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L'analisi

Cercasi bomber: in Serie A i centrocampisti e gli esterni stanno segnando più degli attaccanti

Luca Paesano
Luca Paesano Redattore 
Nelle ultime 3 stagioni, solamente Retegui, Lautaro Martinez (2 volte) e Osimhen sono riusciti a segnare più di 20 gol in Serie A: cosa c'è dietro la crisi dei bomber?
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C'era una volta una Serie A in cui gli attaccanti arrivavano facilmente ai 20 gol e si giocavano la classifica marcatori a ridosso dei 30. Negli ultimi 3 campionati, invece, sono stati soltanto tre i calciatori ad esser riusciti a varcare la soglia dei 20, lasciando puntualmente il vuoto alle loro spalle. E quest'anno, addirittura, in zona gol stanno facendo meglio centrocampisti ed esterni rispetto alle prime punte. Cosa è cambiato in tutti questi anni?

Classifica marcatori Serie A, centrocampisti ed esterni meglio degli attaccanti

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Se si sfoglia la classifica marcatori dopo queste prime sei giornate di Serie A, c'è un dato che balza immediatamente all'occhio. Tra gli 8 calciatori ad aver segnato almeno 3 gol in questo avvio di stagione, ci sono solamente due attaccanti: Lautaro Martinez e Marcus Thuram. In testa alla classifica ci sono Pulisic e Orsolini, entrambi a 4 gol. Seguono poi due trequartisti come Nico Paz e De Bruyne, e due esterni d'attacco quali Soulé e Cancellieri.

È sicuramente troppo presto per tracciare bilanci, ma in questo primissimo scorcio di campionato si evidenzia un dato oggettivo che conferma quanto visto negli ultimi anni. Gli attaccanti, le prime punte, non segnano più come una volta.

Nelle ultime 3 stagioni, solamente Mateo Retegui, Lautaro Martinez (2 volte) e Victor Osimhen sono stati in grado di varcare la soglia dei 20 gol. Addirittura nelle ultime due, invece, soltanto il capocannoniere dell'edizione è riuscito a superarla. Quella che prima era una sorta di condizione necessaria per potersi giocare la vetta della classifica marcatori, è diventata oggi una condizione sufficiente per poterla vincere. Anzi, più che sufficiente.

Sono lontani i tempi in cui Higuain e Immobile scrivevano la storia con i loro 36 gol, in cui Cristiano Ronaldo con 31 gol arrivava secondo o Mauro Icardi, con 29 reti, doveva dividersi il primato con Ciro Il Grande. Nel 2016/2017, ci furono addirittura sei giocatori a concludere la Serie A con almeno 23 gol (Dzeko 29, Mertens 28, Belotti 26, Icardi e Higuain 24, Immobile 23). E sono lontanissimi, poi, i tempi di Cavani e di Ibrahimovic, di Totò Di Natale e del Principe Milito: autentiche macchine da gol.

C'è una generazione di giovani tifosi che probabilmente non sa che i numeri - oggi straordinari - dei vari Haaland, Gyokeres, Kane e Salah, erano grosso modo la normalità per la Serie A.

Numeri in calo: in Serie A si segna sempre meno

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Nell'ultima stagione sono stati segnati in totale 973 gol nelle 380 partite giocate: è il dato più basso dalla stagione 2011/12, quando il campionato si concluse con 972 reti, appena una in meno. In ben 9 dei 10 campionati tra il 2012/13 ed il 2021/22, si è sempre andati oltre la soglia dei mille gol, toccando il picco di 1163 reti segnate nella stagione 2020/21. Nelle ultime tre edizioni, invece, non si è mai arrivati a toccare quota mille, pur essendoci andati vicini nel 2023/24 con 992 gol.

Partiamo dunque da un fatto oggettivo: in Serie A, negli ultimi anni, si segna meno di prima. La ragione potrebbe essere rintracciata innanzitutto in un generale impoverimento del panorama calcistico e, soprattutto, dei bomber di razza. Non solo in Italia, ma proprio in generale, non ci sono più i veri 9 di una volta. Esclusi pochissimi eletti, come Haaland e Mbappé, nessuno degli altri che oggi sono "forti", come Gyokeres, Osimhen, Isak, Ekitike o Sesko, sarebbe stato al livello della generazione di Ibrahimovic, Drogba, Suarez, Higuain, Tevez, Benzema e via discorrendo.

L'evoluzione dei numeri 9

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Le radici di questa "crisi" vanno probabilmente rintracciate in un processo di evoluzione calcistica che ha portato gli attaccanti a dover fare altre cose rispetto al dominare l'area e buttare il pallone in rete. I centravanti d'oggi sono molto più mobili rispetto a quelli di un tempo, svariano sul fronte offensivo, si abbassano per dare riferimenti e smistare palloni, fanno movimenti per creare spazi ai compagni e si abbassano a difendere quando serve. Vedere le rincorse difensive di Edinson Cavani rappresentava un fatto straordinario 15 anni fa; oggi, invece, chi non le fa è accusato di essere superficiale e svogliato.

Oggi in un attaccante si cerca anche altro rispetto ai gol. Non si allena più il killer instinct e si lavora molto di più lontano dalla porta. Si chiede un lavoro diverso e più dispendioso, ragion per cui si rischia poi di arrivare poco lucidi nel momento in cui bisogna concludere.

Perché in Serie A gli attaccanti non segnano più come prima

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Negli ultimi anni i numeri degli attaccanti in Serie A sono nettamente calati. La spiegazione più diffusa è che il livello delle squadre e dei calciatori si sia abbassato. In realtà, però, potrebbe valere anche il ragionamento opposto, ovvero che il livello delle squadre di media e bassa classifica si sia progressivamente alzato. Molto più semplicemente, probabilmente sono vere entrambe le cose: le grandi non sono più dominatrici come un tempo e le piccole sono molto meno remissive di prima.

Si è arrivati così ad un complessivo livellamento delle differenze di valori, che sono molto meno marcate di prima e che, anche laddove siano evidenti, vengono vanificati da una grossa crescita tattica e d'atteggiamento delle squadre della seconda metà della classifica. Vincere in Serie A non è così facile e lo sottolineano gli allenatori ogni giornata. Seppur possa passare per mera retorica, resta però un dato di fatto. E se vincere è diventato più difficile, è perché è chiaramente diventato più difficile segnare gol. Oggi è difficile trovare squadre in Serie A che non abbiano solidità e una grande organizzazione difensiva. Questo rende le partite noiose? Sì, ma qui si entrerebbe poi nell'eterno dibattito tra giochisti e risultatisti.

Ed è proprio con questi presupposti che potremmo ritornare all'incipit di questo articolo e riprendere in mano la classifica marcatori della Serie A. In un calcio chiuso e organizzato, con accoppiamenti studiati e codificati durante la settimana, chi segna? Non il centravanti, che ha uno - se non due - giocatori in marcatura fissa, ma chi rompe le linee, chi esce dagli schemi, chi sfugge alle logiche e non dà punti di riferimento. Ecco Pulisic, Orsolini, Soulé o Nico Paz, ma lo abbiamo visto anche negli scorsi anni con Lookman, McTominay, Reijnders, De Ketelaere o Gudmundsson.