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OGGI E UN ANNO FA

CAPU…T DERBY – Perché Pioli non è Conte

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La pretesa di considerare un fallimento il quarto posto del Milan e gli accecati dal tifo che lo paragonano all'Inter di un anno fa

Redazione DDD

di Giovanni Capuano -

C’è chi, accecato dal tifo e da una buona dose di malafede calcistica, insiste per paragonare l’eliminazione dall’Europa (tutta) del Milan di Pioli alla sorte identica che toccò un anno fa all’Inter di Conte. Spinge perché si applichi ai rossoneri la stessa definizione di “fallimento” che allora accompagnò il quarto posto dei nerazzurri, incapaci di battere lo Shakhtar a San Siro nel match decisivo, spartiacque del girone. Due quarti posti che, secondo gli accecati dal tifo, possono essere messi a paragone dimenticando il contesto in cui sono maturati, gli avversari e lo stato del percorso di crescita delle due milanesi dentro la loro storia recente.

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Come se uscire eliminati da Liverpool, Atletico Madrid e Porto in un gruppo della morte possa essere messo alla pari con il fare la stessa fine contro Real Madrid, Borussia Moenchengladbach e Shakhtar Donetsk, riuscendo nell’impresa di vincere una sola partita su sei. Al terzo tentativo in Champions League e dopo una finale di Europa League persa pochi mesi prima. Con un gruppo costruito per vincere, almeno in Italia, come poi è stato grazie alla marcia trionfale imposta da Conte fino allo scudetto. La fotografia esatta del valore di una squadra fortissima e quindi deludente nel mancare l’accesso alla seconda parte della stagione nell’Europa che conta trovandosi addirittura fuori da tutto.

Gli accecati dal tifo dimenticano come lo scivolone europeo di Spalletti, terzo al ritorno in Champions dopo una vita e dentro un girone di ferro (Barcellona quello vero, Tottenham poi finalista e PSV), non fu accompagnato da critiche feroci, anche se condizionato dall’aver mancato la vittoria decisiva a San Siro contro gli olandesi quando tutto sembrava apparecchiato per la qualificazione. E anche il Conte 1, fuori contro Barcellona-Borussia Dortmund-Slavia Praga, non si vide appiccicare l’etichetta di “fallimento”, seppure i margini per andare avanti ci fossero tutti. La finale d’Europa League dell’estate successiva, divenne così un ulteriore passo nel processo di crescita dell’Inter e anche per questo il quarto posto successivo fu accolto senza alcuna sponda alle giustificazioni del tecnico a proposito di arbitri e valore degli avversari.

E siamo al Pioli di oggi che si vorrebbe far passare per colpevole di fallimento. La campagna europea del Milan è stata dignitosa, in linea con il momento del club e della squadra, con anche qualcosa da ridire a proposito di episodi che hanno contribuito a tagliargli le gambe. Basterebbe un minimo di onestà intellettuale per comprendere come non possa essere la fine di un percorso, ma solo una tappa. Affrontata con la mentalità giusta, visto che nessuno ha cercato la via d’uscita da tutto a dicembre pensando così di poter lucrare un vantaggio in campionato. Dove ora il Milan ha l’obbligo di correre fino in fondo per lo scudetto, non l’obbligo di vincerlo, a differenza di quanto valeva un anno fa per Conte e per la sua Inter disegnata apposta per quel traguardo.

Questa è cronaca, se va di leggerla con un minimo di sereno distacco. Il resto sono chiacchiere accecate dal tifo e da un pizzico di malsana malafede calcistica. Qualcuno si spinse a definirla “prostituzione intellettuale” e, forse, non aveva torto.

PS - Chi scrive anticipa che non potrà eventualmente essere etichettata come "fallimento" un'eventuale eliminazione dell'Inter dell'Inzaghi 1 negli ottavi di finale. Con i possibili distinguo rispetto all'avversario (al momento ignoto) e al contesto stagione di febbraio e marzo. Ma merita di essere dichiarato per tempo, essendo quello del nuovo tecnico dell'Inter l'inizio di un percorso.

 

 

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