DA SCARONE A RECOBA...

Il derby “italiano” di Montevideo: il Penarol come Pinerolo, il Nacional e Vado Ligure…

Il derby “italiano” di Montevideo: il Penarol come Pinerolo, il Nacional e Vado Ligure… - immagine 1
Le radici degli uruguagi del Penarol e di Papa Francesco sono le stesse...Ma anche i rivali cittadini del Nacional Montevideo hanno il loro spirito italiano forte, marcato e radicato nella storia...

Redazione DDD

analisi di Andrea Muratore per Ilgiornale.it -

Il Superclasico di Montevideo è una delle partite più calde del Sudamerica. E la sfida tra il Peñarol e il Nacional, le squadre più titolate della piccola trincea charrua del calcio, che va in scena sabato 1° aprile allo Stadio Centenario, tana dei gialloneri del Peñarol , sarà la 450esima sfida tra società che hanno scritto pagine importanti del calcio latinoamericano e mondiale. 96 campionati uruguaiani su 115 (51 il Peñarol e 45 il Nacional), otto Coppe Libertadores (5-3 per il Peñarol) e sei Coppe Intercontinentali (tre a testa) fanno del derby, uno dei più antichi fuori dal Regno Unito e giocato dal 1900, una delle sfide più titolate del calcio mondiale.

E la partita ha un grande profumo d'Italia

Il nome di una delle due contendenti non lascia spazio a equivoci. Il Peñarol, infatti, prende il nome da Pinerolo, cittadina piemontese a cui è dedicato il quartiere omonimo di Montevideo in cui l'antesignano degli attuali gialloneri uruguaiani, il Central Uruguay Railway Cricket Club (Curcc) fondato da immigrati britannici e impiegati delle ferrovie, usava giocare le sue partite. Di Pinerolo era Giovanni Battista Crosa, emigrato che giunse a Montevideo nel 1776 e vi fondò un deposito alimentare nel pieno dei campi della regione, attorno a cui nacque un quartiere in seguito molto popolato da immigrati italiani che proprio dal borgo piemontese prese il nome. Il club giallonero di Montevideo è oggi il maggior simbolo della stirpe piemontese che giunse in Sud America tra fine Ottocento e inizio Novecento. Un altro figlio della diaspora, argentino, con sangue piemontese, è ben noto su scala planetaria ed è nientemeno che Papa Francesco.

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Grande è la storia degli italo-uruguaiani che hanno fatto grande la squadra del Centenario. Gioco Pulito ne ricorda una carrellata: nella hall of fame del Peñarol, "c'è Roque Gastòn Maspoli, che fra portiere ed allenatore fece il pieno di trofei in maglia aurinegra, c’è Juan Alberto “Pepe” Schiaffino, fuoriclasse che trascinò la celeste al titolo mondiale nel 1950" e incantò anche con la maglia del Milan.

Schiaffino vinse cinque campionati uruguaiani e tre italiani. Fu ritenuto uno dei calciatori più forti della sua epoca e fu con le sue giocate l'artefice del Maracanazo del 1950, crocevia del trionfo mondiale dell'Uurugay contro il Brasile, giocando poi anche nella Roma. Ma non finisce qui. "C’è anche Josè Piendibene, bandiera in giallonero per tutta la carriera, che tra gli anni Dieci e Venti segnò 17 reti solo nel clasico tra Argentina e Uruguay, e passò alla storia per il suo pase de muleta".

Ma anche i rivali del Nacional hanno il loro spirito italiano. Club della borghesia di Montevideo, mercantile e cosmopolita, non priva di immigrati italiani che avevano fatto fortuna nel Sud America, il Nacional divenne grande a inizio Novecento trascinato dalle gesta di Carlos Scarone, figlio di Giuseppe, emigrato della zona di Vado Ligure vicino Savona giunto in Uruguay come lavoratore proletario e tifoso del Curcc, il cui rampollo calciatore "tradì" scegliendo la strada del Nacional, con cui vinse otto campionati in nove anni tra il 1915 e il 1924. Il fratello minore Hector giocò anche all'Inter e al Palermo e fu la stella del trionfo olimpico del 1924, del bis del 1928 e della vittoria Mondiale del 1930 che consacrarono l'Uruguay come la nazionale più forte del mondo a cavallo tra gli Anni Venti e Trenta. Conquistando, en passant, quattro campionati sudamericani per nazioni. 249 partite e 188 gol per Hector, 227 gare con 152 per Carlos: l'impronta italiana del Nacional è visibile nei numeri dei fratelli Scarone.

Le due anime di Montevideo hanno inoltre contribuito con forza al movimento calcistico italiano. Nell'Italia campione del mondo nel 1934. Miguel Ángel Andriolo Frodella, italianizzato in Michele Andreolo debuttò nel 1932 nel Nacional e vinse quattro scudetti in Italia col Bologna aggiungendovi, soprattutto, il Mondiale del 1938 in Francia. Alcides Ghiggia, tra il 1948 e il 1953 ala del Peñarol nel fatidico giorno del Maracanazo fu coprotagonista assieme a Schiaffino, segnando la rete decisiva, per poi giocare in Italia con Milan e Roma, vincendo assieme a Schiaffino coi giallorossi la Coppa delle Fiere nel 1961 e l'anno successivo uno scudetto in maglia rossonera.

Negli ultimi anni sono proliferati invece i talenti uruguaiani passati nel campionato italiano. Uno di questi, indimenticato nel calcio tricolore, è figlio del vivaio del Nacional: Alvaro Recoba, talento dell'Inter di fine Anni Novanta e inizio Anni Duemila, celebre per la grande abilità palla al piede, i colpi impossibili e la grande discontinuità. Dal versante giallonero della città proveniva invece Pablo Iglesias Montero, colonna difensiva della Juventus e noto "combattente" celebre per il gioco duro. Dall'inizio del Novecento ad oggi, dunque, il Superclasico ha il sapore d'Italia. E una sfida che va in campo per la 450esima volta, risultando da sempre estremamente equilibrata (159 vittorie a 143 per il Penarol, 147 pareggi) è anche in piccolo un derby che porta con sé un pezzo di tricolore.

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