Ogni giocatore in campo porta con sé non solo talento e abilità, ma anche una storia nascosta nel proprio cognome. Dall’Italia all’Africa, dai Balcani al Nord Europa, i cognomi raccontano origini geografiche, mestieri antichi, legami familiari e valori simbolici che attraversano generazioni. In questo viaggio attraverso i nomi dei protagonisti dell’Atalanta, scopriamo come la storia e l'etimologia di un cognome possa riflettersi nel gioco dei suoi portatori. In rigoroso ordine numerico, quindi in base alla numerazione ufficiale dell'Atalanta, snoccioliamo le varie etimologie dei calciatori bergamaschi.
L'etimologia nel calcio
Atalanta, da De Ketelaere a Samardzic: l’etimologia dei cognomi della Serie A

Atalanta, dal "panettiere" "all'uomo di pace": l'etimologie dei cognomi
—Partiamo dal numero 5 Mitchel Bakker, nato a Purmerend nei Paesi Bassi. Il classe 2000, figlio di Edwin e cugino di Justin Bakker, entrambi ex calciatori professionisti, porta un cognome di origine olandese, molto comune nel suo paese. “Bakker” deriva direttamente dal mestiere di fornaio: in neerlandese significa infatti “colui che cuoce il pane” o “panettiere”. La radice bak- proviene dal verbo neerlandese bakken, che significa “cuocere al forno”, sottolineando così l’attività lavorativa degli antenati che portavano questo nome. È uno dei cognomi più diffusi in Olanda, con circa trentamila persone che lo portano ancora oggi, e si ritrova anche nelle comunità olandesi all’estero, in Belgio, Sudafrica e Stati Uniti, come traccia di una tradizione che ha attraversato i secoli.
Yunus Dimoara Musah, maglia numero 6, nato a New York nel 2002 da genitori ghanesi e cresciuto calcisticamente in Inghilterra. Il suo cognome affonda radici profondamente religiose e simboliche. Musah deriva dall’arabo Mūsā, la forma coranica e biblica di Mosè. Il significato è chiaro e potente: “colui che è tratto dalle acque”, richiamando l’episodio in cui Mosè bambino fu salvato dalle acque del Nilo. Si tratta quindi di un cognome che racchiude in sé un messaggio di salvezza, protezione e guida spirituale. Diffuso in tutto il mondo musulmano e nelle comunità africane islamizzate, dal Nord Africa al Sahel, fino all’Africa occidentale, è presente anche nelle diaspore europee e americane, spesso nella grafia “Musah” o “Musa”.
Kamaldeen Sulemana, numero 7, nato a Techiman in Ghana nel 2002, porta un cognome che affonda le sue radici tra Africa occidentale e mondo arabo-islamico. Sulemana deriva infatti dal nome arabo Sulaimān, che corrisponde al biblico e coranico Salomone. Il significato è ricco e profondo: Sulaimān vuol dire “uomo di pace” o “pacifico”, ed è legato al profeta Salomone, venerato per la sua saggezza e giustizia. In contesti africani, il cognome viene spesso interpretato come “re saggio” o “re pacifico”, riflettendo qualità di equilibrio, guida e leadership. Il cognome è molto diffuso in Ghana e Nigeria, ma anche in altre aree dell’Africa occidentale a forte tradizione musulmana, fino a toccare il Sahel e il Nord Africa.
"Dal figlio del Pascià a "Colui che viene dal campo"
—Super Mario Pašalić, maglia numero 8, nato a Magonza in Germania nel 1995 da genitori croati, ha un cognome che racconta con forza le radici balcaniche della sua famiglia. Pašalić è tipico della Croazia e della Bosnia-Erzegovina e appartiene alla categoria dei cognomi patronimici, ossia quelli che indicano la discendenza: il suffisso -ić, molto diffuso nei paesi slavi meridionali, significa infatti “figlio di” o “discendente di”. La radice del cognome, Paša, rimanda invece al titolo turco “Pascià”, usato nell’Impero Ottomano per designare governatori, ufficiali militari e figure di alto rango.
Il significato del cognome è quindi chiaro: Pašalić vuol dire letteralmente “figlio del Pascià”, ossia discendente di qualcuno che deteneva autorità e prestigio. Si tratta di un cognome che porta con sé un’aura di importanza storica e di potere, legato a secoli di intrecci culturali tra mondo slavo e dominio ottomano. Diffuso in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Serbia, Pašalić è oggi presente anche nelle comunità della diaspora balcanica in Europa occidentale e in Nord America.
Lazar Samardžić, con il numero 10, nato a Berlino nel 2002 da famiglia serba, porta un cognome che racconta in modo vivido un mestiere antico e prestigioso. Samardžić appartiene infatti alla tradizione slava balcanica, e come molti cognomi di quella regione termina con il suffisso -ić, che significa “figlio di” o “discendente di”. È dunque un cognome patronimico, che lega la persona all’attività o alla condizione sociale di un antenato.
La radice Samardž- ha origini turche: deriva da samar, cioè “sella” o “bardatura del cavallo”. Da qui, nel lessico serbo-bosniaco, samardžija designava il sellaio, l’artigiano che costruiva o riparava selle e altri equipaggiamenti per i cavalli, figura fondamentale in una società in cui il cavallo rappresentava ricchezza, prestigio e potere militare. Di conseguenza, Samardžić significa letteralmente “figlio del sellaio”. La sua diffusione si concentra in Serbia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro, ma è presente anche nelle comunità emigrate in Germania, Austria e Nord America.

Marten Elco de Roon, nato a Zwijndrecht nei Paesi Bassi nel 1991. Il suo cognome affonda le radici nella tradizione linguistica olandese. De Roon è formato da due elementi: la particella “De”, che significa “il” o “la”, e il termine Roon, probabilmente di origine toponimica. La radice Roon sembra infatti derivare dal basso tedesco/olandese rone, con il significato di “campo” o “radura”. In questo senso, De Roon si può interpretare come “colui che viene dal campo” o “dalla radura”. È un cognome piuttosto raro, diffuso soprattutto nei Paesi Bassi nord-occidentali, ma presente anche tra le comunità della diaspora olandese in Belgio, Germania e Stati Uniti.
Atalanta: sapevate che c'è un calciatore che lavora la carne secca?
—Charles Marc S. De Ketelaere, con il numero 17, nato a Bruges nel 2001. Con lui entriamo nella tradizione linguistica delle Fiandre. De Ketelaere è tipico del Belgio fiammingo e dei Paesi Bassi, e si inserisce nel solco di molti cognomi della regione caratterizzati dalla particella “De”. La radice del cognome è particolarmente interessante: Ketelaere unisce due elementi del linguaggio popolare medievale. Da un lato kete o ketel, cioè “caldaia” o “recipiente di metallo usato per cucinare”; dall’altro laere, che indica un “campo” o un “terreno aperto”.
Il risultato è un cognome che può essere interpretato come “colui che vive vicino al campo della caldaia” oppure “proprietario di un terreno legato alla produzione o al commercio di caldaie e oggetti metallici”. La sua diffusione resta fortemente radicata nelle Fiandre belghe, ma si trova anche nei Paesi Bassi e in alcune comunità della diaspora belga in Europa e oltreoceano.
Marco Carnesecchi, portiere titolare dell'Atalanta che indossa la 29, nato a Rimini nel 2000, porta un cognome dal sapore profondamente italiano e legato a un mestiere antico. Carnesecchi è tipico soprattutto del Nord Italia, Lombardia, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. La radice è piuttosto trasparente: “carne” indica proprio la carne, mentre “secchi” rimanda a “secco” o “essiccato”. L’unione dei due elementi suggerisce un legame con la conservazione della carne, probabilmente con la produzione di carni salate o essiccate, metodo molto diffuso nelle epoche passate per garantirne la durata.
In alternativa, il cognome potrebbe indicare un macellaio o una famiglia che abitava vicino a un luogo legato alla macellazione e lavorazione della carne. Il significato è quindi chiaro: Carnesecchi può essere interpretato come “colui che lavora o conserva la carne secca”, un cognome che affonda le sue radici nella vita quotidiana e nelle necessità alimentari delle comunità italiane medievali e rinascimentali.
Atalanta: "Dal figlio di colui che era calvo all'abitante vicino ad un corso d'acqua"
—Giorgio Scalvini, maglia 42, nato a Chiari nel 2003. Il cognome del talento dell'Atalanta, tipicamente lombardo, deriva dalla radice dialettale scalv-, che significa “pelato, rasato o calvo”. Il suffisso -ini indica discendenza o appartenenza familiare, trasformando così il termine originario in un vero e proprio cognome patronimico. In altre parole, Scalvini significa letteralmente “figlio di colui che era calvo” o “discendente del calvo”.
Marco Sportiello, di ritorno a Bergamo con il numero 57, nato a Desio nel 1992, porta un cognome che racconta con eleganza le origini dialettali del Nord Italia. Sportiello è diffuso soprattutto in Lombardia, con alcune presenze anche in Toscana, e nasce dall’unione di due elementi tipici della formazione dei cognomi italiani: la radice e il suffisso. La radice “Sporti-” deriva dal termine dialettale sporto, che significa “sporgenza” o “prominenza”, mentre il suffisso “-iello” indica un diminutivo o un senso di appartenenza. Il significato complessivo può quindi essere interpretato letteralmente come “piccola sporgenza”, ma metaforicamente richiama chi si distingue o emerge dalla massa.
Nicola Zalewski, numero 59, nato a Tivoli nel 2002 da famiglia polacca. Il termine “zalew” in polacco significa “inondazione, allagamento o bacino d’acqua”, mentre il suffisso -ski indica “proveniente da” o “appartenente a”. Il significato complessivo del cognome è quindi “colui che viene dal bacino” o “abitante vicino a un lago o a un corso d’acqua”, evocando un legame con l’acqua, simbolo di fluidità e adattabilità. Diffuso principalmente in Polonia, Zalewski si trova anche nelle comunità polacche sparse in Europa occidentale e negli Stati Uniti.
Da "Colui che zappa la costa al "Discendente di Giorgio"
—Davide Zappacosta, numero 77, nato a Sora nel 1992, riflette un cognome che si rifà chiaramente alle radici agricole del Nord Italia, soprattutto Lombardia e Piemonte. Zappacosta nasce dall’unione di due elementi molto concreti: “zappa”, l’attrezzo utilizzato per lavorare la terra, e “costa”, che indica un pendio o una collina. Il significato del cognome è quindi letterale e immediato: “colui che zappa la costa”, ossia chi lavora nei terreni in pendenza, dedicandosi all’agricoltura o vivendo vicino a colline coltivate.
Nikola Krstović, nuovo attaccante dell'Atalanta con il numero 90, nato a Golubovci nel 2001, ha un cognome che affonda le radici nella tradizione balcanica e slava meridionale. Krstović è tipico della Serbia, del Montenegro e della Bosnia-Erzegovina e si inserisce nella categoria dei cognomi patronimici: il suffisso -ović indica infatti “figlio di” o “discendente di”, sottolineando così la discendenza familiare.
La radice del cognome, Krst, significa “croce” in serbo e croato, conferendo al nome un forte valore religioso e simbolico. Di conseguenza, Krstović può essere interpretato letteralmente come “figlio della croce” o “discendente di qualcuno legato simbolicamente alla croce”, evocando un legame con la spiritualità, la fede e la protezione.
Ivan Jurić, nuovo allenatore dell'Atalanta, nato a Spalato nel 1975, "indossa" un cognome che affonda le radici nella tradizione slava meridionale, tipica della Croazia, della Bosnia-Erzegovina e della Serbia. Jurić appartiene alla categoria dei cognomi patronimici: il suffisso -ić indica “figlio di” o “discendente di”, sottolineando la discendenza familiare. La radice del cognome, Jure, è la forma croata del nome proprio Giorgio. Di conseguenza, Jurić significa letteralmente “figlio di Jure” o “discendente di Giorgio”,
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