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Venerdì 28 novembre alle 20.30 Cesena-Modena aprirà la 14ª giornata di Serie B. Pur non essendo un derby regionale in senso stretto – Modena è in Emilia, Cesena in Romagna – questa sfida è accompagnata da un’intensità che la rende un appuntamento cruciale per entrambe le tifoserie. Per capirlo, basta spostare lo sguardo dal campo agli spalti, dove il risultato diventa quasi un dettaglio e tutto il resto lo fanno la voce, i colori, i simboli. Lì basta solamente un’occhiata per capire come da queste parti il calcio sia molto più che qualcosa di serio: è qualcosa di sacro.
La rivalità non nasce da un singolo episodio, ma da una competizione più ampia tra due territori con tratti simili ma non sovrapponibili. Nel corso del tempo, poi, si sono stratificati episodi che hanno alimentato l’antipatia: finali di partita contestati, espulsioni discusse, scontri verbali e non solo tra tifosi, situazioni extra-campo rimaste ben impresse nella memoria collettiva e tramandate di curva in curva, di generazione in generazione.
La Curva Mare dello stadio Manuzzi, casa dei Cavallucci Marini, porta con sé un’identità territoriale fortissima, saldata nel tempo da stagioni esaltanti e momenti complicati, e testimoniata dal simbolo araldico della città, che campeggia sullo stemma e sulle maglie del club. Con la prima promozione in Serie A, nel 1972/73, prende forma il nucleo ultras, con le Brigate Bianconere degli anni d’oro, fiorite durante la storica avventura in Coppa UEFA.
A sintetizzare perfettamente il loro immaginario, un grande vessillo di 25 metri, interamente disegnato a mano, con la doppia bandiera austro-cesenate, i due teschi con l’elmetto tedesco, il gladio e le fronde di alloro, in una implicita allusione politica. Con il tempo, quella componente si è diluita, e oggi la Curva Mare si dichiara apertamente apolitica – “né rossi, né neri, solo bianconeri” – anche se negli anni si sono alternate diverse sfumature: dallo striscione con il volto di Che Guevara alle tonalità rastafariane degli Sconvolts, dalla comparsa della scritta Skins all’esperienza dei Disperato Amore.
Ciò che è sempre rimasto, invece, è il tratto territoriale: Cesena significa Romagna, e lo ricorda ogni gruppo storico, dai Vikings di Forlì ai Mad Men di Bellaria. Questo radicamento torna anche nelle rivalità: Bologna su tutte e Modena al secondo posto, ma anche Spal, Reggiana e i derby romagnoli con Ravenna e Rimini. Lo stile è quello consolidato: bandiere, bandieroni, due aste, pirotecnica calibrata. L’inno Forza Cesena e il richiamo “Tutto il Cesena sotto la curva”, seguito dalla sciarpata sulle note di Romagna capitale, fanno il resto.
Il tifo a Cesena è anche parte del tessuto sociale, lo dimostrano episodi come la scelta degli ultras di disertare i playoff con il Vicenza per aiutare le comunità colpite dall’alluvione del 2023. Non per niente, da anni la società ha ritirato la maglia numero 12, simbolicamente consegnata ai tifosi della Mare. E quando il Cavalluccio attacca sotto il settore di casa, è impossibile non sentire quel legame nell’aria.
La Curva Montagnani è il cuore pulsante del tifo gialloblù: una curva che, nel corso degli anni, ha attraversato momenti di gloria, crisi, ricambi generazionali e rinascite, senza mai perdere la propria voce. Le sue origini risalgono all’estate del 1972, quando un gruppo di ragazzi giovanissimi, di estrazione borghese, fonda i Boys, ispirandosi ai Boys SAN dell’Inter. È però dalla stagione 1976/77 che il baricentro del tifo modenese si sposta definitivamente sulle Brigate, destinate a guidare la curva per quasi trent’anni.
Orgogliosi, combattivi e sempre sugli spalti – in casa come in trasferta – negli anni ’90 e 2000 si affacciano nuovi collettivi, come Fossa Autonoma, Gruppo Brasato, Head Out, Sezione e Hniti, per citarne solo alcuni. Le Brigate Gialloblù, invece, si sciolgono nel 2006: un passaggio di consegne che apre una nuova fase, segnata dalla nascita di Curva Sud e da uno stile più “casual”, ufficialmente distante da etichette politiche.
Nei derby – come quello contro il Cesena – la curva offre il meglio di sé: i colori del club riempiono ogni spazio, i bandieroni sventolano incessantemente dalla parte bassa del settore, e le scenografie sono accompagnate da fumogeni, striscioni e cori, spesso provocatori. Tra i momenti più suggestivi, spiccano le sciarpate su “I tuoi colori sventolo…” e il lungo “Questo è un canto d’amor…”, capace di unire l’intero settore. Nel repertorio, non mancano i cori ostili, tra cui l’immancabile Romagna mia in versione sfottò.
Confrontare le due tifoserie significa mettere a fuoco due estetiche del tifo affini ma differenti, due linguaggi, due modi opposti ma complementari di abitare la partita. Nei derby possono affiorare anche momenti di pirotecnica intensa e qualche bomba carta, spie della tensione emotiva che accompagna questa sfida. La Montagnani si distingue per la continuità del sostegno e, in alcuni frangenti, per una potenza sonora superiore; la Curva Mare risponde con un tifo più simbolico, radicato nella tradizione e nell’identità territoriale.
Con gli anni, le rivalità cambiano pelle: mutano le categorie, le società, i nomi sulle maglie. Ma l’immaginario resta, così come Cesena-Modena rimane un tassello dell’identità di due città, un racconto che intreccia storia, emozione, cultura e geografia. Per la gara di venerdì sera, sono già stati venduti più di tremila biglietti: capire questa rivalità significa capire le comunità che la animano, e il modo in cui, attraverso il calcio, tante persone continuano a riconoscersi e a raccontarsi.
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