derbyderbyderby calcio estero Paolo Nicolato a DDD: allenare in Lettonia, tra concretezza e pazienza

Una scelta di vita

Paolo Nicolato a DDD: allenare in Lettonia, tra concretezza e pazienza

Nicolato
Paolo Nicolato, tecnico delle giovanili italiane, dirige la Lettonia come allenatore-coordinatore. In un anno avvia un progetto di crescita: conosce i limiti, valorizza l'impegno dei calciatori e punta a migliorare formazione e strutture. sì
Michele Bellame
Michele Bellame Redattore 

Paolo Nicolato è un tecnico che ha costruito la sua carriera nelle selezioni giovanili italiane. Da circa un anno, ha accettato un incarico all’estero: la guida, con ruolo anche di coordinamento tecnico, della nazionale lettone. Ha spiegato che quella scelta gli ha permesso di tornare a confrontarsi con un calcio diverso dal nostro, mettendo in campo esperienza e la volontà di costruire un processo di crescita sul medio-lungo periodo. Questa intervista è stata rilasciata dopo le partite contro la Serbia e l'Albania, e quelle da disputare con Andorra ed Inghilterra.

Nel corso della più che piacevole conversazione Paolo Nicolato ha restituito l’immagine di un tecnico che sta costruendo qualcosa con realismo: riconosce i limiti del contesto, celebra l’impegno dei giocatori e insiste sulla necessità di un progetto che punti a migliorare strutture, formazione e cultura sportiva. Nicolato ha delineato con chiarezza la distanza dagli standard europei, e la concretezza di un piano di lavoro che procede con pazienza e rigore.

Bilancio delle qualificazioni: lettura lucida dei risultati

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Nicolato ha tracciato un bilancio schietto e pragmatico: «Abbiamo perso entrambe 1-0. Devo dire che per il nostro livello, che ci sono 100 posizioni di differenza in ranking FIFA, siamo abbastanza soddisfatti». Ha poi aggiunto che la squadra aveva mostrato elementi incoraggianti, sottolineando: «Ci sono state delle prestazioni all'interno delle quali abbiamo mostrato delle buone cose. Abbiamo colpito due pali, abbiamo avuto delle chance di fare gol».

La sua lettura è stata chiara: si stava misurando un divario oggettivo con avversarie che schierano calciatori abituati a palcoscenici come la Champions League: «Naturalmente non possiamo in questo momento competere con questo tipo di formazioni che presentano giocatori che giocano in Champions League».

Nicolato e la Lettonia: motivazioni e prospettiva del progetto

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Quando ha raccontato la genesi della sua esperienza, Nicolato ha posto l’accento sulla volontà personale di restare nel panorama internazionale e di affrontare una sfida diversa: «Ti dirò che io avevo voglia di rimanere in campo internazionale. Avevo voglia anche di fare un'esperienza all'estero… Avevo avuto qualche opportunità in passato, ma per motivi familiari ho preferito declinare; quando ho avuto la proposta della Lettonia, mi sembrava il momento giusto». Quella di Nicolato è una scelta di vita: «Io vivo qua, mi è stata chiesta una presenza fissa proprio perché c'era bisogno di lavorare in profondità non solo sulla nazionale A ma anche di formazione. Ogni tanto vado a casa per brevi periodi, però passo l'80-90% dell'anno qui». Questa misura — ha sottolineato — è funzionale all’intento di tracciare una linea comune nelle varie fasce nazionali.

Ha ricordato come la federazione lettone gli abbia proposto un ruolo esteso, non solo di allenatore della prima squadra ma anche di coordinatore: «Loro mi hanno contattato con grande decisione… Hanno insistito, gli interessava non solo una figura di allenatore della prima squadra, ma anche di coordinatore tecnico di tutte le nazionali. Questo è stato un plus che mi ha convinto».

Da dove vengono i giocatori?

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Per introdurre la composizione dell’organico ha spiegato che il gruppo è eterogeneo e in buona parte formato da elementi legati al campionato locale: «Per il 50% provengono dalla Liga locale, sono quasi professionisti, qualcuno quasi semi-professionista, e per l'altro 50% sono ragazzi che stanno giocando in campionati stranieri, ma nessuno in campionati importanti». Per esempio: «C'è uno che gioca in Scozia, uno che gioca in Svizzera, il resto giocano tutti in campionati per divertire il Sud Corea, piuttosto che la Malesia».

E ha richiamato un caso emblematico che fotografa il livello attuale: «Avevamo fino a poco tempo fa Schitz, che era un giocatore che il Parma ha preso ancora un paio di anni fa: è andato in prestito all'Atletico Madrid B in Serie C spagnola. Quindi è l'unico giocatore che potenzialmente gioca in un campionato prestigioso».

Mentalità del gruppo: disciplina, applicazione e limiti creativi

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Per spiegare il carattere del materiale umano a disposizione, ha iniziato sulla cultura del lavoro che ha trovato: «Sono lavoratori, è un popolo molto educato, educato all'obbedienza, ed è anche facile allenarli, è facile migliorarli, perché è gente che ascolta, che ha voglia di migliorarsi». Allo stesso tempo, ha evidenziato un limite: la forte disciplina, spesso, sacrifica la creatività individuale, e ciò richiede un lavoro didattico approfondito: «La difficoltà più grande è la creatività: la loro disciplina, e la concezione al lavoro, sacrifica la creatività. Sono giocatori che bisogna indottrinare in tutto, perché tante volte non hanno la capacità di offrire soluzioni individuali».

Nicolato: "Una scelta che rifarei"

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Nel raccontare il valore umano e professionale dell’esperienza ha usato parole di entusiasmo e riflessione: «Questa è una grandissima esperienza dal punto di vista sportivo… riscopri alcune cose che magari avevi perduto… devi trovare soluzioni, devi trovare il modo giusto per interagire, un nuovo linguaggio, nuova educazione, un nuovo modo di pensare, un nuovo modo di relazionarsi».

Ha osservato che la diversità culturale rispetto all’Italia richiede adattamento, ma allo stesso tempo arricchisce il lavoro quotidiano: «La nostra cultura italiana è molto diversa dalla cultura qui… anche la semplice comunicazione… per me è un'esperienza che rifarei sicuramente».

Il confronto con l’Italia: osservazioni sul sistema calcistico

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Immancabile, infine, un commento sull'Italia; mister Nicolato ha voluto distinguere tra critica e realismo: «Nel calcio italiano mi manca la qualità… l'interesse a fare il calcio che c'è in Italia è totalmente diverso… il passato è passato e non ci dà mai garanzia del futuro.» Ha rimarcato che i problemi del nostro sistema non si risolvono con una sola scelta tecnica, ma richiedono interventi di sistema: «Le scelte devono essere più profonde, più radicali di sistema, di approccio, di investimenti… bisogna investire, bisogna avere idee… quando non siamo in soldi bisogna avere ancora più idee.»

Sulla questione se cambiare o meno il timone della nazionale abbia senso per invertire la tendenza, Nicolato ha risposto con cautela ma con una posizione netta: «Io non credo sinceramente che il problema dell'Italia sia il livello degli allenatori: il livello del nostro calcio in questo momento è quello che è, ed è difficile pensare di cambiarlo con una sola scelta dell'allenatore.Negli ultimi vent'anni - ha aggiunto - abbiamo cambiato molti allenatori ma non mi pare che questo abbia risolto il problema...».