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IL MERCATO E I SUOI PROBLEMI

Tutte le società sono in crisi ma Mirabelli si diverte solo sul Milan…

CAGLIARI, ITALY - JANUARY 21:  Massimiliano Mirabelli, chief sport officer of Milan  during the serie A match between Cagliari Calcio and AC Milan at Stadio Sant'Elia on January 21, 2018 in Cagliari, Italy.  (Photo by Enrico Locci/Getty Images)

Milan e Atalanta sono le uniche due società che si stanno muovendo, pur partendo da situazioni di bilancio molto diverse: Milan reduce da due passivi da 340 milioni totali, Atalanta reduce da due attivi da 77 milioni totali.

Redazione DDD

di Max Bambara -

L’amministratore delegato dell’Inter Beppe Marotta non ha lasciato troppo spazio alle interpretazioni nelle sue parole, estremamente puntuali, relativamente al mercato del club nerazzurro che sarà principalmente incentrato sulle cessioni: "Hakimi sarà ufficializzata come una cessione rilevante, ma questo è ossigeno importante per le casse della società. Non vorrei cedere altri giocatori”. A distanza di poche ore il nuovo dirigente operativo della Juventus Federico Cherubini, a margine di una conferenza stampa con il nuovo amministratore delegato del club, ha chiosato: “potremmo anche non fare niente sul mercato. Sarà caratterizzato da tutto, anche dai rientri dai prestiti e dalla valorizzazione del nostro patrimonio”. In linea con questo coro, anche il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha rilasciato delle dichiarazioni significative due giorni fa: “il budget va rivisto, altrimenti dovrei far fallire il Napoli. Bisogna tagliare le spese eccessive. Non basterà vendere un giocatore. Dovrei vendere quei giocatori che hanno aumentato a dismisura la loro parte salariale e che ora il Napoli non può sostenere”. Non sta meglio la Roma che, nonostante l’arrivo sulla panchina di José Mourinho (il cui stipendio lordo è inferiore a quello di Sarri, visti i benefici del Decreto Crescita), non si è ancora mossa sul mercato e che, nelle ultime settimane, ha visto certificata la crescita della propria esposizione debitoria (superata quota 300 mln di euro) ed è stata costretta a chiudere il canale tematico Roma TV. Proprio nell'anno in cui la Serie A italiana cambia partner televisivo di riferimento. Segui tutta la Serie A TIM su DAZN. Attiva ora.

 (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

In questo contesto ci sono due club che operano in aperta controtendenza: il Milan e l’Atalanta. La società rossonera ha già movimentato il mercato in entrata per quasi 50 milioni di euro con l’acquisto di Maignan dal Lille, con il riscatto di Tomori dal Chelsea e con la definizione della conferma in prestito di Brahim Diaz con il Real Madrid. L’Atalanta, dal canto suo, non ha messo sul mercato nessuno dei suoi giocatori chiave ed è riuscita a portare a casa il portiere dell’Udinese Juan Musso, per la cifra considerevole di 20 milioni di euro, mettendo a segno un’operazione rilevante in un contesto economico e finanziario estremamente contratto. C’è tuttavia una grande differenza fra Milan ed Atalanta, perché i rossoneri stanno investendo, con accuratezza e con coraggio, dopo aver chiuso gli ultimi due bilanci con un passivo globale di oltre 340 milioni di euro, mentre la società bergamasca sta investendo dopo aver chiuso gli ultimi due bilanci con un attivo globale di 77 milioni di euro. Questi dati, analizzati nella loro crudezza, evidenziano quanto sia forte l’impegno del fondo Elliott nel Milan; il fondo americano infatti, complice la situazione pandemica e gli ultimi passivi monstre di bilancio, avrebbe potuto tranquillamente chiedere alla dirigenza rossonera di operare un mercato a somma zero. Ciò non è avvenuto e va sottolineato perché non era né scontato, né automatico. La proprietà americana del club rossonero, con questo tipo di strategia in un particolare momento storico di contrazione dei ricavi, sta dando ampia dimostrazione di avere una visione del Milan che va oltre la contingenza del momento e, nel contempo, sta mostrando a tutti quanto sono robusti i suoi muscoli finanziari.

Troppo semplicistico, finanche banale, liquidare il fondo Elliott come la proprietà dal braccino corto per non aver rinnovato il contratto a Gigio Donnarumma alzando la propria offerta (non parliamo di Calhanoglu perché fino a un anno e mezzo fa il suo mancato rinnovo di contratto non avrebbe suscitato alcuna polemica). Una proprietà non può essere giudicata per un mancato rinnovo, soprattutto se si parla di un giocatore al quale non era stato offerto un rinnovo del contratto a cifre inferiori rispetto a quanto percepito in precedenza (cosa che, ad esempio, avverrà a Napoli col contratto di Insigne); il Milan infatti, al suo portiere, aveva proposto un importante aumento degli emolumenti percepiti. La proprietà del Milan, insieme alla sua dirigenza operativa, va invece giudicata per essere riuscita, nell’ultimo biennio, ad azzerare l’indebitamento del club, a ridurre quei costi che rendevano fuori da ogni logica i passivi di bilancio annuali e, contestualmente, ad innalzare la qualità dell’organico a disposizione di Mister Pioli, con ingaggi sostenibili. Tutto questo, con buona pace delle affermazioni poco gradite e mai richieste da parte dell’ex direttore sportivo del Milan Massimiliano Mirabelli che, troppe volte, non perde l’occasione per sparare sentenze sulla gestione societaria rossonera, tradendo persino quell’eleganza che lo dovrebbe portare a rimanere silente quando giudica il lavoro di chi è arrivato dopo di lui. L’atteggiamento di Mirabelli, d’altronde, rappresenta un vero e proprio unicum, visto che né Leonardo, né Adriano Galliani (ovverosia gli ultimi due dirigenti rossoneri che hanno lavorato per il club) si sono mai permessi in questi anni di giudicare il lavoro dell’attuale dirigenza rossonera attualmente operativa.

Entrambi lavorano oggi per altri club (Leonardo al PSG, Galliani al Monza), a differenza dell’ex capo scout dell’Inter che, invece, continua ad essere molto attivo negli studi televisivi o come intervistato sui siti internet, rilasciando dichiarazioni ad ogni piè sospinto nelle quali ritiene di illuminare tutti con le sue visioni, dall’alto di un’esperienza dirigenziale molto povera. Mirabelli probabilmente non si rende conto, o finge di non accorgersi, che la situazione ereditata dal fondo Elliott a livello di bilancio è stata disastrata dal suo modus operandi dell’estate 2017: nei fatti, di quella rivoluzione sbandierata in pompa magna è rimasto soltanto Kessié su 11 acquisti. Non è un grande risultato, se si pensa che anche un orologio rotto, due volte al dì, segna l’ora esatta.

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