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DDD Story – I compressori per frigoriferi nella trattativa Anastasi fra Juve e Varese

ASCOLI, ITALY - MAY, 04: Ascoli player Pietro Anastasi during Ascoli - juventus  on May 04, 1980 in Ascoli, Italy. (Photo by Juventus FC - Archive/Juventus FC via Getty Images)

Pelé bianco, Pietruzzu, tutti i soprannomi di Anastasi

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Tutta colpa dei compressori. La Fiat li produce e la Ignis (frigoriferi) ne ha bisogno. Così l’avvocato Agnelli manda un emissario per portare Pietro Anastasi dal Varese alla Juventus, ma oltre ai soldi del castellino, regala a Giovanni Borghi (patron della Ignis e del Varese calcio) anche i compressori per i frigoriferi. E l’affare va in porto. E’ l’estate del 1968. In quel pomeriggio di fine stagione, a San Siro giocano un’amichevole Inter e Roma. Anastasi è virtualmente nerazzurro e gioca con Mazzola e compagni. Nell’intervallo incontra un fotografo negli spogliatoi e questo gli dice: “Pietro, ti ha preso la Juventus”. Anastasi è felice a metà. Gli piace, perché lui è tifoso bianconero, gli spiace perché Torino è più distante da Varese, dove si è stabilito e ha messo su famiglia.

 (Photo by Juventus FC - Archive/Juventus FC via Getty Images)

(Photo by Juventus FC - Archive/Juventus FC via Getty Images)

Già, anche il trasferimento da Catania a Varese è tutto un cinema. Il Varese va a giocare a Catania e dopo la gara tutta la comitiva si trasferisce in aeroporto. Al momento di salire a bordo, c’è una donna incinta che ha urgenza di arrivare a Milano. E Alfredo Casati, dirigente del Varese, gli cede il suo posto in aereo. “Prenderò il volo di domani”, dice alla comitiva. E al bar dell’aeroporto, va a prendersi un caffè. “Domani – gli dice il cameriere – c’è Massiminiana-Paternò e gioca un ragazzino che è un vero portento”. Casati va a vedere la partita e il giorno dopo torna, ma dopo aver fatto firmare il contratto a Pietro Anastasi, detto “Pietruzzu ‘u turco”. “Perché – dirà lui – al sole diventavo nero come il carbone”. E’ l’estate 1966.

Anastasi a Varese in due anni fa il suo. Finché entra nelle mire di Inter e Juve. A Torino diventa il beniamino dei tanti operai meridionali emigrati per lavoro al nord. In campo gli avversari lo chiamano “terrone”, ma quel “terrone” fa tanto comodo a Gianni Agnelli. Il 1968 è un anno caldo di manifestazioni e occupazioni di fabbriche. La situazione alla Fiat è mitigata proprio dalla presenza di “Pietruzzu” nelle file della Juve. “Mi fermavano fuori dallo stadio – dirà – e mi chiedevano di farmi valere anche per loro”. C’erano i “lunedì magici”, quando l’operaio “terrone”, naturalmente juventino, poteva dimenticare le amarezze e la fatica al reparto presse, se il giorno prima aveva vinto la Goeba, magari con un gol di Anastasi. “Pietruzzu” diventa il maggior esponente della “squadra meridionale”. Con lui in bianconero ci sono Cuccureddu, Furino, Causio, Gentile, Brio. Qualcuno comincia a chiamare la Juventus  “sudista”. Ma questo va benissimo a tutti, perché vince sul campo e quei giovani “terroni” sono, allo stesso tempo, gli idoli dei loro conterranei alla catena di montaggio. Le cose vanno benissimo anche in Nazionale che vince, nel 1968, il primo Europeo della sua storia. La finale contro la Jugoslavia viene ripetuta (la prima gara finisce in pareggio) e Anastasi, nel frattempo ribattezzato il “Pelé bianco” è fra i pochi a giocare entrambe le partite.

Poi le cose cambiano. Nell’estate del 1976, Fraizzoli, presidente dell’Inter, vuole realizzare il sogno svanito otto anni prima. E cambia Roberto Boninsegna (che va alla Juve) con Anastasi. Però in nerazzurro le cose non funzionano e dopo due anni “Pietruzzu” va all’Ascoli. Ci resterà tre anni, per finire la carriera nel Lugano. Anastasi muore nel gennaio 2020, portato via prima da un tumore e poi dalla Sla.

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