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OCCHIO ALLA GIURISPRUDENZA...

Uefa-Superlega: la necessità di un compromesso ponderato

TALLINN, ESTONIA - AUGUST 15:  UEFA President, Aleksander Ceferin looks on during the UEFA Super Cup between Real Madrid and Atletico Madrid at Lillekula Stadium on August 15, 2018 in Tallinn, Estonia.  (Photo by Alexander Hassenstein/Getty Images)

Dopo le dichiarazioni di Infantino e i propositi bellicosi di Ceferin, ecco perché una guerra legale potrebbe essere uno stillicidio per UEFA e FIFA, alla luce della più recente giurisprudenza e delle norme comunitarie relative alla concorrenza.

Redazione DDD

di Max Bambara -

Ragioni normative e precedenti giurisprudenziali che sconsigliano le istituzioni del calcio mondiale dal condurre una battaglia legale contro i club fondatori della Superlega. Il presidente dell’UEFA, Aleksander Ceferin, ha scelto di indossare l’elmetto e di iniziare una guerra mediatica contro quei club che avevano fondato la Superlega e che, ancora oggi, non hanno abbandonato il proposito di portare avanti il progetto. Anche nelle ultime ore, sono filtrate notizie di possibili sanzioni, finanche particolarmente pesanti, a quei club che continueranno a non riconoscere pubblicamente l’errore e che rimarranno favorevoli alla creazione di un campionato europeo. Si va da una serie di sanzioni pecuniarie (che dovrebbero inerire principalmente i club inglesi, ossia i primi a fuoriuscire dal progetto), fino alla minaccia di una possibile esclusione dalle coppe europee per due anni a quei club che dovessero rimanere fermi sulle proprie convinzioni (si tratta del Real Madrid, del Barcellona, della Juventus e del Milan). In controtendenza rispetto a Ceferin invece, il presidente della FIFA Gianni Infantino ha rilasciato una serie di dichiarazioni distensive, improntate ad un dialogo costruttivo nonché alla volontà di prendere atto come l’attuale momento del calcio, a tutti i livelli, richieda uno sforzo di comprensione reciproco fra istituzioni sportive e club. “Certe sanzioni potrebbero avere conseguenze importanti e poi bisognerebbe prendersene la responsabilità. C'è da capire di che provvedimenti si parli, sento dire che bisogna punire i club, ma questo potrebbe voler dire castigare anche i calciatori, gli allenatori e i tifosi delle società coinvolte che non hanno nulla a che spartire con il progetto della Superlega; è compito delle istituzioni nazionali, poi dell'Uefa e quindi della Fifa, prendere le decisioni opportune. Io, anche nelle situazioni più delicate, sono per il dialogo e non per i conflitti. Dobbiamo evitare di parlare di guerra quando si parla di calcio, soprattutto in un momento come questo in cui tutto il mondo fa i conti con una pandemia senza precedenti”.

 (Photo by Francois Nel/Getty Images)

Il presidente Infantino non si è poi sottratto dal dare un’elegantissima punzecchiatura, eseguita con il consueto stile, al baldanzoso presidente dell’UEFA. “Un leader deve anche chiedersi perché siamo arrivati a questo. E, da lì, come possiamo costruire il futuro insieme. Per questo dobbiamo ascoltare tutti, ma soprattutto i tifosi, che sono il vero cuore del calcio”. La questione di fondo è molto semplice: il sistema, a tutti i livelli, dovrebbe prendere atto che la nascita della Superlega non era la causa di tutti i mali del calcio, bensì ne era soltanto la conseguenza più estrema. Bisogna avere la lucidità di analizzare interamente l’iceberg e non limitarsi e vederne soltanto la punta. Infantino dimostra di aver compreso pienamente questo concetto, mentre Ceferin continua imperterrito nella sua santa inquisizione contro i club fondatori della Superlega che, non a caso, vengono definiti “club ribelli”. Questa discrasia fra FIFA e UEFA dipende da molte ragioni. In primis, certamente, da un approccio ideologico diverso (pragmatico e aperto quello di Infantino, inquisitorio e talebano quello di Ceferin). Ci sono però anche altre motivazioni che è opportuno analizzare in profondità per comprendere l’attuale scenario del calcio mondiale. Di sicuro, Infantino ha letto con attenzione la misura cautelare emessa dal Tribunale di Madrid nella quale, testualmente, viene ordinato “alla FIFA e alla UEFA di astenersi dall’adottare qualsiasi provvedimento o azione, nonché di rilasciare qualunque dichiarazione o comunicazione che impedisca o ostacoli, direttamente o indirettamente, la predisposizione di una Superlega”. Ceferin si fa forte del fatto che le Federazioni nazionali approveranno nel breve alcune norme che non consentiranno la partecipazione ai campionati nazionali di quelle squadre che scelgono di partecipare a manifestazioni non riconosciute da UEFA e FIFA. In Italia, per esempio, ciò è già avvenuto da pochi giorni, con l’adozione dell’art. 16 dello statuto della FIGC, che va ad incidere sulla decadenza dell’affiliazione nel caso di partecipazione di un club ad una ipotetica Superlega. Perché allora questo contrasto di posizioni fra Infantino e Ceferin, entrambi oppositori fin da principio del progetto Superlega? Il presidente della FIFA, a differenza di quello dell’UEFA, si rende perfettamente conto che l’esistenza di una norma, ex sé, non può rappresentare una garanzia per le istituzioni del calcio mondiale, soprattutto se è vero, come è vero, che questo tipo di norme sono apertamente contrastanti con l’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che salvaguardia e tutela il principio di libera concorrenza. Sul tema, d’altronde, le istituzioni comunitarie si sono già pronunciate e l’hanno fatto in modo alquanto perentorio. Un anno e mezzo fa infatti l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sanzionato la FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) per abuso di posizione dominante nei confronti di organizzazioni sportive concorrenti.

L’AGCM ha accertato che “la strategia anticoncorrenziale si è realizzata mediante l’adozione di nuovi regolamenti maggiormente restrittivi, l’invio di lettere di diffida - a circoli, EPS, associazioni e, in generale, operatori del settore- volte ad impedire lo svolgimento di manifestazioni amatoriali di cui la Federazione asserisce la natura agonistica - e la mancata stipula di convenzioni con gli EPS e le altre società ed associazioni sportive, con cui regolare lo svolgimento dell'attività amatoriale e/o agonistica. In tal modo la FISE ha ristretto in maniera sostanziale la possibilità di svolgere l'attività amatoriale, limitando fortemente l'ambito di operatività degli altri concorrenti ed ampliando la propria sfera di attività”. Prima che si giungesse all’accertamento formale dell’ingiunzione, la FISE, ben consigliata in tal senso dai propri avvocati, ha accettato di modificare il suo statuto, consentendo ai tesserati FISE di partecipare anche a tornei non sotto l'egida della Federazione Nazionale Sport Equestri. In sostanza qualsiasi norma restrittiva da parte di un organo federale nazionale arriva ad integrare un abuso di posizione dominante ed a violare il principio di concorrenza difeso e sostenuto dall’art. 102 del TFUE. Sanzionare in maniera punitiva non conviene pertanto né alla FIFA, né all’UEFA; entrambe avrebbero soltanto da perdere in una contesa legale contro i club che non hanno soltanto un pronunciamento di un Tribunale ordinario a proprio favore, ma anche una norma dell’ordinamento comunitario la cui violazione è già stata sanzionata per situazioni analoghe in altri sport. L’unica possibilità reale per uscire da questa stasi prolungata, va quindi cercata nel dialogo fra le parti, aspetto che è stato perfettamente colto da Infantino e che, invece, in maniera quasi puerile, viene negato da Ceferin. Affinché il dialogo fra le parti sia fruttuoso, è opportuno mettere in un angolo le posizioni di bandiera e porre al centro dell’attenzione la riforma della Champions League in un senso diverso da quello che è stato previsto dal 2024 in poi, con lo sconsiderato aumento del numero delle squadre partecipanti da 32 a 36. Appare necessario riportare al centro del dibattito e dei ragionamenti il tema della meritocrazia (accantonato maldestramente dai creatori dalla Superlega) coniugandolo con quello dell’inefficienza del sistema (sul quale da troppo tempo le istituzioni del calcio fanno orecchie da mercate) e con l’esigenza primaria di trovare un format innovativo che fornisca garanzie di maggiori ricavi ai club.

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