CI PENSO' PERTINI...

DDD Story – Il grande Zico e il derby fra Italia e…Austria

ZICO UDINE AUSTRIA
I protagonisti di quegli eventi sono quasi tutti morti. La Zanussi, che a Pordenone continua a esistere, è passata sotto il controllo della svedese Electrolux. Zico è dato su una panchina in Giappone, ma se gli chiedono di tornare, forse accetta.

Redazione DDD

di Luigi Furini -

E’ l’estate 1983. A Udine la gente scende in piazza, agita cartelli, urla, protesta. Si vede il fumo dei lacrimogeni. Che cosa succede? Il tutto è riassunto in un cartello. C’è scritto: “O Zico o Austria”. Ovvero, la Federcalcio deve lasciare che l’Udinese faccia giocare Zico, oppure siamo pronti a chiedere l’annessione all’Austria. Certo, si tratta di un’esagerazione, ma c’è allarme e la polizia vigila.

Ma chi è Zico e perché la Federcalcio e molti politici italiani si mettono contro l’arrivo di questo giocatore?

Zico è Arthur Antunes Coimbra, nato a Rio De Janerio nel 1953, colonna del Flamengo e della Nazionale brasiliana. E’ davvero un fenomeno. Lo chiamano il “Galletto”. Con i suoi quattro fratelli (lui è l’ultimo) fin da piccolo delizia i brasiliani con una squadra di calcio a 5 (allenata dal padre). Poi il passaggio al Flamengo e valanghe di gol, soprattutto su punizione dal limite (il suo pezzo forte). Lo vorrebbero Milan, Inter e Juventus, ma il Flamengo spara alto, chiede cifre impossibili. Poi, d’improvviso, il colpo di scena: il 1 giugno 1983 da San Paolo arriva in Italia un titolo di quattro parole: “Zico è dell’Udinese”. Dove non erano arrivate le tre grandi, è arrivata la squadra di Lamberto Mazza, 57 anni, presidente della squadra di calcio e della Zanussi (produzione di elettrodomestici).

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Si alza un polverone. Luciano Lama, segretario  della Cgil (la più potente organizzazione sindacale) tuona: “Mentre Mazza spende sei miliardi per Zico, la Zanussi presieduta dallo stesso Mazza, mette in cassa integrazione migliaia di operai”. Lo segue il presidente della Federcalcio, Sordillo: "Basta follie per i calciatori stranieri. Chiudiamo le frontiere. E per quelli già tesserati, vedremo il da farsi". Insomma, l’affare sembra saltare. Si fa avanti la Roma che, negli stessi giorni, sempre in Brasile ha preso Toninho Cerezo. Ma i vertici del calcio sono irremovibili: “I due brasiliani devono tornare al mittente”. La politica si interroga. Il Parlamento è mobilitato, i partiti intervengono. Si fa vivo Franco Dal Cin, direttore sportivo dell’Udinese: “Zico l’abbiamo pagato 3 miliardi, l’alta metà è versata da una società che curerà e sfrutterà la sua immagine”. Ora è facile da dire, ma 40 anni fa questi erano discorsi difficili da digerire. Chi c’è dietro? Che soldi sono?

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A sbrogliare la matassa è il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che gli italiani hanno ammirato, solo l’anno prima, sull’aereo che ha riportato a casa gli azzurri dopo il Mundial in Spagna. Pertini (con la sua inseparabile pipa) è entrato nel cuore di tutti. Le sue parole sono quasi un ordine. Dice: “Mi piacerebbe vedere giocare Zico e Cerezo in Italia”. Basta così. In pochi minuti tutti si adeguano, che gridava “no” viene zittito. Vengono organizzate alcune amichevoli. L’Udine batte addirittura il Real Madrid. Il debutto in campionato è da sogno: 5 gol al Genoa sul campo di Marassi, poi le vittorie casalinghe contro il Catania e la Roma, che pure aveva Falcao e Cerezo. Però, alla fine, nonostante i 19 gol di Zico, l’Udinese arriva solo al nono posto. E l’anno dopo, causa anche molti infortuni del brasiliano, va anche peggio. Zico decide di tornare a casa. E dove? Al Flamengo. Giocherà ancora molto in Nazionale. Poi, dal 1990, tante avventure sulla panchine in giro per il mondo.

 

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