“Non metto più piede allo stadio da quel 27 maggio. Fa troppo male”. Lo rivela al Foglio sportivo Riccardo Bocalon, attaccante del Venezia che al momento è fuori rosa. “Vivo in un limbo: mai capitata una cosa simile, non la auguro a nessuno – spiega il 32enne eroe della promozione in Serie A degli arancioneroverdi –. Ho provato fino all’ultimo a far cambiare idea alla dirigenza. È stata un’estate dura, ce l’ho messa tutta, bastava poco per coronare qui la mia carriera. Fosse per me rimarrei al Venezia anche gratis. Ma non mi è stata data questa possibilità e ora aspetto con ansia il calciomercato di gennaio. Sono un sognatore realista: esordire in Serie A è difficile, finché gioco voglio provarci”.
DA EROE DELLA PROMOZIONE A FUORI ROSA
Venezia amara per Bocalon: “Avrei giocato anche gratis, ma sono fuori rosa…”
Il sogno interrotto del 32enne attaccante che faceva coppia nella Primavera dell’Inter di Mourinho con Mattia Destro
Il Doge (iniziarono a chiamarlo così tempo fa, “lontano da qui, classico soprannome territoriale”), intanto, continua ad allenarsi “parte della settimana insieme alla squadra e nei giorni restanti con gli altri giocatori in uscita o in esubero”. Il ragazzo non ha numero di maglia ma non perde l’aplomb: “È anche un’occasione per migliorare. Soprattutto dentro di sé, scovando le forze per reagire e rimettersi in pista. Ho la testa e la corazza dura. Più uno stimolo extra: in questi 15 anni da calciatore ho vissuto picchi emotivi che in pochi possono raccontare”.
Riccardo ricorda quel Venezia-Cittadella che lo “ha fatto entrare nella storia della città” e si rivede alla vigilia della partita: “Per la prima volta in carriera chiesi al mio allenatore di giocare”. E Zanetti gli disse: “Basta che mi fai gol, mi spronò di rimando. Ci siamo accontentati a vicenda”. “Zanetti è un grande stratega, ma anche un motivatore – spiega Bocalon –. Sa toccare le corde giuste ed è riuscito a creare un gruppo eccezionale: l’anno scorso abbiamo vinto non perché eravamo i più forti, ma i più lucidi nella gestione delle difficoltà, con una precisa identità di gioco. La finale di ritorno contro il Cittadella è stata lo specchio di tutto ciò. E i ragazzi lo stanno dimostrando anche adesso. È giusto. Io sto solo guardando. Ho voluto assaporarmela tutta, davanti a mia moglie e alla mia famiglia: essere profeti in patria è come vincere al Superenalotto. E vedere negli occhi dei miei compagni lo stupore per una città unica vestita da Serie A mi rimarrà dentro per sempre. Sembravano in un altro pianeta. I cori dei tifosi dai ponti, le gondole tutt’attorno: dovevo far capire loro quanto valesse aver restituito a Venezia uno sport all’altezza. Sia il calcio sia il basket oggi le stanno rendendo onore”.
L’attualità e l’atmosfera del Penzo rimesso a posto? “E io ho preferito vederlo in tv. Che è comunque difficile, ma non come stare in tribuna, impotente, davanti a chi giocava con me fino a ieri. Già. Ma per un attaccante che vive per il gol, sapete quanta fame fa venire una curva così?”. Poi il momento nostalgia dello stadio: “Da piccolo ci andavo sempre con mio papà e mio nonno, quando il Venezia di Zamparini era in Serie A: soffro perché il ricordo di quei giorni bussa forte. E vorrei esserne parte ancora, non solo da tifoso. Ho ancora la foto con Recoba. Avrò avuto dieci anni, mi allenavo in una squadra amatoriale del centro storico e correva voce che stesse passando lì il nostro idolo. Vale oro, oggi”.
Il collega Francesco Gottardi gli chiede se può restare a Venezia come uomo spogliatoio e Riccardo risponde: “Sì, non si sa mai, i miracoli possono sempre succedere. L’importante è che il Venezia trovi continuità. Tacopina ha gettato le basi, Niederauer ha raccolto il testimone e perfezionato una solidità societaria invidiabile: spessore internazionale più due ex bandiere come Poggi e Collauto alla guida dell’area tecnica. Dopo anni di frustrazioni e una piazza disillusa, per ricostruire la fiducia servivano risultati. Ci sono stati. Non bisogna mollare adesso. Mi consolo pensando che quello che abbiamo fatto rimane. E anche per i miei compagni, sono pur sempre il Doge”.
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