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IL CHE GUEVARA DEL PALLONE

DDD Story – Johan Cruijff, dai piedi piatti al calcio totale

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L’hanno chiamato “il profeta del gol”, o anche “il Pelé bianco”.

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Aveva i piedi piatti e fumava come un turco. Due difetti non proprio da fuoriclasse. Eppure... A causa dei piedi piatti ha evitato il servizio militare mentre il fumo lo ha accompagnato lungo la sua (purtroppo) breve vita. E’ stato l’artefice del calcio totale e il più grande stadio d’Olanda porta il suo nome.

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Johan Cruijff nasce nella periferia di Amsterdam nel 1947. I genitori prendono un’abitazione popolare con annesso un negozio di frutta e verdura. Lui gioca in strada con il fratello maggiore. Ma quando ha 12 anni, perde il padre e la madre non ce la fa, da sola, a tirare avanti casa e bottega. E allora che cosa succede? Che il piccolo Johan è già nel mirino dell’Ajax e la società assume la madre come donna di pulizie allo stadio. Non solo, ma fa anche la commessa al bar nei giorni delle partite. E il ragazzino? Prima di compiere 17 anni debutta in prima squadra. Era magrolino quando giocava negli allievi, ma per rinforzare i suoi muscoli trovano una cura neanche tanto originale: un giubbotto, da indossare in allenamento, con due pesi da quattro chili ciascuno infilati nelle tasche. Johan entra in campo e segna. E’ forte di destro e di sinistro. Dove lo metti fa faville: centravanti, trequartista. Quando parte da fermo non riesci a fermarlo. E poi ha il dribbling. Diventa famoso per le sue giravolte.

Arriva il Sessantotto e Cruijff è il Che Guevara del calcio. Non porta la barba, non fuma il sigaro, ma ha i capelli lunghi da beatle e vuole fare la rivoluzione. Nessun calciatore in squadra ha un ruolo fisso. Quando uno si sposta, un compagno prende il suo posto, tutti si muovono. Durante gli allenamenti, si parla di spazio per tutto il tempo e Cruijff spiega ai compagni dove devono correre. L’allenatore dell’Ajax, Rinus Michels, lo asseconda. I risultati arrivano subito. L’Ajax vince la Coppa dei Campioni tre anni consecutivi, nel 1971, ’72 e ’73 (battendo in finale, rispettivamente, il Panathinaikos, l’Inter e la Juventus). L’Olanda inventa il “calcio totale” e Cruijff è il suo profeta. Sulle spalle porta il numero 14. Pare che, nel giorno dell’assegnazione dei numeri, lui fosse infortunato e, al suo ritorno, abbia trovato occupati quelli dall’1 all’11. Nel 1973 si riaprono le frontiere agli stranieri e, dopo una battaglia con il Real Madrid, il Barcellona riesce a tesserarlo. E’ dai tempi di Helenio Herrera che il Barca non vince la Liga ma con Cruijff ci riesce al primo colpo.

In Nazionale gioca i Mondiali in Germania (1974) ma non quelli in Argentina (1978). Perché? Colpa di una rapina. Una sera, a fine ’77, alcuni banditi entrano in casa sua a Barcellona. Puntano i fucili a lui, alla moglie, ai tre figli. Cruijff riesce a liberarsi ma da quel giorno, secondo il suo racconto “la vita non fu più la stessa”. “Pensai – raccontò anni dopo – di lasciare il calcio”. Invece la passione è troppo forte. Riparte dal campionato americano, nel 1981 il Milan lo prende per giocare il “Mundialito” ma il suo rendimento è scarso. Per altri undici anni farà l’allenatore, prima all’Ajax e poi al Barcellona. Muore nel 2016 per un tumore ai polmoni. Gli viene intitolato lo stadio di Amsterdam. Un gruppo di astronomi scopre un corpo celeste simile a un pianeta (è chiamato planetoide) che viene ribattezzato Cruijff. Non male per uno che, a causa dei piedi piatti, era stato riformato alla leva militare.

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