Il calcio si mischia troppe volte con altre cose che con il pallone che rotola sull'erba non c'entra niente. Il pallone si mischia con la politica, con la storia e con la geografia, il pallone qualche volta si macchia di sangue perché si mischia anche con i morti. Oppure, viene bombardato da qualche lacrimogeno lanciato dalle forze dell'ordine. Sembra strano, eppure è così, eppure è solo una partita di pallone. E, tutte queste cose, a momenti alterni, sono successe fra Napoli e Roma.
La storia di un'amicizia finita nel peggiore dei modi
Dal gemellaggio a Ciro Esposito: storia della rivalità fra Napoli e Roma
Il Napoli oggi è capolista in serie A, e domenica pomeriggio sfiderà la Roma che è dall'altra metà della classifica. I giallorossi avevano ben altre ambizioni stagionali, che cambiare tre allenatori in tre mesi di campionato: a Fuorigrotta, siederà Claudio Ranieri. Gli azzurri, invece, sono premiati dalla scelta estiva di scegliere Antonio Conte per la panchina, e sono primi in classifica.
Domenica pomeriggio, le due squadre si sfideranno per la 178esima volta, fra campionato e coppa nazionale. La vittoria più ampia è a favore della Roma, che nel 58/59 ha vinto per 8-0 all'Olimpico, mentre il Napoli ha vinto per quattro volte 4-0, l'ultima nel campionato dettato dalle leggi covid.
"Cosa resterà di questi anni ottanta"
La cantava Raf, forse i più grandicelli che leggono quest'articolo ne hanno memoria. Era negli anni ottanta che il gemellaggio fra Napoli e Roma ha avuto fine. L'amicizia fra le due squadre nasceva in contrapposizione al potere pallonaro del nord italiano. La ragione più comune era questa. Una sorta di patto di non belligeranza fra due città vicine che, però, hanno sempre avuto ben poco in comune, dalla cucina, alla lingua. Per contrastare il potere del nord, si diceva, Napoli e Roma scelsero di unirsi e di non scontrarsi. Questo gemellaggio è nato negli anni settanta ed è finito verso il tramonto degli anni ottanta.
Quel gesto di Bagni, che chissà se veramente fu la vera goccia che fece traboccare il vaso, scrisse la parola fine al gemellaggio delle due squadre più titolate del sud.
Lo scenario post-Bagni: più scontri, che gol
Alla fine del 2000: il divieto delle trasferte prendeva forma
Ciro Esposito, napoletano di Scampia, si trovava a Tor di Quinto
3 maggio 2014, Napoli e Fiorentina si trovano di fronte per disputare la finale di Coppa Italia: le squadre di Benitez e di Montella giocano un calcio spumeggiante e divertente. La partita si svolge all'Olimpico di Roma, stadio nazionale per certe manifestazioni, in una sera che dava il preludio all'estate. La partita, naturalmente, era in diretta televisiva sulla Rai.
Si sa già, cos'è successo. Inutile scriverlo, e riscriverlo.
In ospedale, mentre era in agonia, andarono a trovarlo anche alcuni supporters della curva laziale. Era un segnale distensivo, di semplice vicinanza e solidarietà, ma nessun cenno di gemellaggio con i tifosi napoletani.
Il clima di quella partita era surreale, il Napoli alzò la Coppa al cielo in un clima che doveva essere di festa e invece era una specie di funerale.
Una parte dei tifosi giallorossi prese le distanze dal criminale De Santis, che poi è stato condannato. Sui social c'è qualche accenno, qualche post, che rivorrebbe un'amicizia fra le due tifoserie. Ma non c'è niente di ufficiale. Di ufficiale, c'è solo la voglia di giocare a pallone e di piangere per la gioia e non per ricordare un ragazzo che non c'è più.
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