West Ham-Tottenham non è il derby più famoso di Londra, ma è comunque tra i più autentici. Tanto gli Hammers quanto gli Spurs considerano altri club come i loro nemici naturali: i Gunners nella zona nord della città e il Millwall appena a sud del fiume. La loro non è la rivalità glamour di Chelsea-Arsenal: qui c’è l’odore del sudore, del ferro e della birra fin dalle undici del mattino. Non c’è un odio viscerale, nemmeno dei dissapori per motivi geografici, solo una sana antipatia reciproca e la voglia di prevalere l’una sull’altra ogni volta che se ne presenta l’occasione.
Il tifo
West Ham-Tottenham: cori, coreografie e tifoserie a confronto

LONDRA, INGHILTERRA - 15 FEBBRAIO: Una vista dettagliata di un cappellino da tifoso del West Ham United ricoperto di spille del West Ham United prima della partita di Premier League tra West Ham United FC e Brentford FC al London Stadium il 15 febbraio 2025 a Londra, Inghilterra. (Foto di Justin Setterfield/Getty Images)


West Ham-Tottenham: East End contro North London
—Gli Hammershanno radici operaie: sono i figli dell’East End e del cantiere navale di Thames Ironworks, la loro è la Londra di Brick Lane, dell’accento cockney, dei pub affollati e della cultura di strada. Tottenham, invece, è un pittoresco quartiere di North London, con un’identità multiculturale e forti legami con la comunità ebraica che la abita, e che negli anni ha lasciato un segno riconoscibile nei cori, nell’orgoglio cocciuto e nell’autoironia della squadra locale. I loro sono due modi diversi di vivere la città e il calcio, ma tutto sommato non così distanti.

Coreografie, cori e simboli
—In Premier League non c'è posto per il tifo pirotecnico centroeuropeo. Eppure, ci sono dei rituali che sono sopravvissuti alla All Seating Policy di Margaret Thatcher ieri, e che forse sopravvivranno persino agli aumenti vertiginosi dei prezzi dei biglietti di oggi. Ma è con i cori che le due tifoserie danno il meglio (e il peggio) di sé.
Al West Ham basta l’inno: “I’m Forever Blowing Bubbles”, che con le sue note malinconiche accompagna l’entrata in campo della squadra, mentre una macchina a lato del terreno di gioco riempie lo stadio di bolle di sapone. La tenerezza di questa immagine, tanto delicata ma anche fieramente proletaria, sta tutta nell’analogia con i sogni, ugualmente impalpabili e destinati a svanire con un soffio. La malinconica tenerezza di questo inno, però, non deve ingannare: gli Hammers sanno comunque essere pungenti quando arriva il momento dello sfottò ai rivali, con cori che ricordano il passato hooligan e superano ampiamente i confini del politically correct.
Il Tottenham, invece, punta sullo spettacolo moderno più che sulle coreografie classiche, su cori autoironici ma anche velenosi verso tutti, in particolare Arsenal e Chelsea. Negli ultimi anni, però, gli Spurs hanno iniziato a imitare il tifo “continentale”, con mosaici, bandiere e sciarpate ad accompagnare l’ingresso in campo. La storia della loro tifoseria è segnata da un legame profondo con la comunità ebraica del North London, che per decenni ha attirato epiteti spregiativi e cori antisemiti da parte degli avversari. Per ribaltare quegli insulti, i tifosi hanno iniziato a definirsi Yid Army – esercito giudeo – trasformando un termine offensivo in un punto di orgoglio. Negli ultimi anni, però, si discute molto su quanto sia giusto continuare a rivendicare quel nome o se sia meglio lasciarlo al passato.
Stadi e atmosferail

Il Tottenham Hotspur Stadium viene descritto da molti come un gioiellino ultramoderno, dove il tifo si fonde con l’intrattenimento, tra maxi-schermi e spillatrici ultramoderne, in una struttura perfetta e sicura. Lo stadio più bello del mondo, forse, eppure non sono in pochi i tifosi a cui manca il vecchio White Hart Lane, con le gradinate che finivano praticamente in campo.
Al London Stadium, ex Olympic Stadium, tira un’aria ben diversa: più dispersivo rispetto al vecchio e indimenticato Upton Park, ma con un pubblico che rivendica ancora la propria anima “East End” e fatica ad accettare la nuova sistemazione. Non è raro che dagli spalti si alzino cori nostalgici contro il trasferimento, come a ribadire che il vero West Ham, quello più “greve”, è rimasto nei pub di Green Street.
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