“Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta”. Sono le parole del saggista Indro Montanelli stampate sul Corriere della Sera il 6 maggio 1949 in ricordo della tragedia di Superga. Dopo 76 anni la ferita è ancora aperta. Ma possono passarne anche 100, perché niente potrà far dimenticare quel volo che il 4 maggio 1949 costò la vita al Grande Torino, a quella squadra di invincibili che ha scritto indimenticabili pagine di storia del calcio italiano e mondiale.
Grande Torino
4 maggio 1949, l’aereo del Grande Torino si schianta a Superga: calcio in lutto

Volunteer Vito Mazzilli adjusts the jersey of Grande Torino's football player Ezio Loik in the Museum of Grande Torino and Granata's legend in Grugliasco, near Turin, on April 23, 2019. - Every year thousands gather at the Basilica of Superga overlooking Turin to commemorate the memory of Italian football's all-conquering 'Grande Torino' team who were wiped out in an air disaster. This year, Englishman Bill Lievesley will be among them to mark the 70th anniversary of the tragedy which claimed the lives of 31 people including his father Leslie Lievesley, the team coach, among 18 players and officials. (Photo by MARCO BERTORELLO / AFP) (Photo credit should read MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images)


Il Grande Torino, una squadra invincibile battuta solo dal destino
—Se il mondo del calcio ha conosciuto il Grande Torino bisogna ringraziare Ferruccio Novo. Era il 1939 quando questo imprenditore di 42 anni preleva la squadra da Cuniberti con un obiettivo ben chiaro: fare del Torino una delle migliori squadre di Italia, se non la migliore. E non solo è riuscito nell'intento, ha anche trasformato quella squadra in una leggenda. Una compagine composta da ragazzi con la passione per il calcio che, in un'Italia ancora segnata dal disastro del secondo conflitto mondiale, è stata vista come un punto di riferimento per riemergere da una situazione politica ed economica molto difficile.
Non c'era ostacolo che non potesse superare quella squadra di fenomeni. Persino la Juventus si è dovuta fare da parte e cedere lo scettro. Quei ragazzi, capitanati da Valentino Mazzola, hanno scritto pagine di storia destinate a rimanere per sempre nella memoria dei tifosi, granata e non solo. Giocatori che hanno offerto un contributo indimenticabile anche con la maglia della Nazionale. Memorabile è ancora oggi quella partita contro la Svizzera a Firenze del 27 aprile 1947, quando dal 1' giocarono nove giocatori del Torino, mentre nella sfida con l'Ungheria (11 maggio dello stesso anno) erano addirittura dieci i rappresentanti dei colori granata.

Non c'era modo migliore per descrivere quella squadra se non un aggettivo semplice, ma perfetto: grande, che vuol dire simbolo dell'eccezionalità di qualcosa. Perché questo erano i giocatori granata. E lo dimostrano anche i numeri: cinque campionati vinti consecutivamente, 274 punti conquistati su 344 disponibili, 440 reti segnate, 151 rete subite. Si aggiunge poi il record tutt'ora imbattuto di reti segnate in una singola stagione (125), 88 partite consecutive in casa senza sconfitta, vittoria più larga in una partita di campionato a girone unico (10-0 all'Alessandria). Per non parlare delle vittoria per 7-1 a “Campo Testaccio” contro la Roma del 28 aprile 1946, a oggi la più ampia vittoria esterna di una squadra.
Memorabile è anche il famoso "quarto d'ora granata": ad un certo punto della partita, durante le partite casalinghe al “Filadelfia”, si sente suonare una tromba e a quel suono Valentino Mazzola si tira su le mani, carica la squadra e questa va a dominare la parte finale della partita. A suonare la tromba è Oreste Bolmida, capostazione di Torino Porta Nuova, grande tifoso granata che ad un certo punto si alza in piedi, suona il suo strumento che riecheggia per tutto il campo dando la scossa alla squadra. La tromba di Bolmida dà la carica soprattutto nei momenti di difficoltà, come il 30 maggio 1948 quando la Lazio vince 0-3 dopo 20 minuti dal fischio di inizio, ma dopo il suono della tromba il Toro segna 4 reti in trentasei minuti, ribaltando lo svantaggio e vincendo la partita.

Ma chi poteva mai battere quei fenomeni? Non certo un essere umano. Purtroppo ci ha pensato quel maledetto volo del 4 maggio 1949. Durante il viaggio di ritorno da Lisbona per un amichevole con il Benfica, l'aereo con a bordo giocatori, staff, dirigenti e addetti si schianta violentemente contro la Basilica di Superga alle ore 17:05. Nessuno sopravvive.
La notizia della tragedia rimbalza su tutte le radio e i giornali escono in edizione straordinaria. Il giorno dopo l’Italia si sveglia con la tragica notizia. La camera ardente è a Palazzo Madama e le esequie si tengono il 6 maggio al Duomo di Torino e partecipano 600mila persone, tra tifosi e non tifosi. Torino allora aveva poco più di 700mila abitanti. Con quella tragedia si chiude una pagina di storia, si chiude la parabola di quella che per molti rimane la più grande italiana di tutti i tempi. Un gruppo di giocatori che, come si dice da allora, “solo il fato li vinse”.
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