NON SIAMO PIU' QUELLI DI UNA VOLTA...

TACKLE DURO – Il derby dei media sulle partenze di Leao, de Ligt e Skriniar

MERCATO TOP CLUB ITALIANI
Tornano Lukaku e Pogba e arrivano Di Maria e Origi ma il calcio italiano continua a non riuscire a trattenere le sue stelle nascenti: un anno fa fu addio a Donnarumma, Cristiano e Hakimi, la storia si ripete?

Redazione DDD

di Roberto Dupplicato -

La Serie A non se la passa più male come nel decennio scorso, il peggiore della storia del calcio italiano, ma ci sono delle ragioni che non ci permettono di svoltare come sistema calcio, prima fra tutte quella che abbiamo avuto per tre anni Cristiano Ronaldo con la maglia della Juve, ma non abbiamo saputo sfruttarlo per attirare fan all’estero e fare avvicinare nuovi telespettatori al campionato italiano.

Diritti tv venduti male...

Vendiamo male i diritti fuori dallo Stivale, quest’anno in Serie A ci sono pure Cremonese, Spezia e Monza: bacini d’utenza medio piccoli in Italia, figuriamoci all’estero. Così nel mondo ci guardano sempre meno, e non riusciamo a invertire questa tendenza.

TACKLE DURO – Il derby dei media sulle partenze di Leao, de Ligt e Skriniar- immagine 2

Il Decreto crescita negli ultimi ha aiutato i club ad attirare campioni dall’estero perché si poteva risparmiare sulla fiscalità, ma il viaggio delle nostre vere stelle è sempre una partenza, e difficilmente un ritorno. Visto che vengono attratte all’estero, ormai dura da 10 anni, da quando Thiago Silva andò al PSG, in Francia. Perché l’offerta era di quelle che non si possono rifiutare, per lui e per il clœb di Galliani, che anticipò di anni il concetto del corsivo perché, quello attuale, è solo uno scimmiottamento di una tipica parlata che hanno alcuni giovani della Milanobene. Al di là del corsivo, quindi, non esaltiamoci col ritorno di Lukakone. Il caso Lukaku è un unicum, perché è il calciatore che ha deciso di tornare e quindi non ci si può basare su questa mossa per ricavarci un trend in favore della Serie A. Lukaku al Chelsea non si è ambientato e con Tuchel non si è preso. Poi le interviste di Natale e tutto il resto, ovvio che alla fine Zhang se lo sia voluto riprendere, poi a quel prezzo… Ne ha parlato, in un certo senso in un’intervista sul metaverso. Il presidente ha detto che vuole “regalare gioia ai tifosi” e che servono “grandi performer in campo”. Però sullo sfondo c’è anche la dolorosa cessione di Srkiniar: che appare inevitabile.

Al Milan è arrivato un altro belga, Origi e non c’è una vera e propria trattativa in uscita per Leao, che però ha qualche incaglio con il suo vecchio club portoghese e forse per questo più che alla cessione punta all’andare via a zero. In questo caso il Milan non potrebbe incassare ma si godrebbe ancora le sgroppate imprevedibili di quel giocatore che, in questa stagione in Serie A, è stato quello dall’effetto più Lukaku di tutti. Va detto che però, di fronte a un’irrinunciabile offerta, pure Paolo Maldini che parla di seconda stella, dovrebbe faticare a contenere l’entusiasmo di Elliott. D’altra parte, chi lo sa? Sul Milan non si capisce mai nulla. Chissà perché. “Ziyech is on fire” per il Diavolo e Gianluca Di Mazio conferma. “Il calciatore ha dato il suo ok, ora è una cosa tra i due club”, sentiamo a L’originale. Tanto il Chelsea dei nostri prederebbe un ex compagno di squadra di quell’Ajax che eliminò la Juve di Allegri: de Ligt. L’olandese è stato pagato 80 milioni tre stagioni fa ma, soprattutto, guadagna circa 10 milioni di euro all’anno, a salire, quindi si capisce perché Arrivabene sia sereno mentre va contro il parere viscerale dei tifosi. E arriva benissimo: nessuna società che si rispetti deve fare esattamente quello che i tifosi le chiedono, perché sennò a che servono i manager? E risanare i conti, conta. Alla Juve più che al Milan, pure ai tempi di Berlusconi. Ma certo, salutare in una stagione Chiellini e de Ligt è forse un azzardo. Lo vedremo.

Il mercato si è aperto da qualche giorno e non è un problema per l’Inter dire addio a Vidal, voluto da Antonio Conte e pagato per due anni circa 7 milioni di euro a stagione: un macigno sul groppone di Zhang jr, che infatti ha ballato tutto il weekend in costa Smeralda, fino all’alba. Così ora Marotta potrà girare a Dybala l’ingaggio che prendeva il cileno, tornato all’Inter al tramonto della sua carriera. Un po’ come sta arrivando lo spaghetto Di Maria, calciatore eccezionale e sublime, che ha segnato come Messi l’ultimo decennio di calcio con la maglia dell’Argentina. Ma che arriva nella sua ultima parte di carriera: speriamo ci regali qualche giocata, anche se il momento di poterselo gustare al dente sembra passato. E qui arriviamo alla fine della storia, ma senza volersi piegare alla solita lamentela dell’”eh, non siamo più quelli di una volta…”. Cioè, non lo siamo, ma lamentarsi per farlo è basta è inutile: serve una critica costruttiva. E allora, visto che il calcio è industria e nel business il denaro è una cosa abbastanza importante, va capito perché i diritti della A siano stati venduti malissimo in medio oriente e Nord America, come ha “denunciato” su twitter Tancredi Palmeri: “Qualcosa non quadra con la vendita diritti tv Serie A all’estero in Medio Oriente. I club piangono miseria sui diritti esteri, e poi non vendono al migliore offerente?! Anzi. I club stessi hanno trovato offerta maggiore. Ma la Lega ha scelto una minore”.

Già: noi all’estero vendiamo 4 volte in meno della Liga, che non ha più Messi e Cr7 ma nel frattempo ha fatto stadi nuovi (Atleti, Bilbao, Siviglia) o sistemato i vecchi, come il Bernabeu del Real Madrid (per quelli che vogliono abbattere San Siro). Insomma, non è solo quello che si vede in campo ma anche il contorno dell’inquadratura: la cosa la svilupparono per primi in Inghilterra con la Premier nei primi anni ‘90. La beffa è che lo fecero quando all’apice mondiale del calcio c’eravamo noi italiani e, per giunta, con un club che dominava nel mondo guidato da uno che di televisione qualcosa ne capiva: Silvio Berlusconi. Ci siamo fatti fregare e trent’anni dopo siamo ancora qui, senza stadi, senza soldi e - scusate - con gli stessi presidenti che persero l’occasione di rinnovarsi quando erano i primi al mondo.

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