editoriali

Un mercato razionale: ecco perchè il mercato Milan non poteva far sognare…

I rossoneri alle prese con le logiche economiche nell'era del Financial Fair Play

Analisi generale del mercato del Milan alla luce di due diverse necessità, la prima di natura contabile indotta dal FPF (creare una squadra senza alzare i costi di ammortamento e diminuendo i costi degli ingaggi) e la seconda di natura tecnica,...

Redazione DDD

di Max Bambara -

Prima di dare un giudizio su qualcosa è sempre opportuno vagliare e considerare il contesto in cui la stessa si esplica. A tale regola di carattere generale non si sottrae il mercato del Milan, oggetto di molte analisi spesso spietate e figlie di un presupposto errato: il club infatti, piaccia o meno, non è libero da vincoli sul mercato e non può operare esclusivamente in base ai propri convincimenti ed alle proprie intuizioni. Deve ragionare in un’ottica contabile estremamente prudenziale, deve tenere sotto controllo il costo degli ammortamenti, non può fare minusvalenze, deve anzi realizzare delle plusvalenze ed è tenuto addirittura a diminuire l’impatto a bilancio del monte-ingaggi complessivo.

L’obiettivo finale non è soltanto il rafforzamento della squadra, ma anche quello di rientrare in quei famosi parametri del FPF con i quali, se tutto andrà bene, nella primavera del 2020 il Milan sarà nuovamente costretto a fare i conti. Il mercato del Milan insomma, tutto è meno che un esercizio di mera competenza tecnica. Boban, Maldini e Massara non possono scegliere un giocatore esclusivamente sulla base del valore dimostrato sul campo. I dirigenti rossoneri non hanno la libertà di andare a prendere un giocatore ritenuto adatto per la crescita della squadra e per le caratteristiche richieste da Mister Giampaolo, senza curarsi del suo costo complessivo.

Non possono altresì chiedere alla proprietà un sacrificio per arrivare a prendere un giocatore importante, perché sanno che la disponibilità finanziaria c’è ed è assoluta (5 acquisti con pagamento cash con 5 contratti quinquennali), ma le esigenze contabili non dipendono dal fondo Elliott. Per questo sognare i Modric e gli Icardi non ha senso ed è un esercizio di mera irrealtà. Boban, Maldini e Massara sono costretti a contemperare le necessità tecniche con le tematiche contabili relative al bilancio di esercizio corrente che, nelle previsioni, dovrà chiudere con un passivo molto inferiore rispetto all’ultimo deficit di bilancio, di poco superiore ai 120 milioni di euro ed interamente ripianato dalla proprietà americana qualche mese fa.

Proprio nella giornata di ieri, il quotidiano Milano Finanza evidenziava l’inadeguatezza della visione opaca sul FPF impressa da Ceferin a far data dal settembre del 2016: ciò ha comportato un grave vulnus al concetto di libertà d’iniziativa di una proprietà nel calcio che, nei fatti, viene inibita dall’immettere soldi nel proprio club per finanziarne il rafforzamento. Nonostante questo e pur dovendo rispettare un corpo di norme intollerabilmente ostili alla libertà d’impresa (“dura lex, sed lex”) il Milan, al 23 di agosto, ha già fatto molto, sia in entrata sia in uscita. La squadra è completa in ogni ruolo, avendo due alternative per esso, ad eccezione di una seconda punta che, probabilmente, arriverà al fotofinish.

Ad oggi ci sono soltanto tre giocatori in lista partenti. Uno di essi, Laxalt, pare anche molto vicino all’Atalanta. Se il mercato chiudesse oggi quindi, il Milan avrebbe soltanto un giocatore in esubero, fuori dalla lista dei 25 per il campionato, probabilmente il terzino Ivan Strinic, ottimo e sfortunato professionista che va ormai verso l'ufficializzazione della rescissione. Se pertanto la dirigenza rossonera dovesse riuscire a prendere anche la seconda punta mancante entro la fine del mercato estivo, al di là dei giudizi di valore (variabili e mai scontati), bisognerà evidenziare un aspetto preponderante del calciomercato del club, che acquista pregnanza in relazione allo scenario in cui il Milan ha dovuto, suo malgrado, operare.

La campagna acquisti e cessioni è stata infatti condotta con logica cristallina, seguendo un criterio razionale nella valutazione dei giocatori e riuscendo a creare un organico completo, più funzionale rispetto a quello della scorsa stagione, con due alternative per ruolo e con un aumento complessivo del valore tecnico del parco giocatori. Il Milan ha scelto un allenatore didatta col gusto del gioco, al posto di un tecnico preparato, ma ancora in formazione, come Rino Gattuso. Ciò ha portato ha scelte coerenti e copernicane dal punto di vista tecnico che vanno nella direzione tendenziale degli ultimi campionati di Serie A: meglio prendere qualche rete in più, perché solo segnando tanto aumentano le possibilità di andare in CL.

E’ stato così preso un regista vero al posto di un mediano davanti alla difesa (Bennacer per Bakayoko), un terzino sinistro molto offensivo come Theo Hernandez, una punta tecnica (Rafael Leao) al posto di un attaccante d’area come Cutrone ed è stata data una nuova dimensione a Suso, non più esterno atipico, bensì trequartista al centro del gioco. Questi sono stati i perni di una visione del calcio improntata ad aumentare la qualità del tocco ed il numero dei gol complessivi che, anche nella scorsa stagione, è stato troppo basso per poter ambire al ritorno in Champions League. L’ultima volta infatti che il Milan è andato in Champions League (era la stagione 2012-13 e c’era ancora Massimiliano Allegri come allenatore), quella squadra arrivò terza riuscendo a fare 67 gol in campionato, con tre giocatori in doppia cifra (Balotelli, El Shaarawy e Pazzini).

Poi, negli anni successivi, il Milan non ha mai superato quota 60 reti in campionato (cifra massima raggiunta 57) ed ha sempre avuto soltanto un giocatore in doppia cifra. Balotelli (18) nel 2013-14, Menez (16) nel 2014-15, Bacca nei due anni successivi (18 e poi 13), Cutrone (10) nel 2017-18, Higuain e Piatek (6+8) nell’ultima stagione. Sempre la prima punta, solo la prima punta. La morale della favola degli ultimi 6 anni è che per raggiungere l’obiettivo della qualificazione alla Champions League bisogna fare un tipo di calcio maggiormente offensivo, con interpreti più tecnici ed è necessario avere almeno 2 giocatori (se non 3) capaci di arrivare in doppia cifra sul piano realizzativo. La campagna di rafforzamento del Milan si è implementata lungo questa direttrice.

Dire oggi se basterà o meno tutto questo per raggiungere l’agognato obiettivo stagionale non è possibile perché le variabili sono tante, soprattutto quando una squadra è molto giovane. Tuttavia, considerato lo scenario in cui il Milan si è dovuto muovere, va sottolineata la linea tecnica perseguita di concerto con quella contabile.

 

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