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In Brasile, il calcio è una cosa molto seria. In un Paese vasto quasi quanto un continente, dalle spiagge dorate di Rio alle favelas di San Paolo, il pallone è ovunque: simbolo di gioia, riscatto e orgoglio nazionale. Fa parte dell’identità collettiva, un collante capace di unire un popolo segnato da profonde disuguaglianze sociali e divisioni regionali. Ma se il calcio unisce, l’identità resta. E quando Gremio e Cruzeiro si affrontano, in campo non scendono soltanto due squadre: si sfidano due immaginari.
Da una parte il coraggio, la resilienza e il mito dell’Imortal Tricolor; dall’altra l’astuzia, l’eleganza e il realismo spietato della Raposa. Due bandiere, due stili, due anime del calcio brasiliano che hanno alle spalle più di un secolo di storia. Una storia interamente contenuta nei loro soprannomi.
Il Cruzeiro nasce a Belo Horizonte nel 1921 con il nome di Società Esportiva Palestra Itália, fondata da immigrati italiani. Nel 1942 assume il nome attuale: Cruzeiro Esporte Clube, ispirato alla Croce del Sud (in portoghese Cruzeiro do Sul), la piccola ma luminosa costellazione simbolo dell’identità brasiliana. Da qui nasce anche il soprannome Celeste, in omaggio al colore del cielo, ripreso sulla bandiera sociale.
Il Grêmio Foot-Ball Porto Alegrense, invece, viene fondato nel 1903 a Porto Alegre da un gruppo di giovani entusiasti del nuovo gioco portato dagli immigrati britannici. Il tricolore del Gremio, bianco, blu e nero, è un’istituzione del calcio brasiliano e l’orgoglio del sud del Paese.
Il soprannome Raposa nasce quasi per scherzo, nel 1945, grazie al caricaturista Fernando Pieruccetti, noto come Mangabeira. Osservando il presidente del Cruzeiro, Mário Grosso – famoso per l’abilità nelle trattative e l’infallibile fiuto strategico – Pieruccetti lo paragonò a una volpe: astuta, scattante, imprevedibile. L’associazione funzionava così tanto che la volpe divenne la mascotte ufficiale del club. Oggi è conosciuta come Raposão, affiancata dal giovane Raposinho e dalla Raposona Salomé, dedicata a una storica tifosa del club. A completare la famiglia simbolica c’è la Raposa Cabulosa, simbolo della squadra femminile.
Ma il Cruzeiro è anche famoso come A Besta Negra – la Bestia Nera – per lo storico cinismo con cui riesce a mettere in difficoltà le squadre favorite, guadagnandosi la fama di spauracchio nelle competizioni a eliminazione diretta. Oppure Rei de Copas – Re delle Coppe – titolo conquistato grazie al record di vittorie in Copa do Brasil.
Il soprannome più recente è Cabuloso, nato nel periodo d’oro degli anni Dieci: in slang portoghese, infatti, “cabuloso” indica qualcuno di incredibilmente forte, impressionante, quasi “spaventoso”. Di questi tempi, si direbbe ingiocabile.
Il soprannome Imortal Tricolor è forse uno dei più carichi di pathos dell’intero panorama calcistico verdeoro. Imortais sono quei giocatori e quelle squadre che non muoiono mai: che si rialzano quando tutto sembra perduto, che non si arrendono nemmeno di fronte all’impossibile. Una fama costruita nel tempo, attraverso imprese leggendarie: come la Batalha dos Aflitos del 2005, vinta in nove contro undici sul campo del Náutico di Recife; la storica rimonta nel Gre-Nal del 1935; o ancora la capacità quasi mistica di risorgere dopo ogni retrocessione.
Tricolor si riferisce ai colori sociali del Gremio: bianco, blu e nero, che campeggiano anche nello stemma e nella bandiera del club, accompagnati da tre stelle. Quella d’oro, in onore di Everaldo, campione del mondo nel 1970 con la Seleção; quella d’argento, per i tre titoli della Copa Libertadores; e quella di bronzo, a rappresentare i titoli nazionali.
A incarnare lo spirito del Gremio c’è anche il Moschettiere, mascotte ufficiale dal 1946, che richiama valori come onore, coraggio e spirito di squadra. Proprio come nel motto dei Tre Moschettieri: “Tutti per uno, uno per tutti”.
Il Cruzeiro è il club che vince con eleganza, con intelligenza tattica e un certo cinismo volpesco, mentre il Gremio è quello che incalza fino all’ultimo respiro, che non muore mai, che si batte all’ultimo sangue. Due approcci opposti, ma entrambi romantici. E quando si incontrano, non lo fanno solo in campo: è uno scontro tra simboli, miti, e soprannomi che ormai sono così grandi da racchiudere intere storie.
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