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Matuzalem: “Ho dato il sangue per la Lazio a Pechino, ma che rivalità nei derby ucraini fra Shakhtar e Dinamo Kiev!”

GELSENKIRCHEN, GERMANY - FEBRUARY 24:  UEFA Pokal 04/05, Gelsenkirchen, 24.02.05; FC Schalke 04 - FC Shaktar Donezk 0:1; Frank ROST ging in den letzten Minuten nach vorne und versucht das Tor we auch AiLTON zu treffen/Schalke, MATUZALEM ,Tomas HUEBSCHMAN und Torwart Jan LASTUVKA  (Photo by Christof Koepsel/Bongarts/Getty Images)

L’ex centrocampista si racconta tra passato e futuro

Davide Capano

Francelino Matuzalem ha parlato in una diretta Instagram con Sottoporta del passato e dei progetti futuri. L’ex giocatore, tra le altre di Verona, Bologna, Genoa, Lazio, Brescia, Piacenza e Napoli ha raccontato gli inizi in Brasile per strada, il suo stile di gioco, i derby brasiliani in Ucraina, la Champions League con lo Shakhtar Donetsk e la rete in Supercoppa Italiana contro l’Inter di Mourinho.

“Con la maglia della Lazio contro l’Inter a Pechino segno il gol più brutto della mia carriera – nota il 39enne brasiliano –ma è stato importante per vincere poi la Supercoppa. Il rimpallo vincente in faccia dopo la parata di Julio Cesar mi ha spaccato la bocca, mi usciva proprio sangue. Nei bagni dei spogliatoi ogni tanto fumavo. Io fumo da quando avevo 15 anni ma giusto qualche sigaretta. Giusto qualche sigaretta, anche altri lo facevano, siamo come la gente normale e quello era un modo di fare gruppo”.

“Con i miei amici giocavo per strada. Ho iniziato da mezza punta – rivela – ma in Primavera un allenatore mi sposta davanti la difesa e lì cambia tutto. Fare il mediano mi è sempre piaciuto, sei al centro del gioco. Appena finisce tutto questo, qui in Brasile vorrei aprire una scuola calcio per i ragazzini, non tanto per farli diventare dei calciatori professionisti ma per toglierli da una brutta strada, fargli evitare una brutta fine”.

“Io non giocavo per far male – confida ‘Il Professore’ –, fuori magari sono buono ma in campo mi trasformavo, il mio stile e il mio carattere erano così, avevo tanto agonismo. Il ruolo poi era quello, dovevo ostruire e fermare l’azione. Il calcio prende e ti dà. In Spagna per esempio un’entrata di Yaya Touré mi costò sei mesi. Con Brocchi e Krstičić non abbiamo mai avuto problemi. Qualcuno ti ama, qualcuno ti odia, non mi importava il giudizio della gente, io andavo dritto per la mia strada”.

Non manca un ricordo dell’esperienza allo Shakthar: “Il calcio in Ucraina era uno svago, ma lì fa veramente freddo. Io avevo il desiderio di giocare in Champions League e quella doppietta contro il Celtic è stata storica per il club. La partita contro la Dinamo è molto sentita ovviamente, però non era una questione di maglia. La vera sfida era tra di noi brasiliani: noi dello Shakthar contro quelli della Dinamo, si giocava per l’orgoglio di non perdere contro i tuoi connazionali. Anche se fuori dal campo eravamo tutti amici”.

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