ECCO COME FUNZIONAVA...

Grande Milano, al Derby c’era di tutto: il jazz, i Gatti e la vis comica del primo Boldi

Grande Milano, al Derby c’era di tutto: il jazz, i Gatti e la vis comica del primo Boldi - immagine 1
Via Monterosa, appendice artistica della Scala del Calcio...

Redazione DDD

C'era una volta il Derby. Non il derby, ce ne sono tanti nel calcio. Ma il Derby, il locale degli artisti, la culla del cabaret milanese. Divertivano, ma soprattutto si divertivano.

Tutto inizia quando...

"Arrivano Cochi e Renato. Con loro anche e soprattutto in tv, arriva il Derby", racconta Diego Abatantuono.

Grande Milano, al Derby c’era di tutto: il jazz, i Gatti e la vis comica del primo Boldi- immagine 2

Ecco appunto. Il Derby.

Diego Abatantuono ha spiegato a Repubblica.it Milano: "Si è detto tutto, si sa tutto, ma chissà in quanti, di quelli che non c'erano, hanno capito lo spirito di quel luogo. Su quel palco, nell'ambiente si forgiavano milanesi al cento per cento. Era un formidabile motore di sprovincializzazione, per chi arrivava appunto da fuori, o da piccoli centri. Comici e aspiranti comici che arrivavano dalla provincia, dal sud, da altrove: Milano ti chiedeva subito di appartenerle, di integrarti".

Ecco come funzionava: "L'ippodromo era a un passo, venivano i proprietari delle scuderie, Beppe Viola faceva la spola e si ibridava un linguaggio unico, fatto di espressioni gergali, modi di dire assurdi, l'inversione delle sillabe, io ero Godie, una fucina creativa molto insolita e soprattutto quotidiana, in evoluzione continua. E nel locale, via via che si cresceva arrivavano gli scrittori, gli artisti, i pittori, passava Lucio Fontana. Ribadisco che era un posto da non credere: fatte le debite proporzioni, Milano era come New York e il Derby ne era l'anima. Mi ricordo mia nonna che parlava milanese: mio nonno continuava invece con il pugliese, era un bel match. Ma tutto intorno Milano andava imponendo la sua importanza sempre più crescente".

"Al Derby la regia degli spettacoli la curava Arturo Corso, che era il regista degli spettacoli di Dario Fo alla Palazzina Liberty, la base comune c'era. Da Verona arrivavano i Gatti di Vicolo Miracoli, dico Verona, una città di destra da lasciare per andare a inseguire un altro sogno: e i Gatti vennero al Derby e diventarono pressoché milanesi. Ovvero, se volevi, trovavi l'ambiente giusto per stare bene, in un periodo storico che era anch'esso perfetto. Ovvio che quando dico integrazione la intendo a più livelli. Al Derby si mescolava tutto, c'era il jazz: il jazz piaceva a Enzo Jannacci, che però portava con sé anche le periferie e i linguaggi dell'altra parte della città e nascevano le canzoni stralunate e bellissime, in una dimensione che univa tutte le suggestioni che giravano intorno. Nessuno ha idea di che potenza comica naturale fosse il Massimo Boldi giovane, anche giovanissimo: era da pagare per stargli vicino, e io gli ero amico e insieme in certi pomeriggi di afa assurda ci rifugiavamo in qualche cinemino dove davano Totò, e giù altre risate. Quando finisce tutto? Ci si sciolse nelle altre realtà emergenti, la tv commerciale che andava a nascere, quelli che venivano da spettatori agli spettacoli e poi si mettevano in proprio, vedi l'intero gruppo Salvatores al teatro dell'Elfo. Per non dire di Zelig: ancora oggi Zelig va in tv, io guardo Bisio, guardo quella formula con i comici che si susseguono e il presentatore che fa di tutto, la spalla, il conduttore vero e proprio, il rompicoglioni e penso sempre: tutto questo è nato là, in via Monterosa. E personalmente l'ho rifatto con le edizioni di Colorado in tv".

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