derbyderbyderby calcio estero L’antieroe Ronaldinho: da Macunaíma al tropicalismo, passando per orixa e magia

L'EX DELLA PARTITA

L’antieroe Ronaldinho: da Macunaíma al tropicalismo, passando per orixa e magia

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L'ex numero 10 di Barcellona e PSG ha fatto sognare chiunque nella propria vita: proprio questa è stata la peculiarità della sua breve carriera, vissuta tra il romanzo di De Andrade, la musica di Gilberto Gil e l'adorazione per gli orixa
Pietro Rusconi

È impossibile incarnare e diventare un concetto astratto come la nazione o la nazionalità. Il rischio sarebbe quello di reificare un insieme di pratiche e rappresentazioni incredibilmente varie ed eterogenee. Tuttavia, nessuno ha saputo interpretare e accogliere le tendenze (afro)brasiliane come Ronaldinho. Il calciatore ex Milan è prima di tutto assimilabile al protagonista del celebre romanzo "Macunaíma" del poeta Mario De Andrade. Un testo che cerca di cogliere l'identità nazionale verdeoro nella sua estrema frammentarietà e caoticità. L'urbano si confonde con la natura, la magia diventa parte della quotidianità e le contraddizioni sono innate nel nostro personaggio principale.

Macunaíma viene definito durante il testo come un antieroe. Bugiardo, ingannevole, furbo, mutevole proprio come i suoi orixa (divinità principali del Candomblé). Egli rappresenta l'uomo brasiliano capace di fagocitare la cultura europea per produrre qualcosa di completamente nuovo e inedito. Inoltre una delle frasi chiave del romanzo è: " Ai, que preguiça!". Ronaldinho sta dentro questa ambiguità della pigrizia, rigettata dal sistema valoriale occidentale. Infatti essa è considerata non come un elemento negativo ma come valore simbolico di resistenza. Contro il logorio della vita moderna, fluttuando all'interno del caos del campo da calcio, sempre accompagnato dalla saudadeuno stato sì malinconico ma contemplativo dell'esistenza.

Il libro di De Andrade apre la strada a grandi esperienze e movimenti culturali. Tra essi si colloca l'esperimento musicale del tropicalismo (anni '60), portato alla luce da grandi artisti come Gilberto Gil e Caetano Veloso. Ronaldinho, nato nel 1980, non viene al mondo per conquistarlo. Il funambolo brasiliano nasce per incarnare il Brasile, per spostare le sue deviazioni culturali all'interno dello spazio di rivendicazione identitaria per eccellenza: il campo da calcio.

Il nerazzurro del Gremio

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L'infanzia di Ronaldo De Assis Moreira viene inevitabilmente segnata dalla morte precoce del padre nel 1989. A colmare questa assenza nella casa ci pensa il fratello maggiore Roberto, talento del calcio brasiliano passato fra le giovanili della nazionale e del Gremio (carriera pregiudicata poi da un brutto infortunio). Il Pallone d'oro cresce dunque all'interno di un contesto familiare propenso alla socializzazione calcistica (anche il padre era un ex calciatore professionista).

Dai familiari Ronaldinho impara a giocare semplice (la cosa più complicata da fare secondo il padre) e i fondamentali necessari per sopravvivere ai campetti brasiliani. Perciò a 7 anni anche lui passa nelle file dei neroazzurri di Porto Alegre. La superiorità tecnica e l'intelligenza del ragazzo sono fuori categoria, tanto che si parla di un match in cui avrebbe segnato da solo la bellezza di 23 gol. Elastici a non finire e Mondiali U17 conquistati (1997). Nella finale contro il Ghana non segna ma la sua firma è in entrambi i gol. La stagione successiva allo strepitoso mondiale vinto, Ronaldo de Assis esordisce con la prima squadra del Gremio. Il risultato? 15 reti in 18 partite.

Ovviamente il suo talento immenso non passa inosservato: ci provano PSV (grandi scout dei ragazzi brasiliani), Real Madrid, Inter e Leeds. Tutte le (grandi) offerte vengono respinte al mittente e il nazionale brasiliano rimarrà a Porto Alegre fino al 2001. In mezzo 58 reti in 125 partite, campionato gaucho col Gremio e inizio della storia in nazionale. All'inizio del nuovo secolo Ronaldinho è già sulla bocca di tutti a soli 20 anni.

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Il caso Ronaldinho creato dal PSG e il mondiale coreano

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Il trasferimento del brasiliano in Francia, nella squadra parigina, non è stato per nulla semplice. Senza rinnovare il contratto, il Gaucho firma per 5 anni col PSG grazie al nuovo procuratore, il fratello Roberto. In Brasile nessuno sa nulla di questa situazione e i tifosi si sentono traditi. La disputa si sposta nei tribunali brasiliani, francesi e della FIFA. Il caso si risolverà con un risarcimento di 5 milioni ai brasiliani e l'ok definitivo al trasferimento del giocatore nella capitale francese.

L'ex Gremio ci mette pochissimo per farsi conoscere oltre oceano. Certo, il PSG non è la corazzata a cui siamo abituati oggi, di quei tempi era considerabile solo un club di passaggio per arrivare ancora più in alto. In Francia Ronaldinho rimane solo 2 anni, segnando 25 reti in 77 partite, brillando in Coppa Uefa e soprattutto ai Mondiali coreani del 2002. L'assist a Rivaldo contro l'Inghilterra rimane impresso per la facilità di conduzione che ha su tutto il campo. In quel match segnerà anche una strepitosa punizione da una distanza piuttosto importante e coronerà la prestazione con un'espulsione al 57esimo. Ronaldinho inizia a dare un assaggio di tutto quello che avremo l'onore di gustare nel suo periodo spagnolo. Le sue contraddizioni iniziano a palesarsi, tra una vitta notturna apparentemente sregolata e l'immensità dei suoi dribbling durante la partita del giorno dopo.

Ronaldinho è il miglior giocatore del mondo

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Nell'estate successiva a quella dello storico ed ennesimo mondiale conquistato con la nazionale, il giovane Dinho si trasferisce al Barcellona. Questa volta il passaggio non avviene a zero, anzi: 30 milioni spesi per portarsi a casa il talento mondiale, un acquisto esoso ma utile per le classiche campagne elettorali dei presidenti blaugrana (Laporta). Col numero 10 Ronaldinho è pronto a diventare la stella più brillante del mondo. Il brasiliano riporta alla prima stagione il club culé in Champions League, macina gol e assist conquistando subito il popolo catalano. 22 gol alla prima stagione e tanta sostanza. L'annata successiva (2004-2005), il Barça aggiunge tanta qualità a mister Rijkaard: Deco ed Eto'o. Inutile dire che così arriva il primo titolo spagnolo per Dinho e i compagni. Il nazionale brasiliano riduce la mole di gol ma aggiunge quelle dimensioni complementari utili al coinvolgimento del resto della squadra.

Ronaldinho Hull City

La giocata che convince l'intero mondo della superiorità manifesta di Dinho (la vittoria del Pallone d'oro 2005) è la rete contro il Chelsea negli ottavi di finale di Champions League. Seppur il Barcellona venga eliminato dai Blues di José Mourinho, nell'immaginario collettivo rimane l'azione che porta al temporaneo gol della qualificazione per i catalani. Dopo una partenza shock dove il Barça va sotto per 3-0, inizia il Ronaldinho show. Prima arriva la rete su rigore e poi il 3-2 ad accorciare le distanze. In questa marcatura c'è tutta l'essenza della poetica di De Andrade. I suoi piedi mischiano linguaggi come il poeta: ci sono elementi moderni come la rapidità dell'esecuzione, ci sono termini indigeni come il tiro di punta (classico del gioco di strada) e infine c'è il sincretismo, il neologismo ovvero la rete nella totalità. Rompere col tempo, questo vuole fare il 10 nella sua vita.

L'apertura della dimensione nativa

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La fine del periodo idilliaco nella foresta coincide con la massima espressione vitale di Ronaldinho. Il momento propizio è il derby col Real Madrid nell'autunno 2005, dove il Barça schiaccia i blancos per 3-0. Eto'o e doppio Ronaldo de Assis. C'è qualcosa di particolare in questo match perché siamo davvero immersi nella realtà che ha plasmato il calciatore. Sombreri, colpi di tacco volanti, tunnel, doppi passi. Sergio Ramos viene completamente annichilito. Ronaldinho ha prodotto una delle performance più memorabili dell'intera storia del calcio.

Ha compiuto il suo destino, ha creato nel campo quello spazio di rivendicazione brasiliana che l'intera comunità (di vivi e morti) gli chiedeva a gran voce. Il 10 cambia il tempo lineare e coloniale dell'occidente, lo distorce. Cambia direzione e ritmo a suo piacimento. Gli basta un passo per aprire la dimensione nativa, il tempo della pigrizia, l'accumulo dell'Axé (energia vitale). Il miglior giocatore del mondo ci permette così di entrare nella caoticità afrobrasiliana. Diventiamo parte integrante dei suoi rituali, delle sue danze, dei suoi stati di trance. Parlare di arte sarebbe davvero riduttivo, Ronaldinho produce il canto di Iemanja e si incarna in Exù, diventa il nostro intermediario per l'oltre.

L'arrivo nella città: Milano

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Il nazionale brasiliano al Barcellona vince ancora e ancora: un'altra Liga e soprattutto la Champions League, dove si prende la rivincita sul Chelsea, segnando anche una rete. Le due stagioni successive ripercorrono luci e ombre del percorso calcistico del Brasiliano che finisce la sua avventura col club catalano nell'estate 2008, dopo una stagione grigia e limitata da un infortunio all'adduttore. Coi blaugrana registrerà questi numeri incredibili: 207 match con 94 reti segnate. Poco male per i tifosi culé, dopo aver avuto il miglior giocatore del mondo avranno l'occasione di avere il miglior giocatore della storia...

Dinho si trasferisce nella fredda Milano, così come Macunaìma deve andare nella città di pietra dopo la foresta. Accolto tra le grandi feste dei tifosi italiani, la sua esperienza mette in luce quanto si intravedeva già dagli anni scorsi, in particolare dall'estate del Mondiale 2006. La lotta con la città moderna diventa sempre più incarnata. Tra una forte concorrenza interna (Kakà) e un contesto depresso e disfunzionale, la sua stella diventa sempre più fioca. Ancelotti non comprende bene come disporlo in campo e spesso lo accompagna in panchina.

Con Leonardo le cose sembrano andare  meglio, ma la malinconia che si porta dietro diventa sempre maggiore e i ritmi di Milano sembrano infastidirlo. L'arrivo di Max Allegri fa concludere definitivamente il suo mesto percorso in rossonero: è la presa di coscienza che il suo compito in Europa era stato portato a termine. Chiude l'esperienza milanista con 95 presenze e 26 gol, segno che anche da pigro e annoiato, il suo talento non ha comunque smesso di funzionare.

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Il ritorno a casa di Ronaldinho

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Macunaìma torna in Amazzonia alla fine del libro, porta con sè i trofei della civiltà ma non ritrova più il villaggio come una volta. Anche Ronaldinho fa rientro nella terra natìa. Flamengo, Atletico Mineiro, poi una fuga in Messico col Queretaro e la fine della carriera col Fluminense. Il brasiliano gioca un buon calcio sotto i colori rossoneri dell'orixa Exù e come la sua divinità tutelare torna ad essere dinamico, caotico e scherzoso. Segna tanto e vince anche una Libertadores con l'Atletico Mineiro. Coppa che nel 2013 gli varrà l'onoreficienza di calciatore sudamericano dell'anno. Inoltre sarà il primo calciatore in assoluto a vincere Mondiale, Copa America, Pallone d'oro, Champions League e Copa Libertadores. Durante il Mondiale per club del 2013, metterà a segno l'ultimo acuto importante contro il Bayern Monaco, in un match che i brasiliani del Mineiro perderanno comunque.

Questo ultimo periodo si contraddistingue per una rescissione consensuale dopo l'altra e per la poca concentrazione del giocatore nelle squadre che lo firmano. In Messico sono furiosi per le sue assenze agli allenamenti e il poco impegno mostrato. Ma Dinho non ha mai nascosto di essere così, anzi. È stato il portatore della pigrizia come valore, dell'elogio dell'ozio e di un tempo improduttivo. Ci ha consegnato la trascendenza nella spiritualità vodù e ci ha mostrato che un altro mondo esiste ed è possibile. L'augurio è quello della fine di Macunaìma: al termine del suo viaggio, il protagonista di De Andrade, abbandona la terra per diventare la costellazione dell'Orsa Maggiore.