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TACKLE DURO – Il derby dei media sulle dimissioni di Mancini

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Dopo il nuovo incubo mondiale Mancini non si è dimesso ma si è preso un Tapirone d’Oro e stasera affronta la Turchia, tagliare una testa a caso non servirebbe ma il doppio fallimento Mondiale impone un cambiamento totale, che non arriverà.

Redazione DDD

di Roberto Dupplicato -

Peggio di quella con la Svezia, perché almeno la Macedonia in casa potevamo batterla e poi andavamo in Portogallo almeno a provarci, a mettere un po’ di pressione anche a loro, da campioni d’Europa in carica con lo spauracchio di far fuori Cr7 dal Mondiale in Qatar. E invece il treno azzurro si è fermato a Palermo come l’alta velocità siciliana e non va neanche all’incontrario come quello dei desideri di Azzurro. Appunto. Un disastro, non ne usciamo, per questo vogliamo un colpevole. Una soluzione subito: in arrivo a casa con Glovo. Non siamo la Grecia, ma non siamo più l’Italia. E dobbiamo affrontare la cosa da Paese maturo che affronta i suoi limiti per conoscerli e superarli. E invece no, vogliamo l’uomo giusto che arriva e risolve le cose. Inutile ripetere che abbiamo problemi enormi e strutturali. Ci mancano i campioni, quelli che abbiamo a 22 anni si sentono arrivati e perdono la fame, non investiamo nei giovani, non abbiamo tratto forza dai figli di chi è venuto a vivere in Italia (perché se dici Ius soli arrivano quelli che si fanno saltare la mosca al naso e politicizzano la cosa). I nostri stadi fanno schifo, i nostri manager non sono bravi: negli anni ’90 eravamo leader mondiali del settore, ci siamo fatti soffiare lo scettro per un solo motivo. Cattiva gestione, miopia, superficialità. “Tanto tiriamo fuori sempre il meglio di noi stessi nelle difficoltà!”.

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E invece la soluzione non è solo una, il problema è complesso: a più livelli. Tocca anche l’informazione e non solo la formazione. Per risollevarci ci toccherà lavorare sodo, cambiare, impegnarci, programmare. Mancini aveva già preso un tapiro di Striscia a Dicembre e stavolta a Coverciano Staffelli gliene ha portato uno gigante: “Più che meritato. Bisogna essere fiduciosi anche se le cose non vanno come si vuole”. Mancio non si dimette: “Rimane? Penso di sì”. “Però quando abbiamo vinto gli Europei qualche mese fa?”. Mancio si fa scudo con la medaglia di Wembley, e ci sta perché l’Italia ha vinto il torneo solo due volte nella storia. Come due volte di fila non siamo andati ai Mondiali. Prima con Ventura, che se ne andò con Tavecchio a furor di popolo. E ora con lui. Ci restano le immagini di Berardi che sbaglia un gol a porta vuota, Chiellini e Joao Perdo (refuso!) che entrano a due minuti dal novantesimo. Gli occhi lucidi di Mancini nella flash con lo spogliatoio della Macedonia che festeggiava come capodanno e carnevale a Rio, ma nel giorno di Natale dopo aver vinto alla lotteria. A Staffelli che gli chiede di Balotelli Mancini risponde: “Se la sarebbero presa tutti con Mario, meglio così per lui”. E invece se la sono presa con Insigne, Immobile e pure con Mancini, cittì vincente in Europa ma fuori dal Mondo e “Perduto nel deserto” verso il Qatar, come titola L’Equipe. Neanche Gravina si dimette, e c’è chi pensa che dietro la conferma di Mancini ci sia la forte voglia di status quo anche da parte dei vertici federali. Una specie di “Non buttiamo tutto al vento”.

Più o meno tutti hanno ammesso che l’Europeo è stato vinto anche perché, oltre al gioco, le cose ci sono andate bene. La Francia che esce con la Svizzera, il gol di Arnautovic in leggerissimo fuorigioco, Lukaku che se n’è magnati due, i rigori parati da Gigio. Abbiamo vinto ma non possiamo illuderci per questo di essere la squadra più forte d’Europa. Abbiamo perso fame ed effettivamente le critiche sono arrivate pure ai calciatori. Donnarumma, Verratti e Berardi hanno chiesto scusa sui social. Immobile e Insigne sono leoni feriti, a Jorginho la cosa dei rigori pesa e non passa. Per i valori espressi forse siamo stati premiati eccessivamente dalla fortuna e dopo siamo stati condannati eccessivamente. Qui però la cosa di restare fuori dal Mondiale sembra normale. Ci siamo assuefatti. Sui media il clima che si respira è di un grande “Mah sì, cosa vuoi che sia?!”. Nessuna apocalisse, nessuna dimissione. Non che serva qualcuno da esporre mediatamente però a questo punto ci aspettiamo programmi, investimenti, idee: soluzioni. E invece siamo sempre l’Italia del “piano-piano”, però non abbiamo un piano.

D’altra parte gli ipotetici nomi per il “dopo Mancini” non infiammano la piazza, che non è diventata folla incontrollata ma che sulla Nazionale ci tiene a fare bella figura e resta vigile. Non c’è un Antonio Conte con il quale ripartire dopo il flop 2014, fuori con la Costa Rica di Bryan Ruiz che segna di testa fra Chiellini e Buffon. Nightmare azzurri. Ma dicevamo, gli altri nomi? Cannavaro con Lippi Dt? Ranieri? Gattuso? Pirlo? Buffon come uomo della provvidenza? È giusto che Mancini resti, non servono le sue dimissioni. Serve cambiare il resto. E non succederà. Così si parte anche con la “nuova Italia”. Carnesecchi, Fagioli. Nomi difficili da digerire ma che speriamo tutti possano darci ancora gusto (Pardon). Sui giornali l’agonia azzurra continua. Il Giornale titola “Mancio dell’altro mondo, il ct normalizzatore resta per rifare l’Italia”. Libero dice “Mancini per forza”, “la verità è che non c’erano alternative valide”, si legge sul catenaccio. Il Tempo apre con “Mancini 2.0” e c’è Gravina che “vuole vincere ancora in azzurro”. Pure noi. Tuttosport cita Pappalardo e titola con “Ricominciamo”, oltre al Mancio ci sono in foto Scamacca (13 reti in 28 gare col Sassuolo) e Zaniolo (panchinato a Roma). Il Corsport in prima ha Mancini con “Ho voglia ancora d’azzurro”. La Gazzetta dò più spazio ai problemi di San Siro di Milan e Inter ma non risparmia un taglio basso per gli azzurri. Mancini dice che “vuole vincere un Mondiale” e si parla di “generazione Scamacca”. Non ci resta che sperare.

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