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CHE MILAN SEI?

Ritrovarsi senza indugi: un Milan che ha la necessità di guardarsi dentro

BELGRADE, SERBIA - FEBRUARY 18: Hakan Calhanoglu of AC Milan in action during the UEFA Europa League Round of 32 match between Crvena Zvezda and AC Milan at  on February 17, 2021 in Belgrade, Serbia. (Photo by Srdjan Stevanovic/Getty Images)

Guardare dentro sé stessi non è mai semplice, soprattutto quando le intemperie e gli sconvolgenti venticelli di procella soffiano forte all’orizzonte. Tuttavia è proprio in questi momenti che è necessario essere maggiormente introspettivi

Redazione DDD

di Max Bambara -

Il Milan sta vivendo esattamente questo momento. Dopo mesi di risultati soddisfacenti, quasi irreali visti gli ultimi anni di magra, ecco che, alle prime difficoltà, viene fuori il classico braccino. Improvvisamente, gli stimoli che prima venivano naturali iniziano ad essere sassi pesanti da spostare e mentalmente ci si scopre meno sicuri delle proprie qualità rispetto a quei giorni in cui tutto appariva normale ed automatico. Questo è il calcio d’altronde, uno sport che ti esalta nei momenti belli e che ti dà pensieri eccessivi nella mente quando le cose non girano come dovrebbero. Il gol del 2-2 della Stella Rossa di Belgrado, nella serata di giovedì, è figlio di questo clima umorale che, a volte, certe sfortune se le tira addosso, quasi fossero una naturale conseguenza del periodo. Il Milan di oggi deve quindi osservarsi con attenzione e poi guardarsi dentro per cercare di trovare le coordinate di sé stesso. Eh già, sé stesso! Ma che cosa è stato sino ad oggi il Milan di Stefano Pioli? In primis è stata una squadra sbarazzina, allegra, sempre lieta di proporre un certo tipo di gioco, aggressiva anche nei momenti di minore lucidità. E poi è stato anche una squadra incapace di fare calcoli, mai portata al bilancino delle energie e dei conti a tavolino, allergica al compromesso, innamorata dei propri concetti di gioco, così marcatamente offensivi e spregiudicati.

 (Photo by Srdjan Stevanovic/Getty Images)

La bellezza del Milan di questi ultimi 12 mesi, può essere racchiusa tutta in queste poche righe. Il Milan di oggi tornerà sé stesso quanto prima, il tempo necessario per ammortizzare questa crisi fisiologica, figlia di una stanchezza più mentale che fisica. Lo farà più rapidamente se avrà la forza di guardarsi dentro con onestà provando, anche in un momento di down, a dar spazio alla propria identità e non agli adeguamenti tarati sugli avversari o ragionati in base allo stato fisico. Questo Milan ha bisogno di tornare a giocare senza fare calcoli, senza pensare a mettere un mediano sulla trequarti (vedi Meïté contro l’Atalanta) perché contenere l’avversario è più importante, senza cambiare contemporaneamente due velocisti come Rafael Leao e Rebic per due giocatori stanziali (come accaduto a Bologna dove, per poco, non ci scappava il pareggio per i felsinei) e senza provare a recuperare tutti insieme tre giocatori reduci da stop medio-lunghi (Kjaer, Bennacer e Calhanoglu a La Spezia). Niente calcoli, nessun bilancino. Il Milan ragazzino che per un anno ha sfidato tutti senza paura deve tornare ad essere protagonista. Nel calcio, d’altronde, si può vincere e si può perdere qualsiasi partita. Comunque vada, tuttavia, meglio farlo rimanendo fedeli a sé stessi e alla propria identità.

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