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CAPU…T DERBY – L’Inter, Lukaku e i terroristi

CAPU…T DERBY – L’Inter, Lukaku e i terroristi

Stagione anomala e crisi economica: l'Inter non è l’unica a vivere queste situazioni, ma è compromessa più di altre.

Redazione DDD

di Giovanni Capuano -

C’è stato un lungo tempo in cui parlare dell’anomalia Inter, in una stagione complessa per tutti, era considerato terrorismo. Nella migliore delle ipotesi un tentativo maldestro di destabilizzare una squadra che nemmeno un carro armato avrebbe fermato e che, infatti, nessuno ha destabilizzato o fermato. Nemmeno le voci da dentro servivano a sollevare il velo; non i silenzi di Conte e le parole di Marotta. Tutti terroristi quelli (pochi) che provavano a mettere in fila i numeri e, non negando la crisi trasversale per tutti i club, tentavano di spiegare che il gioco di Zhang sulla pelle dell’Inter era un gioco pericoloso.

 La rubrica di Giovanni Capuano

Poi è arrivato l’addio di Conte, ma la rapidità su Inzaghi ha parato il colpo. Quindi è toccato ad Hakimi, però la logica del “si deve fare qualche sacrificio pur senza indebolire” poteva reggere ed è stata spiegata. Infine Lukaku. Ecco, non c’è nessuna possibile copertura per la cessione dell’uomo squadra e progetto a venti giorni da via della stagione. Le offerte irrinunciabili non esistono a patto di poterle rifiutare. Cosa che, per ordine di Zhang, difficilmente Marotta potrà fare ma qui si torna all’inizio e cioè alla chiarezza che è sempre mancata in una stagione anomala e all’opacità con cui l’Inter ha vissuto per mesi sul filo del rasoio.

Il Borussia Dortmund ha ricevuto la stessa offerta per Haaland ma ha detto “no, grazie” pur sapendo che tra un anno lo perderà a 75 milioni, dunque rinunciando a una cifra nettamente superiore. Lo ha fatto perché ha ragionato da società e da squadra, sapendo che farlo partire avrebbe azzerato il progetto. Se l’Inter pensa ancora da società calcistica deve dire “no, grazie”. Oppure prendere 130 milioni e riversarli su un top in un mercato in cui chi ha i soldi comanda. Altrimenti sono favole sulla pelle del tifosi che per mesi si sono fidati di chi gli raccontava che in giro c’erano i buoni da una parte, la loro, e dall’altra i cattivi, ovvero quei (pochi) che semplicemente cercavano di mettere in fila i numeri.

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