derbyderbyderby calcio estero Lo sguardo della città: come Manchester cambia volto nei giorni di derby

Il derby e la città

Lo sguardo della città: come Manchester cambia volto nei giorni di derby

Manchester
Nel giorno del derby Manchester si trasforma: dai pub alle strade, tutto si tinge di rosso e blu. La città si svuota e resta sospesa per novanta minuti, per poi ricomporsi tra esultanze e delusioni. Un rituale che racconta la sua doppia anima
Silvia Cannas Simontacchi
Silvia Cannas Simontacchi

“Questa è Manchester, qui facciamo le cose diversamente”. Era il 1977, e a parlare era Tony Wilson, il fondatore dell’etichetta discografica Factory Records. L’economia era ferma, le squadre di calcio mediocri e i frontmen delle band che avrebbero reso cool la città portavano ancora il pannolino, ma la Storia avrebbe dato ragione a lui.

Patria della rivoluzione industriale, delle suffragette e ovviamente degli Oasis, nei giorni di pace Manchester è una quieta custode di negozi di dischi decadenti, thrift shop in cui scovare un paio di Levi’s 501 a 15 sterline, deliziosi ristoranti etnici e pub brutti ma rilassanti in cui sorseggiare birra in compagnia di qualche pensionato in orari non sospetti della mattina. Il simbolo della città è un’ape operaia, il suo colore un giallo miele che si trova dappertutto, in particolare sulla carrozzeria degli imponenti autobus a due piani che sfrecciano per la città.

Poi ci sono i giorni di derby, quando Manchester cambia volto, i rumori cambiano intensità e lo spazio urbano si divide a metà: rosso United e blu City.

City vs United: il Derby Totale

Lo sguardo della città: come Manchester cambia volto nei giorni di derby- immagine 2
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Dimenticare che giorno è sarebbe impossibile. Fin dalle prime ore del mattino, i pub espongono sciarpe e bandiere nelle vetrine; sulle lavagne all’ingresso il menù del giorno lascia spazio al derby, sempre accompagnato da qualche battuta sarcastica. I muri di mattoni si colorano di manifesti e murales, e le strade si riempiono di maglie, Adidas Spezial macchiate di birra e giacche a vento consumate da anni di tifo. Citizen o Red Devil? Sui tram che tagliano la città basta una sola occhiata per capire da che parte sta ciascuno, e ogni occasione è buona per dare il La a cori improvvisati e sfottò tanto divertenti quanto sguaiati.

E il materiale di certo non manca. Per decenni lo United ha guardato il City dall’alto in basso, con l’atteggiamento del fratello maggiore un po’ spaccone: forte dei trofei che affollano la bacheca dell’Old Trafford, delle glorie celebrate nelle sale del National Football Museum e, ovviamente, del destro di David Beckham. E anche del sinistro di David Beckham. Ma la musica è cambiata. Il City ha smesso di essere l’underdog della Premier League per trasformarsi in una corazzata capace di accumulare titoli su titoli. Con un attacco stellare e una difesa quasi impenetrabile, i Citizens hanno conquistato l’Olimpo del calcio, anche se, negli ultimi mesi, il trono ha traballato un po’. Ora, Pep Guardiola vuole ricordare a tutti chi è, mentre Ruben Amorim sta cercando la sua identità. Le aspettative sono altissime.

Manchester: una città, due anime

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Noel Gallagher, illustre mancuniano e tifoso del City, ha detto: Esteticamente, Manchester cambia... ma resta sempre la stessa. Per questo le persone di qui non perdono mai il loro accento”. Ogni volta, durante i fatidici 90 minuti, i quartieri si svuotano, le serrande di alcuni negozi si abbassano, persino i mezzi pubblici rallentano le loro corse. Tutto si ferma. Si aspetta.

Al triplice fischio, la città divisa si ricompone: e tanti fratelli, amici, colleghi e vicini di casa di fedi diverse possono tornare a parlarsi, anche se magari non subito. Per alcuni – i vincitori – sarà un bel lunedì. Per gli altri, sarà più grigio e piovoso del solito. È sempre stato così, e così sarà per sempre.