendibile e, quindi, da società quotata in Borsa non poteva né doveva discostarsi dal valore contabile di un giocatore nel momento in cui decideva di scambiarlo con un altro.

Tale modus agendi ha determinato una palese alterazione dei suoi bilanci e quindi una conseguente violazione dell’articolo 31 del Codice di Giustizia Sportiva (“falsificazione dei propri documenti contabili”). Per le altre società italiane invece (ad eccezione di Lazio e Roma, che sono quotate in Borsa) vigono i principi contabili nazionali, per i quali non è possibile determinare in maniera certa ed assoluta il valore di mercato dei giocatori.

In tal senso è abbastanza chiara una pronuncia giurisprudenziale di qualche anno fa (l’unico precedente in materia peraltro). Nel 2008 infatti il Milan e l’Inter finirono sotto processo accusate di aver alterato i bilanci del 2004 con plusvalenze gonfiate. Entrambi i club furono assolti perché “il fatto non costituisce reato”. A detta dei giudici di merito che si sono occupati di quella vicenda “non esiste una definizione scientifica del valore di un giocatore nell’ambito del calciomercato”, visto che possono influire un numero indeterminato di fattori e di condizioni.

Alla luce di quanto esposto, la risposta alla domanda posta in premessa è alquanto semplice: è normale che con il pronunciamento dei giorni scorsi la Corte Federale d’Appello abbia punito soltanto la Juventus in quanto, fra i club coinvolti, era l’unica società quotata in Borsa e che, nella redazione del suo bilancio, avrebbe dovuto seguire i principi contabili internazionali. Relativamente all’entità della penalizzazione è difficile esprimere un giudizio, atteso che si tratta del primo pronunciamento in materia e non esiste un parametro di riferimento. Il caso de quo, certamente, è destinato a fare giurisprudenza nell’ambito della giustizia sportiva.

Ad avviso di chi scrive, la sentenza di condanna a carico della Juventus è assolutamente fondata dal punto di vista legale, in ragione della condotta tenuta dalla dirigenza del club, atta a violare le norme sopra richiamate. Tuttavia, in merito all’entità della penalizzazione, i giudicanti avrebbero potuto essere più clementi ed accogliere la richiesta della Procura federale che aveva chiesto 9 punti di penalizzazione per il club torinese, atteso che, in assenza di parametri giurisprudenziali pregressi, l’unico parametro certo nella scelta delle penalizzazioni rimane il meno 2 che viene riservato alle squadre che, nel corso della stagione, non pagano 2 mensilità di stipendi.

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