A meno di un anno dal terribile incidente occorso a Sergio Rico a fine maggio 2023, quando a El Rocio, in provincia di Huelva, è caduto da cavallo, ha subito un colpo alla testa e trascorso 26 giorni in coma, il portiere spagnolo è felice di vedere che i progressi continuano a essere positivi. Recentemente, il numero 16 del PSG è tornato con la compagna Alba Silva sul luogo dell’incidente per ringraziare la Vergine Maria e ha rilasciato un’intervista a Canal + Foot, ripercorrendo quei momenti.
RESTò IN COMA 26 GIORNI
Sergio Rico e la compagna Alba Silva sul luogo della caduta da cavallo: “Vergine Maria, Grazie!”
“Rimasero tutti molto sorpresi e mi spiegarono che avevo avuto un grave incidente – racconta il 30enne –, per poi dirmi che avrei potuto riprendere a giocare. Da quel momento in poi mi sentii sollevato. Quasi saltai giù dal letto dell’ospedale. La vita è molto importante. Nessuno vuole morire ma se avessi dovuto smettere di giocare a calcio, non ne sarebbe valsa la pena”.
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Sergio Rico spiega di essersi salvato anche grazie alla sua preparazione atletica: “La verità è che devo tutto al calcio, è tutta la mia vita. Un medico mi ha spiegato che le mie arterie erano un po’ più forti di quelle di una persona normale, che non faceva tanto esercizio fisico. Mi sentivo molto fortunato a essere ancora vivo perché la situazione era molto grave ed era in gioco la vita. I medici avevano detto che c’era un rischio in termini di equilibrio, però è perfetto. È quasi un miracolo che io stia così bene. Non debbo superare i 130 battiti al minuto. Tutto ciò che posso fare senza superare questo limite, lo faccio”.
Inoltre l’ex arquero di Maiorca, Fulham e Siviglia ricorda emozionato suo padre, scomparso non tantissimi giorni prima dell’incidente: “Durante la mia degenza in ospedale (il ‘Virgen del Rocio’ di Siviglia, ndr) ho sognato mio padre. Ero per strada, ero da una parte e vedevo mio padre dall’altra parte. L’ho visto e l’ho chiamato: ‘Papà! Papà!’ ma lui non mi sentiva e continuava ad andare avanti. È stato molto commovente perché era un segno chiaro che non era giunta ancora la mia ora, che lui mi aiutava e continuava a vivere in me. Ero in lacrime”.
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