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IL PADRE DI TUTTI I TELECRONISTI

DDD Story – “Da San Siro, è Nicolò Carosio che vi parla…”

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L’ha salvato la Cresima di suo figlio. Nicolò Carosio doveva essere su quell’aereo che, partito da Lisbona, stava riportando a casa il Grande Torino. Era il maggio 1949 e l’aereo è finito contro la collina di Superga. Tutti morti.

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Nato nel 1097 e morto nel 1984, è ricordato ancora per le sue mitiche radiocronache. Figlio di un ispettore di dogana di una pianista maltese, scopre l’Inghilterra proprio grazie alle madre. E a Londra, poco più che ventenne, sente alla radio il commento di una partita che si è appena conclusa. Così gli viene un’idea: perché non commentarla in diretta? Torna in Italia e si propone all’Eiar (la Rai di allora). Gli fanno un provino. Lui, sui due piedi, si inventa un derby Juve-Torino, parla per venticinque minuti, la gara immaginaria finisce 5-5. Lo prendono all’istante, ma come collaboratore (lui era un dipendente della Shell). Debutta il 1 gennaio 1933, a Bologna, amichevole Italia-Germania. Vorrebbe usare i termini inglesi del calcio, ma il fascismo glielo vieta. E così, il “gol” diventa “rete”, il “corner” è un “calcio d’angolo”, il “cross” un “traversone”. In più non ci sono i numeri sulle maglie e Carosio va spesso negli alberghi, prima delle gare, per memorizzare i volti dei giocatori (poi, qualche errore scappa sempre, ovvio).

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Nel 1960 la Rai comincia a trasmettere “Tutto il calcio minuto per minuto”. C’è un radiocronista per ogni stadio. Il collegamento inizia solo con il secondo tempo delle partite. Con Carosio ci sono Ameri, Ciotti, Bortoluzzi e un giovane Bruno Pizzul. Ci mette calore e passione nelle sue descrizioni. La partita è moscia? “Ma dove siamo? Questo è calcio da salotto”. Rivera cade a terra? “Poche storie, alzarsi e correre”. E su Gigi Meroni, estroso giocatore del Torino, che porta i capelli lunghi, dice: “Tagliarsi i capelli, così il pallone non lo vedi”. Mitiche, comunque, le sue telecronache delle finali di Coppa Campioni (a metà degli anni ’60) che vedono vincitrici il Milan e l’Inter. Nel 1965 una gaffe passata alla storia. In Nazionale si fa male Pascutti, entra Gigi Riva (è il suo debutto) che porta sulla maglia il numero 16. Per un errore, nella distinta il 16 è attribuito a Gigi Simoni e Carosio chiama “Simoni” quello che diventerà il “Giggiriva” nazionale.

Poi l’incidente che gli fa perdere il posto alla Rai. E’ il 1970, ci sono i Mondiali in Messico. Di fronte Italia e Israele (finirà 0-0). Segna Riva, l’arbitro convalida, il segnalinee etiope Seyoum Tarekegn vede un fuorigioco, gol annullato. Carosio viene accusato di aver definito “negraccio” il guardalinee. Insorge l’ambasciata etiope. La Rai è chiamata a prendere provvedimenti e da quel momento, affida le cronache della Nazionale a Nando Martellini. Basta, per Carosio è finita, il contratto di collaborazione viene sciolto. Lui passerà a qualche tivù locale. Però le polemiche per quell’episodio vanno avanti per anni. La Rai, e questo è il problema, non ha la bobina con la registrazione (allora non si usava) e saltano fuori altre versioni. Pare che Carosio abbia detto solo “ma che fa l’etiope”?. I giornali scrivono “Il Negus si è vendicato”, con riferimento al 1935, quando l’Italia invade l’Etiopia e il Negus (Hailè Salassiè) era il capo di quello Stato. Comunque l’Italia dimentica in fretta Carosio. Se ne ricordano però a Palermo, sua citta natale. Nel 1975 c’è in programma Reggiana-Palermo. Carosio va a Reggio Emilia e racconta la gara. Alla Favorita arrivano in 15 mila ad ascoltare la sua cronaca dagli altoparlanti dello stadio.

 

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