Cosa succede quando metti a confronto il tifo pop-art californiano con la liturgia pagana carioca? Quando la coreografia diventa rito, e la curva uno spazio scenico? Succede che LAFC e Flamengo, pur divisi da migliaia di chilometri e da una manciata di Coppe Libertadores, finiscono per essere attori dello stesso spettacolo: il calcio come performance collettiva.
Il tifo
Coreografie e tifosi: LAFC e Flamengo, atmosfere a confronto

La marea nera-oro di Los Angeles
Partiamo da Los Angeles. Qui il tifo si organizza attorno a un nome preciso: The 3252. Non è un codice postale, ma il numero esatto di posti in piedi della North End, la curva più calda del Banc of California Stadium. The 3252 è una tifoseria moderna, quasi glamour, con una sua estetica e perfino dei profili social curatissimi. Black & Gold sono i colori, Gogeta (sì, quello di Dragon Ball) è stato il volto di una delle coreografie più note, e il ritmo lo dettano tamburi, i cori in spagnolo e in inglese, e il senso hollywoodiano per lo spettacolo.
Il risultato è una tribuna che ha le stesse vibes di un festival hip-hop e in cui convivono cultura urbana, identità multiculturale e un senso d’appartenenza da vera hinchada sudamericana. Solo che, per ora, l’effetto coinvolge soprattutto la North End: il resto dello stadio si limita ad assistere allo show, tra selfie e popcorn.
Flamengo: benvenuti all’inferno

Nell’emisfero opposto, la Nação Rubro-Negra non guarda. Con i suoi 40 milioni di tifosi, più che altro, invade. Il Maracanã non è solo uno stadio: è un tempio, e ogni partita del Flamengo è una cerimonia profana. Coreografie 3D, fumogeni, striscioni biblici, tamburi scatenati: qui non si cerca il colpo d’occhio, si punta allo shock emotivo. Chi entra nello stadio lo sa: vai sentir o calor do inferno.

La tifoseria non è racchiusa in un settore, ma si diffonde in ogni ordine di posto. Non esiste distinzione tra chi tifa e chi guarda: tutti fanno parte dello spettacolo. Quando il Flamengo scende in campo per una finale, la città si blocca. E non è un modo di dire. Teatrale, eccessiva, straripante, la torcida rossonera non tradisce mai. E anche stavolta si è caricata sulle spalle l’ingrato compito di infiammare gli spalti – spesso malinconici e mezzi vuoti – del Mundialito 2025. L’ AeroFla, che ha scortato la squadra all’aeroporto, è stato definito dalla FIFA “la forza del calcio”. Una definizione che, per una volta, non sembra esagerata.
LAFC- Flamengo: chi vince sugli spalti?
—In fondo, non è una gara. O forse sì, ma non la vince chi fa più rumore o lancia più fumogeni. La vince chi riesce a rendere lo stadio un luogo in cui sentirsi parte di qualcosa. In cui il calcio diventa, ancora una volta, molto più di ventidue uomini in mutande che corrono dietro a un pallone.
Se parliamo di calore e sentimento, non c’è partita: i brasiliani giocano la Champions League e gli americani il campionato. Ma se domani la North End dovesse cantare in portoghese e il Maracanã esibire una coreografia ispirata a One Piece, sarebbe solo l’ennesimo capitolo di un dialogo che, da curva a curva, non ha mai avuto bisogno di traduzioni.
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