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HA DISPUTATO 8 FINALI DI COPPA DEI CAMPIONI

DDD Story – Via col Gento

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La scomparsa di Gento, classe 1933. Il più forte calciatore spagnolo del secolo scorso.

Redazione DDD

ricordo Facebook di Roberto Beccantini -

Solo un caso, forse. O forse no. Da noi, Paese di barricate e di imboscate, si comincia(va) da dietro, sempre. Combi, Rosetta, Caligaris. Oppure: Sarti, Burgnich, Facchetti. O ancora: Zoff, Gentile, Cabrini. I primi tre. Da loro, gli ultimi tre: Di Stefano, Puskas, Gento. Non facciamone materia di laurea; se mai, argomento di discussione.

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(Photo by Keystone/Hulton Archive/Getty Images)

A 88 anni, Francisco Gento ha raggiunto Alfredo Di Stefano e Ferenc Puskas. Al popolo del web, che ha fretta di futuro (lo capisco: ai mei tempi, con il sedere che ebbi, potevo permettermi di cullarlo, con calma) mi piace ricordare, in due parole, chi fu l’ei fu.

Via col Gento, e non solo per banale assonanza. Via col Gento come ruolo, in principio e per principio. Ala sinistra. Numero undici. Aprì la periferia delle zolle al glamour delle lavagne. Crebbe, storicamente, ai tempi di Omar Sivori, il cabezon che, con i tunnel della sua fantasia (molto) canaglia, trasformava il fiele in miele. Il Real più grande di sempre. Don Alfredo era tutto; il colonnello magiaro, molto; e, lui, Paco, il senso del tempo che scorre e, soprattutto, corre. Condensava nel repertorio quelle sgommate che poi, più centrali e rombanti, avrebbero reso unico il repertorio dei due Ronaldo. Cristiano mischia l’ala che fu Gento e il centravanti che è stato il Fenomeno. Se Leo Messi coniuga lo sgocciolio di Omar con i rubinetti maradoniani, dal tiro felpato al dribbling arrogante, Gento anticipò, unendoli, le medie orarie ai «cavalli» che avrebbero poi nobilitato e decorato quel mestiere, il mestiere di «esterno», sviluppato e allargato dalla modernità un po’ certosina e un po’ guardona dei laboratori che tanto ci coinvolgono e, spesso, ci capovolgono. Verticale, sempre; ma anche, sempre più, orizzontale.

E’ l’unico, Gento, ad aver vinto sei Coppe dei Campioni. Sopravvisse persino alla bambola interista del Prater. L’atletica fu la bussola più preziosa. Gli trasmise il gusto di prendere di petto la vita, di affrontare il destino guardandolo negli occhi: «dribblare» è gesto audace, mai fuga codarda dalla realtà, dalle responsabilità. Il suo Real, «quel» Real, ci portò fuori dalla polvere degli archivi per introdurci nell’era, misteriosa e maliziosa, della prima televisione e della primissima Europa (abbastanza) unita. Di Stefano, Puskas, Gento: si narra che il Caudillo li facesse giocare anche il Primo maggio, pur di svuotare le piazze e riempire i tinelli. Lo sport come oppio, lo sport come adrenalina. E quelle ombre, bianche, così poco caste, così tanto vaste.

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