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27 luglio 2011, stadio Vila Belmiro di Santos, stato di San Paolo. Sugli spalti, circa 13.000 tifosi attendono il fischio d’inizio. Va in scena Santos contro Flamengo: l’atmosfera rovente del derby interstatale scalda l’inverno carioca. I padroni di casa, che appena un mese prima hanno alzato la loro terza Copa Libertadores in faccia al Peñarol, vogliono rifarsi da un avvio stentato nel Brasileirão. Il Flamengo, terzo in classifica e imbattuto da undici giornate, vuole dimostrare che questa striscia positiva ha i suoi buoni motivi.
Nessuno, nemmeno il più ottimista tra i presenti, può immaginare di essere sul punto di assistere a una delle partite più folli, spettacolari e indimenticabili della storia del futebol. Dopo novanta minuti da PlayStation, finirà 5-4 per il Fla: nove gol, una rimonta da brividi e un duello epico. Ettore contro Achille: da una parte Neymar, 19 anni, enfant-terrible del calcio mondiale, con il futuro ai piedi e la cresta al vento. Dall’altra Ronaldinho, 31 anni, tornato in patria dopo aver incantato l’Europa e ancora lontano dal canto del cigno.
La falange bianconera, oltre a Neymar, schiera Ganso, Elano e Borges, tutti nel pieno del loro fulgore. Il Flamengo risponde con una formazione compatta, costruita attorno a Ronaldinho e ad altri nomi importanti: Thiago Neves, Deivid, Léo Moura.
Il Santos è la squadra di Pelé, da anni alla ricerca di un erede. Ora, però, sembra averlo trovato: l’eletto si chiama Neymar da Silva Santos Júnior. Ha solo diciannove anni, ma ha già collezionato 34 gol e 20 assist in 80 presenze con la maglia bianconera. Ha appena esordito con la Seleção e preso parte alla Copa América in Argentina, conclusa con l’amara eliminazione ai rigori contro il Paraguay.
Dopo 26 minuti, il Santos è già avanti 3-0. Neymar apre le danze al 4’: segna subito, come se fosse la cosa più facile del mondo. Al 16’ è ancora protagonista: ruba palla, scambia con Ganso, e dopo un primo tentativo respinto, da terra riesce comunque a servire Borges per il 2-0. Dieci minuti dopo, firma il gol della serata — anzi, dell’anno: parte da sinistra, punta l’uomo, triangola con Borges, salta un difensore, poi un altro, e insacca con un destro potente e preciso. Una rete da manuale, che vincerà il FIFA Puskás Award, superando perfino Wayne Rooney e Leo Messi.
Leggero, ispirato, inafferrabile: è il Neymar prima del Barça e delle feste esagerate, ancora spensierato, ma già nel radar del calcio che conta.
Il Santos è avanti 3-0 e i giochi sembrano fatti. Ma tra le fila del Flamengo c’è un altro fuoriclasse, tornato dall’Europa per ricordare a tutti chi è: Ronaldinho.
Al 28’ è proprio lui ad approfittare di una respinta corta del portiere Rafael e a firmare il 3-1. Passano cinque minuti e Thiago Neves accorcia ancora: 3-2. Il Flamengo prende coraggio, mentre il Santos inciampa. Poco prima dell’intervallo, Elano spreca l’occasione per riallungare dal dischetto tentando un cucchiaio, morbido e prevedibile, che finisce tra le braccia del portiere Felipe. Che, davanti a lui, si mette a palleggiare in area. Il pubblico impazzisce.
Nella ripresa, Neymar segna il 4-2, ma il Flamengo ormai sembra inarrestabile, e a spingerlo è proprio Dinho. Si procura una punizione dal limite e la trasforma con un colpo da maestro: rasoterra sotto la barriera, 4-4. Sembra tornato ai fasti europei: dribbla, si gira verso la panchina, allarga le braccia e ride: “Ve l’avevo detto”.
All’81’ è lui ad avere l’ultima parola. Una palla persa a centrocampo si trasforma in una pietra tombale per il Santos. Lui riceve al centro dell’area e non sbaglia: 5-4 Flamengo. È la sua prima — e unica — tripletta con la maglia rossonera di Rio. Nella partita più cult del calcio brasiliano.
Arriva il triplice fischio al Vila Belmiro, tra stupore, delusione ed euforia. È la notte in cui la stella di Dinho continua a brillare alta nel cielo del futebol, mentre la supernova Neymar è pronta a esplodere. Il giorno dopo, la stampa brasiliana titola: O jogo do século, la partita del secolo.
Il match viene subito accostato a un’altra sfida leggendaria, Vasco-Palmeiras 4-3 del 2000. Ma stavolta c’è qualcosa in più: uno scontro generazionale tra chi ha già incantato il mondo, e chi sta per raccoglierne l’eredità. Rivederla oggi è come affacciarsi su un’altra epoca. Non solo perché né Neymar né Ronaldinho giocano più in Brasile, ma perché quel calcio era diverso: più istintivo, più sfrontato, meno calcolato.
Non sorprende che, ancora oggi, gli highlights di quel Santos-Flamengo siano tra i più cliccati su YouTube alla voce “best match ever” o “crazy football games”. Neymar sarebbe volato a Barcellona due anni dopo, pronto a entrare nel calcio dei grandi. Ronaldinho avrebbe lasciato il Flamengo nel 2012, in un quiet quitting tra Atlético Mineiro, Querétaro e Fluminense. Ma quella notte, per novanta minuti, il passato e il futuro hanno condiviso lo stesso rettangolo verde. E il mondo intero ha ricordato cosa significa jogar bonito.
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