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L'ESTATE DI GIANNI MORANDI E ORNELLA VANONI...

DDD Story – Estate 1966, tutti nelle pensioni con la sala tv: c’è Italia-Corea…

19th July 1966:  North Korean forward Pak Doo Ik (left) scores from 20 yards out during North Korea's World Cup match against Italy at Ayresome Park, Middlesbrough. Korea won the match 1-0, progressed to the knockout stage, but were defeated 5-3 by Portugal.  (Photo by Central Press/Getty Images)

Altro che Ridolini...

Redazione DDD

di Luigi Furini -

“C’era un ragazzo che come me / amava i Beatles e i Rolling Stones. Girava il mondo, veniva da / gli Stati Uniti d’America”. E’ l’estate 1966, Gianni Morandi canta la storia di un giovane americano, richiamato a casa e spedito a combattere in Vietnam. L’Equipe 84 suona “Bang Bang” e Ornella Vanoni è gettonata per “Io ti darò di più”. E’ un’Italia che sembra non avere pensieri. Adesso i giornali, quando richiamano quegli anni, la chiamano “Italietta”. Chissà perché. Si va in vacanza, in Romagna o in Liguria. Mancano veri e propri alberghi. Ci sono le pensioni, molte hanno il bagno in corridoio. Però tutte hanno il salone TV, ovvero la sala dove si può vedere la televisione (solo gli hotel a cinque stelle, forse, avevano la tivù in ogni camera). E chi non ce l’ha, il televisore, se lo deve procurare. Ci sono i Mondiali di calcio in Inghilterra. La Rai trasmette in diretta le partite e, di ritorno dalla spiaggia, ci mettiamo davanti al video, sistemato su uno scaffale alto alto, che lo devono vedere anche in fondo. E poi, in quei locali, si poteva fumare, anzi, quasi si doveva fumare. Non c’era adulto che non avesse in tasca le Nazionali, quelle da “esportazione” con il pacchetto verde.

 (Photo by Koki Nagahama/Getty Images)

Alla prima partita liquidiamo il Cile, reti di Mazzola e Barison. Il Ct Edmondo Fabbri, è un po’ arrabbiato con l’Inter (che ha appena vinto il campionato) e con il suo presidente Moratti. Pare che Moratti l’avesse contattato per la panchina, ma poi aveva scelto Herrera. E lui, Fabbri, per ripicca, porta in azzurro tutto il centrocampo del Bologna: Janich, Perani, Fogli, Bulgarelli. In attacco, al fianco di Rivera e Mazzola, Paolo Barison, ala sinistra della Roma. In quel Mondiale, però, gli occhi sono tutti per la Corea del Nord. La guerra, contro la Corea del Sud, è appena finita ma la tensione internazionale è altissima. E i coreani, quelli del nord, finiscono nel nostro girone. Arrivano in Inghilterra senza aver mai giocato una partita in notturna, sono spaesati. Saranno la squadra materasso? Pare di sì, perché alla prima partita prendono tre gol dall’Unione Sovietica. Poi, però, pareggiano contro il Cile e il 19 luglio, alle 19,30, scendono in campo contro l’Italia. La storia del dentista Pak-Doo-Ik è stata raccontata mille volte da tivù e giornali. E’ lui che segna, con un tiro dal limite dell’area, e ci elimina. Da quel giorno, la parola Corea, nel nostro calcio, diventa sinonimo di disfatta.

In pochi giorni la Federcalcio corre ai ripari: Fabbri licenziato e blocco delle frontiere. Per far crescere i nostri talenti, questo è il pensiero, si deve impedire l’arrivo di giocatori stranieri. E la Corea in Inghilterra? Alla partita successiva perde (5-3) contro il Portogallo e finisce la sua avventura. Ah, quel ragazzo della canzone di Morandi “capelli lunghi non porta più. Nel suo Paese non tornerà. Adesso è morto nel Vietnam. Tata… tata”. (e questo è il rumore del mitra)

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