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IL MEDICO DI CORSO E LE EMOZIONI DEL TRIPLETE

DDD Story – L’Inter voleva Guglielmoni, ma si ritrovò fra le mani Mariolino Corso

MILAN, ITALY - DECEMBER 06:  Mario Corso poses for a photo at Stadio Giuseppe Meazza on December 6, 2017 in Milan, Italy.  (Photo by Claudio Villa - Inter/FC Internazionale via Getty Images)

Scusi Corso, “Ma è vero che, ai tempi della grande Inter, la formazione la facevate lei, Mazzola, Facchetti e Picchi?”. Risponde: “Era soprattutto Picchi a decidere come dovevamo stare in campo”.

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Per Pelé era “il professore”. Per Gianni Brera, semplicemente “il participio passato di correre”. Ovvero Corso. Che di battesimo faceva Mario, nato a Verona nel 1941, morto a Milano nel giugno 2020, giocatore dell’Inter dal ’57 al ’73. Un genio per molti. Uno  scansafatiche per altri. Per Mariolino, detto anche “Mandrake”, non ci sono mai state le mezze misure. Arriva a Milano nel 1957. L’Inter mette gli occhi su Claudio Guglielmoni, ragazzino dell’Audace San Michele Extra, società a due passi da Verona. Ma i veneti rilanciano: “Per 9 milioni di lire vi diamo anche Da Pozzo e Corso”. Insomma, glielo danno in sovrappiù, come un tre per due al supermercato. Invece è Corso che emerge. Debutta nel 1958 e non molla più la maglia. Il suo idolo è Omar Sivori, lunatico goleador della Juve. E per imitarlo tiene il calzettoni abbassati alla caviglia. Usa solo il sinistro e spiega: “Meglio un piede solo che due scarsi”. In Nazionale gioca pochissimo. Nel 1961 segna due gol negli ultimi tre minuti di Israele-Italia. “Siamo stati battuti dal piede sinistro di Dio”, dirà l’allenatore israeliano.

 (Photo by Claudio Villa - Inter/FC Internazionale via Getty Images)

Non la pensa così Helenio Herrera, il “mago”. “E’ discontinuo”, dice. I due non vanno d’accordo. Un giorno, nello spogliatoio, Herrera spiega come l’Inter vincerà sicuramente la partita. “Bisogna sentire anche cosa ne pensano gli altri”, gli ribatte Corso. E’ la fine. HH va dal presidente Moratti e gli chiede la cessione. Ma Moratti è innamorato di Corso e non lo cede. In Nazionale, però, non lo vogliono. In campo la rivalità con Mazzola e Rivera è evidente (ma il problema, ovvio, è più grave all’Inter). Infatti “Mariolino” è chiamato in azzurro solo 23 volte. E perché?? Il fattaccio risale al 16 maggio 1962. Gli azzurri sono pronti a partire per il Cile (Corso non è fra i convocati) e l’Inter gioca un’amichevole a Milano contro la Cecoslovacchia. Corso fa un gol capolavoro e poi, individuato in tribuna il Ct Giovanni Ferrari, gli fa il gesto dell’ombrello. Fine delle trasmissioni, o quasi. Si prende, comunque, le sue soddisfazioni con l’Inter. E’ suo il gol (26 settembre 1964) che dà ai nerazzurri la prima coppa Intercontinentale, al Bernabeu contro l’Indipendiente. Segna, con punizione a foglia morta, il gol della rimonta contro il Liverpool (maggio 1965) ed è protagonista anche nella partita della lattina (sconfitta dell’Inter 7-1 in Germania, ma la gara fu poi annullata). E che fa Corso? Dà un calcio nel edere all’arbitro che gli costa sei turni di squalifica. Poi la vita cambia. Nel 1973 l’Inter richiama in panchina Herrera (andato per un periodo alla Roma) e stavolta vince il “mago”: Corso viene ceduto al Genoa. Gioca un solo anno, poi si rompe una gamba e smette. Resterà sempre un grande tifoso. La sera del Triplete (maggio 2010) non riesce a stare davanti al televisore. Glielo suggerisce il medico, per via di qualche problema al cuore. Così esce e in una Milano deserta, si mette a camminare attorno al condominio. Fino all’ultimo non gli manca la verve polemica.

Ma il Mago non urlava dalla panchina? “E io gli rispondevo: tasi mona. Ma senza farmi sentire”.

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