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editoriali

Rivoluzione rossonera: i diciotto mesi in cui è cambiato il Milan

NAPLES, ITALY - NOVEMBER 22: Tiemoue Bakayoko of S.S.C. Napoli battles for possession with Hakan Calhanoglu of A.C. Milan during the Serie A match between SSC Napoli and AC Milan at Stadio San Paolo on November 22, 2020 in Naples, Italy. Sporting stadiums around Italy remain under strict restrictions due to the Coronavirus Pandemic as Government social distancing laws prohibit fans inside venues resulting in games being played behind closed doors. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

Rispetto alla rosa che ha chiuso la stagione 2018-19, composta da 30 giocatori, ne sono rimasti soltanto 9 (di cui 5 titolari). Il destino dei 21 che hanno lasciato il Milan non è stato propizio (nessuno di loro ha migliorato il proprio status,...

Redazione DDD

di Max Bambara -

L’attuale momento positivo del Milan non nasce per mera casualità, ma non è stato un approdo semplice, in quanto le basi dalle quali partiva l’attuale dirigenza sportiva rossonera non erano le migliori dal punto di vista delle garanzie tecniche. Dobbiamo infatti tornare con la mente alla fine del mese di maggio del 2019, quando il Milan di Rino Gattuso era reduce da un quinto posto in campionato che aveva lasciato l’amaro in bocca per l’epilogo finale. La squadra rossonera infatti era stata addirittura terza in classifica nel mese di marzo e in molti ritenevano che quell’obiettivo tanto ambito, la qualificazione alla Champions League, fosse pienamente alla portata della truppa guidata da Gattuso. L’illusione, fin troppo luciferina, di una squadra realmente da Champions League, andò in frantumi dopo una sconfitta pesante nel derby della Madonnina; pesante non tanto sul piano del punteggio (il Milan perse 3-2), quanto sul piano della compattezza dell’ambiente che andò al macero sull’altare di una divisione ideologica. Da un lato c’era il dirigente Leonardo, assertore di un Milan maggiormente propositivo in termini di qualità del gioco, mentre dall’altro lato c’era il tecnico Rino Gattuso che, invece, era dell’idea che quella squadra non potesse esprimere un calcio di grandissimi contenuti tecnici, perché il valore globale di quell’organico non era alto. Tutt’altro. A fine stagione, al momento dei saluti, Gattuso si lasciò sfuggire una frase profetica: “sarà difficile migliorare i 68 punti di questa stagione con questa rosa”. Qualcuno rise, qualcun altro schernì l’ex immenso numero 8 rossonero.

(Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Eppure i fatti si sono presi carico di dimostrare che quella rosa aveva dato molto più di ciò che aveva, rivalutando in maniera assoluta il lavoro svolto da Gattuso e dando conseguentemente enorme valore al lavoro che la dirigenza sportiva rossonera (Maldini e Massara) ha svolto sull’organico rossonero dal giugno 2019 ad oggi. In realtà non è passato nemmeno un anno e mezzo, ma di quel Milan è cambiato tantissimo se si pensa che su 30 giocatori presenti in organico alla fine della stagione 2018-2019 ne sono rimasti ad oggi soltanto 9. Di questi solo cinque sono titolari (G. Donnarumma, Calabria, Romagnoli, Calhanoglu e Kessiè), uno rappresenta una valida alternativa ai titolari (Castillejo), uno è reduce da un infortunio (Musacchio), un altro fa fatica ad entrare nelle turnazioni (Conti) e uno fa il terzo portiere (A. Donnarumma). In sostanza di quell’organico ne sono rimasti soltanto 6-7 come effettivi. Tutto il resto che fine ha fatto? Ecco da questa domanda si capisce che cosa era il Milan prima e come è cambiato il Milan oggi. Due giocatori (Abate e Montolivo) hanno smesso di giocare a calcio. Altri 4 sono attualmente svincolati (Bertolacci, Jose Mauri, Strinic e Borini). Halilovic si è appena accasato al Birmingham (Serie B inglese). Bonaventura, da svincolato, è andato a giocare nella Fiorentina, così come Cutrone. Entrambi, tuttavia, non sono titolari fissi della squadra viola, chi per una certa fragilità fisica, chi per evidenti limiti tecnici. Reina, da svincolato, si è accasato alla Lazio come secondo portiere. Biglia, da svincolato, è andato a chiudere la sua carriera nel Fatih Karagumruk in Turchia. Stefan Simic fa la riserva nell’Hajduk Spalato, Cristian Zapata gioca e non gioca nel Genoa, Ricardo Rodriguez fa la riserva nel Torino. Laxalt è stato ceduto in prestito al Celtic dove gioca titolare, mentre Caldara è stato ceduto in prestito all’Atalanta, squadra nella quale è riuscito a giocare soltanto 14 partite (peraltro nemmeno intere) di campionato ed attualmente è fermo per l’ennesimo infortunio. Suso, dopo un inizio discreto, è diventato una buona riserva nel Siviglia, mentre Piatek è diventato una riserva nell’Hertha Berlino, non riuscendo a proseguire la sua striscia positiva in cui ogni pallone toccato si tramutava in oro. Paqueta infine è andato al Lione (dove ha giocato titolare il 60% delle partite), mentre Bakayoko, dopo una parentesi in prestito al Monaco (che non lo ha riscattato) è andato ancora in prestito al Napoli. In sostanza, nessuno dei giocatori presenti in organico nel Milan sino al 30 giugno 2019 e oggi non più nella rosa rossonera ha migliorato la propria carriera. Quasi tutti sono scesi di livello (possiamo eccettuare soltanto Paqueta e Bakayoko che sono rimasti sul un livello simile).

C’è chi ha smesso, chi cerca squadra, chi si è immalinconito in panchina, chi prova a rilanciarsi e chi ogni tanto ha qualche bagliore di luce. Chi, invece, è arrivato al Milan in questi ultimi 18 mesi, in virtù di un progetto tecnico chiaro e coerente, è riuscito ad alzare il proprio livello di prestazioni, il proprio valore di mercato e, conseguentemente, anche il livello tecnico del Milan che, nel giro di poco più di un anno, da squadra lenta, stantia, perimetrale e in balia degli episodi, si è trasformata in squadra rapida, reattiva, verticale e dalla personalità sorprendente. I fatti dimostrano come la base da cui si partiva era davvero poco competitiva e, in ragione di ciò, quel quinto posto della stagione 2018-2019 andrebbe rivalutato e rivisto sotto una luce diversa. I fatti inoltre stanno rendendo chiaro e cristallino l’importante lavoro portato avanti dalla dirigenza sportiva rossonera che ha dato una scossa tecnica nuova a questa squadra, compiendo scelte forti e riuscendo comunque a ricavare circa 90 milioni di euro da 4 giocatori (Piatek, Cutrone, Suso e Paqueta) che non sono titolari fissi nei club a cui sono stati ceduti e che, per ragioni diverse, avevano terminato di essere un punto di forza per il Milan. Rivedere oggi ciò che eravamo ieri non è un esercizio inutile e vacuo. Serve innanzitutto per comprendere come, nel calcio, il confine fra un momento positivo ed un momento negativo è molto stretto e quindi è sempre consigliabile lasciare da parte atteggiamenti estremi come esaltazione e disfattismo. Inoltre è fondamentale soprattutto per rendere manifesta la bontà e la serietà del lavoro svolto, senza dare nulla per scontato e riuscendo ad apprezzare ancor di più questa fase storica che non è casuale perché il Milan se l’è conquistata con pieno merito.

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