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Budapest, Sannino bloccato in Ungheria: “Sono stanco, chissà quando potrò tornare a Varese…”

WATFORD, ENGLAND - DECEMBER 29:  Watford manager Giuseppe Sannino during the Sky Bet Championship match between Watford and Queens Park Rangers at Vicarage Road on December 29, 2013 in Watford, England,  (Photo by Richard Heathcote/Getty Images)

La confessione-choc dell'allenatore italiano della Honved Budapest

Redazione DDD

 un brutto momento. Non nascondo che sto in ansia, qui è appena arrivata la comunicazione della federcalcio ungherese che il campionato è sospeso e non sì sa quando ricominceremo. E io non so quando potrò tornare a Varese dai miei due figli e i miei due nipoti". Al telefono da Budapest, Giuseppe Sannino, 63 anni, attuale allenatore della Honvéd, racconta ad Avvenire la sua situazione: «Mercoledì scorso ci siamo qua-lificati per la semifinale, ma chissà quando la giocheremo?».

Nella Honved gioca anche Davide Lanzafame, 32 anni, e il suo rendimento è buonissimo come conferma Sannino: "Peccato infatti, Lanzafame stava facendo benissimo... Ma ormai il calcio conta assai poco dinanzi a questo scenario da “guerra mondiale. Sono stanco, è dal 27 di febbraio che vengo trattato come un “appestato”, con la mia foto sbandierata sui siti di tutto il mondo. Ero stato a trovare la mia famiglia e al rientro quando sono atterrato a Budapest mi hanno preso e sottoposto a una serie di controlli sanitari. Niente febbre, vado a casa e all’indomani mi presento puntuale al campo per riprendere gli allenamenti, ma lì mi arriva il diktat: in quanto italiano dovevo mettermi immediatamente in quarantena. Cosa che ho fatto. Mi hanno sottoposto al tampone: negativo, però sono rimasto lo stesso quindici giorni in isolamento, senza vedere nessuno e senza poter andare in panchina. Uno strazio. Ma adesso con questo stop la situazione è ancora più preoccupante".

Ancora Sannino: "Fino a cinque giorni fa a Budapest la vita scorreva quasi regolarmente. Bar e ristoranti aperti. Poi hanno chiuso le scuole, e adesso, giustamente, anche il calcio. Non aveva più senso vedere questi ragazzi che in campo non riuscivano neppure più a darsi la mano e che si marcavano a un metro di distanza per paura del contagio. Loro sono stati i primi a chiudersi in casa appena hanno capito che il clima stava cambiando. E ieri tutti hanno preso le loro cose dallo spogliatoio e con la tristezza nel cuore ci siamo salutati dandoci appuntamento a non so quando".

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