Faceva caldissimo quell’estate. Non c’erano gli smartphone, non si conosceva cosa fossero i social network. TikTok, Facebook, e Twitter potevano essere nomi esotici di un paio di scarpe o di qualche piatto etnico. L’estate del 2003 si ricorda come una delle estati italiane più roventi. Non tirava un alito di vento neanche con i ventilatori accesi.
L'estate bollente del 2003
Le estati movimentate del calcio italiano: il Caso Catania nel 2003

La situazione nei tribunali non era diversa, non c’erano ancora i climatizzatori come, da qualche parte, ci sono adesso dopo più di vent’anni. Nel 2003 c’era un altro calcio rispetto ad oggi. Ma, oggi, la più triste somiglianza è che continuano ad esserci irregolarità. E, ancora peggio, che queste irregolarità si scontino alla fine dei campionati.

Gaucci: da Perugia a Santo Domingo, passando per il "Caso Catania"

Luciano Gaucci non era di certo uno sprovveduto e, anche se è sparito lontano dai radar ancor prima della sua morte, è stato un uomo di calcio. Si narravano le sue imprese con la Viterbese - rima non voluta - di quando ingaggiò Carolina Morace prima allenatrice nel calcio maschile, di quando licenziò Ahn in diretta televisiva, di quando voleva ingaggiare una calciatrice nella serie A, oppure di quando acquistò il figlio di Gheddafi nel suo Perugia. Gaucci era anche presidente del Catania negli stessi anni (in seguito, la multiproprietà è stata abolita) e, sempre nello stesso periodo, stagione di grazia 2003/2004, Gaucci tentò di rilevare anche il calcio Napoli, ma questa è un'altra storia...
Il Caso Catania del 2003 rappresenta uno degli episodi più controversi nella storia recente del calcio italiano. L’intera vicenda nacque durante la stagione 2002-2003, quando il Catania, retrocesso sul campo dalla Serie B, presentò ricorso per una presunta irregolarità commessa dal Siena. Gaucci sosteneva che la squadra toscana aveva irregolarmente schierato irregolarmente il difensore Luigi Martinelli, che avrebbe dovuto scontare una squalifica nella partita del 12 aprile 2003. Inizialmente, gli organi di giustizia sportiva non accolsero il ricorso, ma successivamente il TAR della Sicilia ribaltò la decisione, riconoscendo la validità della protesta etnea. Il verdetto comportava l’assegnazione della vittoria a tavolino al Catania, che così avrebbe ottenuto i punti necessari per evitare la retrocessione.
L'effetto domino: Salernitana, Cosenza e Genoa

La sentenza del TAR innescò un effetto domino. Altri club retrocessi, come Genoa e Salernitana, presentarono ricorsi analoghi, chiedendo il proprio ripescaggio. A complicare ulteriormente il quadro ci fu l’esclusione del Cosenza dalla Serie B a causa di problemi finanziari. In questa atmosfera caotica, la FIGC, con l’avallo del governo, decise di evitare retrocessioni per la stagione 2002-2003 e di espandere in via eccezionale il numero delle squadre partecipanti alla Serie B: da 20 si passò a ben 24 club.
Trova l'intruso: Florentia Viola in serie B

All’interno di questo scenario, si inserisce anche il caso forse ancora più clamoroso della Fiorentina. Dopo il fallimento del club nell’estate del 2002, era stata fondata la Florentia Viola, che ripartì dalla Serie C2. Sul campo, il nuovo club vinse il proprio girone ottenendo la promozione in Serie C1. Tuttavia, approfittando del caos generato dal caso Catania e del posto vacante lasciato dal Cosenza, la FIGC decise di ammettere la Fiorentina direttamente in Serie B, compiendo così un doppio salto di categoria dalla C2 alla B. La motivazione ufficiale fu quella di “meriti sportivi e bacino d’utenza”, ma la decisione fu ampiamente criticata da diversi club, tra cui Pisa e Martina Franca, che avevano perso i playoff per la promozione in Serie C1.
Il campionato a 24 squadre fu accolto da numerose proteste: molte società boicottarono le prime giornate di Coppa Italia e di campionato, costringendo la federazione a posticipare l’inizio della stagione al 10 settembre 2003.
© RIPRODUZIONE RISERVATA