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EPOCHE E METODI DIVERSISSIMI

Un paragone antistorico: il Milan di Berlusconi e il PSG degli sceicchi, due universi molto lontani

MILAN, ITALY - NOVEMBER 20:  President FC Milan Silvio Berlusconi attends prior to the Serie A match between AC Milan and FC Internazionale at Stadio Giuseppe Meazza on November 20, 2016 in Milan, Italy.  (Photo by Claudio Villa - Inter/FC Internazionale via Getty Images)

L'Uefa che recepisce il Psg di oggi è ben diversa, politicamente, da quella che "accolse" il Milan di Berlusconi

Redazione DDD

di Max Bambara -

Diventa opportuno chiarire un concetto a tutti quegli sportivi che hanno paragonato l’attuale condotta sul mercato del PSG con quella del primo Berlusconi nel Milan. Chi afferma ciò racconta una duplice menzogna, sia sul piano fattuale, sia sul piano meramente storico. In primis bisogna ricordare come il Milan di Berlusconi abbia sempre trovato un grande oppositore nell’UEFA, a differenza del PSG di oggi che, invece, vive di rapporti consolidati, chiacchierati e sin troppo cordiali fra il suo presidente e l’attuale presidente dell’UEFA. Il Milan di Silvio Berlusconi vinse la Coppa dei Campioni 1989 dopo una serie di arbitraggi che definire sgraditi diventa un pallido eufemismo, con vari palloni oltre la riga di porta non visti e con decisioni ai limiti della soglia di tolleranza. D’altronde il presidente rossonero dell’epoca si era “macchiato” della colpa di prefigurare la nascita di una Superlega già nell’estate del 1988 e questo, ai parrucconi dell’UEFA, non era per nulla piaciuto.

 (Photo by Alexander Hassenstein/Getty Images)

La Champions League che nacque nell’estate del 1992 fu il risultato di quella felice intuizione berlusconiana di fine anni 80 e di una complessa mediazione tra le esigenze dei club e quelle del massimo organo calcistico europeo. In secondo luogo bisogna sfatare il mito del Milan di Berlusconi che ha vinto grazie ai soldi del suo presidente: ciò viene ripetuto a menadito da chi quel Milan non lo ha vissuto (per ragioni anagrafiche) o da chi quel Milan lo ha osteggiato (per ragioni politiche). Quel Milan vinse anche grazie alla disponibilità economica di Berlusconi, ma soprattutto grazie alle sue idee, al suo spirito innovativo, alle sue visioni, alla capacità di coniugare nel Milan il senso della famiglia con l’efficienza di un’azienda. Qualche esempio diviene utile per dare una dimensione a ciò che scriviamo: nell’estate del 1987, il Milan pagò Marco Van Basten meno di 2 miliardi di lire. In quella stessa estate la Juventus di Agnelli pagò Jan Rush 7 miliardi di lire. Nell’estate del 1992 il Milan pagò il pallone d’oro Papin 14 miliardi di lire; nella stessa estate Gianluca Vialli si spostò dalla Sampdoria per una valutazione complessiva di 42 miliardi di lire (fra soldi e giocatori).

Nel 1999 il Milan prese Shevchenko per 47 milioni di euro; in quella stessa sessione di mercato l’Inter spese praticamente il doppio per Bobo Vieri. Ancora nell’estate del 2003 il Milan pagò Kakà 8 milioni di euro, mentre il Real Madrid spese 35 milioni di euro per David Beckham. Senza dubbio i soldi sono stati importanti per creare la leggenda del Milan berlusconiano, ma dire che siano stati fondamentali, quasi ragione esclusiva di quel Milan, costituisce uno dei falsi storici più clamorosi. Nei suoi primi dieci anni di presidenza, il Milan di Silvio Berlusconi giocò 5 finali di Coppa dei Campioni, vincendone 3 e riuscendo a portare a casa, in totale, 8 trofei internazionali (comprese tre supercoppe europee e due coppe intercontinentali). Nei suoi primi dieci anni di presidenza invece, il PSG degli sceicchi del Qatar ha portato a casa una sola finale di Champions League ed uno zero che fa rumore nella casellina dei titoli internazionali conquistati.

I soldi possono comprare i migliori giocatori, ma non sono in grado di acquistare le idee, lo spirito, quei valori che portano un club ad avere una missione legata ad una visione. In una parola, i soldi non possono comprare l’anima e da soli non sono capaci di creare la leggenda, né di fare la storia.

 

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