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KUBALA, CHE STORIA!

Laszlo Kubala, il giocatore “raccomandato” da Palmiro Togliatti

BARCELONA, SPAIN - JANUARY 20: The Laszlo Kubala Stecz statue is seen outside the stadium prior to the La Liga match between FC Barcelona and CD Leganes at Camp Nou on January 20, 2019 in Barcelona, Spain. (Photo by David Ramos/Getty Images)

Il campione che stupì Busto Arsizio ma che non giocò mai nella Pro Patria...

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Il viaggio a Roma si rivelò infruttuoso. Lo scopo era quello di convincere Palmiro Togliatti, segretario del Partito comunista italiano, a telefonare al suo collega ungherese, perché intervenisse sul governo e la Federcalcio di quel Paese, per togliere la squalifica a un giocatore. Percorso complicato, si direbbe, e poi Togliatti, già alle prese con mille problemi in politica, era uno sfegatato tifoso della Juventus. Che cosa gliene fregava della Pro Patria. Già, la Pro Patria. E perché i dirigenti squadra di Busto Arsizio hanno fatto tutto questo (oltre a inondare di tessuti i vertici del calcio ungherese, con frequenti spedizioni)?

Il giocatore in questione era Laszlo Kubala. Nato a Budapest nel 1927. La sua vita è un romanzo. Gioca giovanissimo nel Ferencvaros. La guerra è appena finita e lui, di madre cecoslovacca, emigra per un ricco contratto a Bratislava. Nel 1948 torna in Ungheria, al Vasas. Gioca e viene chiamato al servizio militare. Il regime comunista impone regole molto dure e lui non ci sta. Si fa trasferire come “guardia di confine” e una notte, sebbene in divisa, scappa in Austria insieme a un gruppo di esuli. Siamo nel marzo 1949. Da Vienna arriva a Busto Arsizio, dove ci sono già due suoi connazionali e dove lo raggiungono moglie e figli. Però scatta la rappresaglia ungherese: squalificato a vita per aver rotto con il contratto con il Vasas e anche disertore, per essere fuggito durante la leva. La Fifa, e questo è il problema, diffonde la squalifica in tutto il mondo. Kubala non può giocare. Di qui i viaggi dei dirigenti della Pro Patria a cercare la raccomandazione di Togliatti. Kubala, nel frattempo, si organizza. Mette insieme la “Hungaria”, una squadra di calciatori scappati da quel regime, che gioca incontri amatoriali in giro per il mondo. L’Hungaria gioca e perde con il Real Madrid ma il nostro eroe si mette in mostra e Santiago Bernabeu gli offre un contratto. “Vengo – dice lui – se prendete mio suocero come allenatore”. Proposta rifiutata, ma accettata dal Barcellona. Ferdinand Daucik (il suocero) si siede in panchina e tutta la numerosa famiglia (Kubala con moglie e tre figli) si trasferisce.

Grazie ad appoggi politici, la Spagna riesce a far ridurre la squalifica al giocatore a un solo anno, in pratica i 12 mesi trascorsi a Busto. Quindi può giocare subito. Ma alla Pro Patria? Tocca un indennizzo di 300 mila lire e l’incasso di un’amichevole giocata allo stadio Speroni. Intanto Kubala debutta con sette gol allo Sporting Gijon e diventa un mito dei blaugrana per dieci anni, fino al 1960. Fino a quando arriva in panchina Helenio Herrera. Il “mago” della futura Inter gli preferisce Luisito Suarez. Il “nostro” che ha guadagnato anche la maglia della nazionale (unico calciatore ad aver indossato le maglie di tre Paesi, Ungheria, Cecoslovacchia e Spagna) gioca ancora un po’ (nel 1967 tutta la tribù si trasferisce a Toronto) e poi diventa allenatore. Suarez lo ricorda ancora con affetto. I tifosi del Barcellona, chiamati a votare il miglior attaccante del loro club, lo hanno posizionato al secondo posto, dietro a Messi ma davanti a Maradona e Cruijff.

Resta l’amaro in bocca per la Pro Patria. Kubala poteva giocare con i “tigrotti”, ma a nulla sono servite le stoffe mandate in Ungheria (a Busto andava forte il tessile) e poi Togliatti era juventino. Vatti a fidare.

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